Eugenio Montale
5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Nato a Genova nel 1896, Montale non compie studi regolari, ma - nei suoi soggiorni tra Genova e Monterosso - si appassiona alla letteratura, alle lingue straniere ed al canto lirico. Nel primo dopoguerra stringe rapporti sia con gli scrittori che a Genova frequentano il Caffè Diana in Galleria Mazzini (in particolar modo con Camillo Sbarbaro) sia con intellettuali torinesi quali Piero Gobetti e Giacomo Debenedetti, collaborando con la rivista "Primo Tempo" e poi con "Il Baretti". Nel 1925 pubblica, proprio per la casa editrice di Gobetti, il suo primo libro di poesie: Ossi di seppia. Nello stesso anno è tra i firmatari del cosiddetto 'manifesto antifascista' redatto da Benedetto Croce.
Dal 1929 al 1938 dirige a Firenze, dove si era trasferito, il Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux, collabora con la rivista "Solaria" e frequenta i ritrovi letterari del caffè "Giubbe Rosse" conoscendo, tra gli altri, Carlo Emilio Gadda e Elio Vittorini.
Finita la guerra fonda, con Bonsanti e Loira, il quindicinale "Il Mondo", rivista di lettere, scienze, arte e musica, e si iscrive al Partito d'Azione. Nel 1948 si stabilisce a Milano e diviene redattore del "Corriere della Sera", con cui già collaborava.
Negli anni Cinquanta e Sessanta riceverà diversi riconoscimenti (il premio "Marzotto" nel 1956, le lauree ad honorem dalle Università di Cambridge e Milano nel 1961, il premio internazionale "Feltrinelli" dell'Accademia dei Lincei nel 1962) culminanti nel 1967 nella nomina a senatore a vita.
Il 13 giugno 1967 Giuseppe Saragat nomina Eugenio Montale Senatore a Vita: «Il Presidente della Repubblica, visto l'articolo 59 della Costituzione, nomina il dottor Eugenio Montale a vita senatore della Repubblica per avere illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo letterario e artistico».
Montale giunge a Roma sul finire della IV legislatura. Resta a Palazzo Madama, con un ritmo di presenza ai lavori parlamentari dettato dai problemi di salute, per le intere V, VI e VII legislatura e per metà dell'VIII. Nei quattordici anni di permanenza a Palazzo Madama, si iscrive a due gruppi. Quello del Partito liberale italiano all'inizio della VI legislatura. E quello del Partito repubblicano italiano nel corso della VII e dell'VIII. Nel primo capita quasi per sbaglio: i senatori liberali sono solo 8 e chiedono a lui e a Cesare Merzagora di aggregarsi a loro come indipendenti per poter dar vita al gruppo. L'iscrizione al gruppo repubblicano è invece meno casuale. Giovanni Spadolini è nel '72 eletto senza tessera in Senato per il Partito repubblicano. Ugo La Malfa lo incarica di guidare il gruppo a Palazzo Madama, dove ottiene l'adesione prima di Montale e poi di Leo Valiani. Oltre che di questi gruppi parlamentari, nei quattordici anni in carica il poeta è membro prevalentemente della II commissione permanente "Giustizia", della IV "Difesa" e della VI "Istruzione pubblica e belle arti".
I pochi disegni di legge di cui Montale è cofirmatario sono di natura assai varia. Anzitutto certe proposte inerenti il suo essere uomo di cultura, come i "Provvedimenti per l'Università" del ddl n. 408 del 1969 presentato con Giovanni Gronchi o il ddl N. 1646 del 1971 per una "Nuova disciplina delle associazioni e delle fondazioni culturali e di ricerca scientifica". Quando diventa però più partecipe la sua adesione a un gruppo parlamentare, come nel caso di quello repubblicano, più interessante si fa anche la sua attività legislativa, con la presentazione nell'ottobre del '79 del ddl n. 318 per un "Nuovo ordinamento degli enti locali", o del ddl n. 319 su "Norme per l'incentivazione dell'uso dell'energia solare nel settore dell'edilizia privata e pubblica e dell'agricoltura".
Per non parlare del Disegno di Legge Costituzionale n. 320 dello stesso periodo, in cui insieme a Spadolini, Visentini e altri, Montale chiede la "Soppressione dell'ente autonomo territoriale provincia". Il poeta è poi tra coloro (Interrogazione orale n. 848 del 4 agosto 1980) che chiede al governo in carica di riferire sulla strage della stazione di Bologna. Si segnalano infine due interessanti mozioni: la prima sulle diagnosi precoci dei tumori (n. 1 - 0007 del '72), la seconda che chiede conto al governo in carica «del dibattito sui problemi posti dalla diffusione della droga in Italia» (n. 1 - 00016 del '79).
