Insieme ma soli / Sherry Turkle
L'estate è di solito dedicata alla lettura di romanzi e gialli, lettura appassionante e immersiva, del tutto adatta alle giornate trascorse sotto l'ombrellone in spiaggia o su un terrazzino di montagna con vista sulla valle. Quest'anno, però, vi suggeriamo di dedicarvi alla lettura di un saggio intrigante quasi quanto un romanzo e capace di farci riflettere sulle conseguenze che la tecnologia ha portato non solo nel nostro modo di lavorare bensì anche nel nostro modo di vivere.
Si tratta del volume Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri (tradotto da Susanna Bourlot e Lorenzo Lilli per Codice Edizioni, 2012) di Sherry Turkle, ricercatrice del MIT (Massachussets Institute of Technology) che - da quasi trent'anni - studia gli effetti delle tecnologia sulla psicologia umana, i cui saggi già pubblicati in Italia sono diventati ormai veri e propri classici su questi temi.
Il nuovo volume si articola in due parti: la prima è dedicata ai risultati delle ricerche della Turkle sui robot sociali (ossia robot che non sono specificamente pensati per aiutare l'uomo nelle attività quotidiane, ma per fargli compagnia, il cui antesignano è stato il Tamagotchi) e sulla loro interazione con l'uomo, la seconda si incentra sulla nuova condizione di connessione ininterrotta che caratterizza le nostre vite e su come tale condizione incida sulle nostre modalità di relazione.
La lettura di questo saggio dallo stile genuinamente divulgativo (com'è tipico dell'approccio americano) da un lato ci pone di fronte a un mondo in parte estraneo, dall'altro ci racconta una realtà che è già presente e che riconosciamo nella nostra quotidianità.
Quando Sherry Turkle ci parla delle ricerche fatte consegnando a campioni di persone robot sociali come il Furby,il My Real Baby o l'AIBO (i robot che hanno rispettivamente le sembianze di un gufo, di un neonato e di un cane) sulle prime ci sembra di leggere qualcosa che culturalmente non ci appartiene, o almeno non ancora. Il Giappone per primo e poi gli Stati Uniti sono infatti i paesi dove la diffusione dei robot sociali è stata massima, ed anche la ricerca che li riguarda. Eppure, quando leggiamo che in paesi in cui l'invecchiamento della popolazione è un fenomeno inarrestabile e la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di gestione della famiglia è sempre più difficile i robot sociali cominciano ad essere concepiti come una possibile alternativa - per certi versi più neutra e dunque più affidabile - nella compagnia e assistenza di bambini e anziani non possiamo restare indifferenti e pensare che tale fenomeno non ci appartenga. La Turkle sottolinea che l'Intelligenza Artificiale deve ancora fare molti passi avanti prima che questa prospettiva possa diventare plausibile, però ritiene che sia già il tempo di interrogarsi sulle questione etiche e su come la gente interpreta il rapporto con robot sociali, esseri non viventi che però sono programmati per reagire agli input esterni e per imparare dall'ambiente circostante.
I robot sociali agiscono "come se" provassero delle emozioni, "come se" ascoltassero e comprendessero il loro interlocutore, eppure questo "come se" nel tempo non solo ha cominciato ad essere accettato come un'alternativa in mancanza d'altro, ma addirittura tende sempre più a essere interpretato come meglio in assoluto, perché in qualche modo sottrae alla complessità e alle delusione dei rapporti umani.
L'altra faccia della medaglia di questa trasformazione del nostro mondo relazionale è rappresentato dal trasferimento di parti sempre più consistenti della nostra esistenza sulla rete, fenomeno che ha marginalizzato l'uso del telefono a favore dell'instant messaging e dei social networks e di cui la Turkle ci parla nella seconda parte del libro.
La costruzione di identità alternative, complementari e sperimentali che i social networks, i giochi online, i mondi virtuali consentono, nonché le possibilità inedite di trasferire il nostro mondo interiore e la comunicazione delle emozioni al di fuori della nostra cerchia di familiari e amici permettono anche, in questo caso, scorciatoie o - comunque - modalità relazionali attenuate, in cui il livello delle aspettative è più basso e i legami più deboli.
Sherry Turkle mette in evidenza che entrambe le tendenze relazionali rese possibili dai robot sociali e dalla connessione di rete facilitano il potenziamento delle personalità narcisistiche, quelle che in termini psicoanalitici si caratterizzano per identità fragili la cui difficoltà a costruire relazioni mature con altre persone spinge a rapporti in cui l'altro non esiste nella sua globalità ma solo nella proiezione di quei tratti di sé che il narcisista è in grado di gestire. I robot sociali e la socialità in rete - poiché permettono di ritagliarsi una dinamica di relazione a propria misura e di entrare e uscire dagli universi relazionali secondo necessità - sono per molti un'alternativa migliore al contatto umano diretto e stanno diventando un pericoloso termine di confronto rispetto alle difficoltà di gestire rapporti con persone che mai potranno aderire integralmente all'immagine di loro che vogliamo.
La lettura di questo volume è inquietante per le prospettive che apre, ma non si deve pensare che la Turkle sia una nostalgica dei bei tempi che furono e sia contraria alle nuove tecnologie in quanto le ritenga responsabili delle scelte umane. Piuttosto, i suoi studi spingono a porsi fin da subito interrogativi etici e a riflettere sulle trappole in cui - soprattutto nella fase di costruzione della nostra identità, ossia l'adolescenza - rischiamo di cadere. D'altra parte, proprio dai cosiddetti "nativi digitali" (coloro che sono nati con le tecnologie) viene la speranza di una socialità più equilibrata, lì dove questi ultimi manifestano forme di saturazione e di ansia sempre più accentuate nei confronti della relazionalità di rete e rivendicano l'insostituibilità del rapporto diretto per esprimere i sentimenti più importanti: l'amore, il dispiacere, le scuse, tutti sentimenti di cui la rete attenua l'espressione e ridimensiona la portata.
La lettura di Sherry Turkle convincerà molti a spegnere il cellulare e a lasciare a casa il computer durante le vacanze per poterle trascorrere veramente in compagnia di qualcuno. E questo può essere considerato già un buon risultato.