282ª Seduta pubblica
Giovedì 17 luglio 2014 alle ore 09:30
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl costituzionale n. 1429, e connessi, recanti disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della Costituzione.
La discussione generale, iniziata nella seduta di lunedì 14 luglio e proseguita nelle sedute successive, è ripresa con l'intervento dei sen. Arrigoni, Patrizia Bisinella, Crosio (LN-Aut); Maurizio Rossi, Bencini, Gambaro (Misto); Falanga, Zuffada, Liuzzi (FI-PdL); Tocci (PD); Bencini (Misto); Puglia (M5S); Linda Lanzillotta (SC).
La Lega Nord ha ricordato che il PD, oggi soggiacente ai diktat del Presidente del Consiglio, invitò i cittadini a bocciare in sede referendaria la riforma del 2005, che prevedeva in modo più organico il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, il federalismo. Dopo l'intervento sulle province, che riduce la democrazia e aumenta la burocrazia, e dopo la spregiudicata manovra del bonus Irpef, privo di copertura finanziaria, un premier arrogante ha individuato nel Senato della Repubblica il capro espiatorio da sacrificare sull'altare della demagogia. L'uomo solo al comando rischia però di fare la fine di altri presunti salvatori della patria: non si intestardisca il Presidente Renzi nel rifiuto di modifiche (l'eliminazione della clausola di supremazia, l'intervento sulle norme transitorie, la riduzione del numero di firme per i referendum, l'elezione diretta del Senato, il pronunciamento popolare sui trattati europei) che meritano di essere approvate.
Sperando che in Aula si affermi un reale spirito costituente e che il testo finale consenta di rivedere il giudizio negativo, il sen. Tocci (PD) ha enumerato i principali difetti del ddl. Esso prefigura un premierato assoluto privo di contrappesi, perde l'occasione per rafforzare la democrazia parlamentare in un momento in cui si consuma una pericolosa frattura tra cittadini e istituzioni, attribuisce ad un Senato di secondo grado una funzione di raccordo priva di significato giuridico, separa le competenze tra Stato e Regioni rendendo insolubili i conflitti di competenza e indebolendo l'unità nazionale. E' falso che il Governo non abbia potere decisionale e che il procedimento legislativo sia lento: il Paese è soffocato da una produzione normativa affastellata e confusa. In mancanza di vere riforme, lo svilimento del Senato è diventato un'operazione simbolica, un incantesimo per consolare e rassicurare i cittadini. L'iter del ddl di revisione costituzionale è stato segnato da forzature e strappi senza precedenti: il Governo ha imposto un proprio ddl, senza spiegare perché non possa essere ridotto il numero dei deputati; alcuni senatori sono stati rimossi dalla Commissione in ragione delle loro opinioni; i relatori hanno riconosciuto ma lasciato irrisolto il problema della formazione degli organi di garanzia.
Movimento 5 Stelle continua a denunciare il corto respiro del ddl, troppo condizionato da interessi contingenti, le forzature che ne stanno segnando l'iter, i pericoli autoritari insiti nel combinato disposto di un monocameralismo di fatto e di una legge elettorale ultramaggioritaria a liste bloccate che consegnerebbe ad un solo partito - peraltro una minoranza nel Paese - potere esecutivo e legislativo nonché l'elezione degli organi di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte costituzionale, Consiglio superiore della magistratura).
Da Forza Italia si sono levate voci diverse. Favorevole al ddl il sen. Carraro, che ha presentato un emendamento per sopprimere il potere residuale del Senato in materia di bilancio. I sen. Falanga, Zuffada e Liuzzi hanno invece criticato un intervento di revisione costituzionale che riduce il potere decisionale dei cittadini e rafforza le segreterie dei partiti. La confusione tra costi dell'amministrazione e costi della democrazia delude le aspettative di ammodernamento: un Senato di nominati, privo di potere controllo sul Governo, e la previsione di doppi incarichi indeboliscono le garanzie e provocano nuovi conflitti di competenza. E' auspicabile un supplemento di riflessione, per evitare che la riforma del bicameralismo divenga una manovra diversiva, per distogliere l'attenzione delle priorità economiche del Paese.
A favore del ddl sono intervenuti esponenti di Scelta Civica, Per l'Italia e Nuovo Centrodestra. La sen. Lanzillotta (SC) ha accusato la sinistra di avere ostacolato sistematicamente le riforme costituzionali paventando rischi autoritari. L'accelerazione impressa dal Governo è giustificata dall'esigenza di recuperare il tempo perduto per razionalizzare il sistema parlamentare e superare l'impotenza decisionale. E' vero che è mancata una visione forte e coerente del bicameralismo differenziato e che è lecito dubitare della capacità dei consiglieri regionali, il ceto politico meno qualificato e corrotto della Repubblica, di rilanciare le istituzioni. Per coerenza, però, le competenze regionali andrebbero ridisegnate nella direzione opposta a quella indicata dalla Lega. L'elezione indiretta del Senato non contrasta con la sovranità popolare e chi si oppone a questa scelta non accetta in realtà il depotenziamento politico della Camera alta. Per migliorare il testo ed evitare il ritorno ad un bicameralismo tendenzialmente paritario occorre limitare le materie in cui il parere negativo del Senato è superabile con la maggioranza assoluta della Camera. L'Assemblea è chiamata ad una grande responsabilità: non deludere le aspettative di cambiamento.
Il sen. Di Biagio (PI) ha definito storica la fase che si è aperta con la proposta di una riforma costituzionale incisiva. L'input politico era necessario per superare una pesante eredità di rinvii e tentativi falliti: non sono quindi accettabili le accuse di forzature autoritarie. Ha auspicato infine una revisione delle competenze che riporti in capo allo Stato materie strategiche.
Anche i sen. Torrisi e Federica Chiavaroli (NCD) hanno criticato resistenze conservatrici e hanno auspicato il varo di una riforma attesa, che rafforza il potere del Governo, garantendo stabilità e rapidità decisionale, restituisce ai cittadini fiducia nelle istituzioni, introduce un federalismo responsabile. La sen. Chiavaroli ha auspicato la soppressione del parere rinforzato del Senato sulla legge di bilancio. Il sen. Torrisi ha invece ravvisato uno squilibrio tra il numero di componenti del Senato e quello della Camera; ha espresso preferenza per un Senato eletto direttamente dai cittadini, contestualmente ai Consigli regionali; ha auspicato l'ampliamento della platea di elettori del Presidente della Repubblica e correttivi per non consegnare alla maggioranza gli organi di garanzia. Ha rilevato, infine, che l'Italicum è troppo sbilanciato sulla governabilità a danno della rappresentanza e ha auspicato l'ampliamento della base di consenso della riforma.
Nel Gruppo Misto, la sen. Gambaro ha rilevato che il ddl non è idoneo a migliorare efficienza e qualità delle istituzioni e a restituire linfa alla democrazia, perché la demagogia è la sua principale fonte di ispirazione. La sen. Bencini ha invitato il Movimento 5 Stelle, nell'ambito del quale è stata eletta, a riflettere sugli errori compiuti, ad abbandonare una strategia suicida e a non dare al PD l'alibi per blindare il testo licenziato dalla Commissione.