Eugenio Montale si distingue anche per l'impegno referendario a difesa della legge Fortuna sul divorzio, con tanto di appello a sostegno di uno dei primi scioperi della fame di Marco Pannella, e l'adesione a una proposta del Partito Radicale di revisione del Concordato.
Nell'ottobre del 1975 Montale viene raggiunto nella sua casa milanese dalla telefonata dell'Ambasciatore di Svezia che gli annuncia il conferimento del Premio Nobel per la letteratura: l'Assemblea apprende la notizia dalla voce del Presidente del Senato e dell'allora Ministro per i beni culturali e ambientali Giovanni Spadolini nella seduta pomeridiana del 23 ottobre.
Il poeta ci dà un'immagine di sé nel discorso tenuto all'Accademia di Svezia il 12 /12/1975 (È ancora possibile la poesia? in: E. Montale, Sulla poesia, Milano, Mondadori 1976, pp. 5-14):
"Ho scritto poesie e per queste sono stato premiato, ma sono stato anche bibliotecario, traduttore, critico letterario e musicale e persino disoccupato per riconosciuta insufficienza di fedeltà a un regime che non potevo amare. [...] Sono qui perché ho scritto poesie: sei volumi, oltre innumerevoli traduzioni e saggi critici. Hanno detto che è una produzione scarsa, forse supponendo che il poeta sia un produttore di mercanzie [...]. Per fortuna la poesia non è una merce."
- Il poeta e il suo tempo:
Piove
[...]
Piove
sul nulla che si fa
in queste ore di sciopero
generale.
[...]
Piove
non sulla favola bella
di lontane stagioni,
ma sulla cartella
esattoriale,
piove sugli ossi di seppia
e sulla greppia nazionale.
Piove
sulla Gazzetta Ufficiale
qui dal balcone aperto,
piove sul Parlamento,
piove su via Solferino,
piove senza che il vento
smuova le carte.
[...]
Piove sui nuovi epistèmi
del primate a due piedi,
sull'uomo indiato, sul cielo
ominizzato, sul ceffo
dei teologi in tuta
o paludati,
piove sul progresso
della contestazione,
piove sui works in regress,
piove
sui cipressi malati
del cimitero, sgòcciola
sulla pubblica opinione.
[...]
(E. Montale, Satura, Milano, Mondadori 1971, pp. 75-77.)
In un giardino "italiano"
La vecchia tartaruga cammina male, beccheggia
perché le fu troncata una zampetta anteriore.
Quando un verde mantello entra in agitazione
è lei che arranca invisibile in geometrie di trifogli
e torna al suo rifugio.
Da quanto tempo? Qui restano incerti
un ignoto e il fattore.
Da mezzo secolo o più. O si potrà risalire
al generale Pelloux...
Non c'è età per lei: tutti gli strappi
Sono contemporanei.
Antella, 3.VI.72
Montale include questa poesia, allora inedita, nella raccolta di scritti e bibliografia montaliana curata da Riccardo Campa nel 1972, come un esempio del suo "modo di sentire il tempo".
(Id., Nel nostro tempo, op. cit., p. 11)
Sotto un quadro lombardo
Era il 12 ottobre del '982
mio natalizio
quando duecentomila laureati
disoccupati
in mancanza di meglio occuparono
palazzo Madama.
Sono disoccupato anch'io da sempre
obiettai a chi voleva malmenarmi.
[...]
Dopodiché crollai su una poltrona
che fronteggiava un quadro del Cremona
e restava tranquillo lui solo nel tumulto.
(Id., Quaderno di quattro anni, Milano, Mondadori, 1977, p. 22)
- Sulla poesia:
[...] Inconfutabile rimane, in ogni modo, il fatto di una universale protesta che non colpisce questo o quel regime politico o sociale, ma l'innaturalità del nostro modo di vivere.
E la poesia, che è generalmente in anticipo, può spingere tanto oltre la sua anticipazione da sembrare in ritardo.
(Id., Nel nostro tempo, op. cit., pp. 44-45)
[...] L'engagement ideologico non è però condizione necessaria e sufficiente alla creazione di un'opera poeticamente vitale; e neppure è, in sé, condizione negativa. Ogni vero poeta ha avuto il suo impegno e non ha atteso che questo gli fosse indicato da non bene identificabili regolatori e guide della produzione.
Molti continueranno a pensare che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato. Ciò peraltro non giustifica alcuna deliberata turris eburnea: il poeta non deve rinunciare alla vita. È la vita che s'incarica di sfuggirgli.
(Ibidem, p. 76)
5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Eugenio Montale. Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca. Nella bibliografia allegata sono indicate le principali opere di e su Montale presenti nei cataloghi della Biblioteca. Suggeriamo inoltre la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.
Alla redazione del testo ha collaborato il giornalista Antonio Funiciello, che ringraziamo.