Il pensiero filosofico di Benedetto Croce
3. Fondamenti della filosofia dello spirito
4. Lo "storicismo assoluto" e il concetto filosofico di libertà
5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Benedetto Croce occupa un ruolo centrale nella cultura italiana del '900. Le sue opere e, in particolare, la rivista "La Critica" da lui fondata nel 1903, aprono il dibattito intellettuale della penisola alle correnti del pensiero europeo di questi anni e costituiranno, in seguito, un punto di riferimento irrinunciabile dell'antifascismo militante durante il periodo della dittatura. Del suo magistero culturale non può distinguersi nettamente l'aspetto filosofico da quello storico: entrambe le dimensioni si intrecciano e si sviluppano l'una prendendo spunto dall'altra e l'una e l'altra ricongiungendosi in una continua riflessione critica incessantemente aperta a nuovi stimoli e perfezionamenti. Il metodo è pienamente coerente con l'ufficio che, per Croce, spetta al pensatore: questi - scrive nel 1940 nell'avvertenza alla raccolta di saggi su Il carattere della filosofia moderna - "(…) finché vive e pensa, non coglie se non un fuggevole respiro di riposo, ed è presto richiamato al suo tormento e alla sua gioia, al lavoro della critica e del pensiero, che fu dei suoi predecessori, che sarà dei suoi successori".
Del suo sistema filosofico tratteremo in queste pagine brevemente, delineandone il dispiegarsi attraverso gli scritti più strettamente teorici, nella consapevolezza che questi appunti null'altro vogliono essere se non un doveroso omaggio nel sessantesimo anniversario della morte del filosofo di Pescasseroli.
Dedito agli studi di letteratura e di erudizione storica fin dagli anni giovanili, Croce segue con interesse, durante il suo tormentato soggiorno romano, le lezioni di filosofia morale di Antonio Labriola: esse - scrive nel Contributo alla critica di me stesso (p. 21) - "vennero incontro inaspettatamente al mio angoscioso bisogno di rifarmi in forma razionale una fede sulla vita e i suoi fini e doveri, avendo perso la guida della dottrina religiosa e sentendomi nel tempo stesso insidiato da teorie materialistiche, sensistiche e associazionistiche, circa le quali non mi facevo illusioni".
Sono i primi passi del giovane intellettuale verso quella vocazione filosofica che tanta parte avrà nella sua opera di storico e di critico letterario. Una vocazione che rimarrà per diversi anni allo stato latente per il successivo rientro a Napoli, dove prosegue, con successo, le sue ricerche di erudizione storica. L'inclinazione per gli studi filosofici, tuttavia, non l'abbandona e lo induce ad approfondire, in senso generale, le questioni relative alla natura e ai metodi delle scienze storiche, psicologiche e letterarie. Risultato di tali riflessioni saranno le pagine raccolte nel 1893 sotto il titolo La storia ridotta sotto il concetto dell'arte, una memoria dal carattere antipositivista nella quale Croce sostiene che la storia è sostanzialmente riconducibile all'arte: essa non è scienza, non è mera registrazione del documento ed elaborazione dei concetti, ma conoscenza, narrazione dei fatti, rappresentazione della realtà. A dare ulteriore impulso alle sue tesi sarà lo studio di Marx ed Engels e della teoria del materialismo storico al quale lo introducono i saggi di Antonio Labriola. L'iniziale entusiasmo cede ben presto il passo ad una critica sostanziale: nel volume del 1900 Materialismo storico ed economia marxistica, Croce nega al marxismo una reale capacità interpretativa della storia, ne contesta la pretesa scientificità, evidenziandone il carattere etico e politico il cui obbiettivo è dare un concreto impulso all'azione. Tale giudizio sul marxismo costituisce, insieme allo studio di Giambattista Vico (La filosofia di Giambattista Vico, 1911), una delle premesse fondamentali per l'elaborazione del suo originale sistema filosofico. Se l'utile, infatti, costituisce un valore intrinseco all'attività umana, anche il vero, il bello e il buono rappresentano altrettanti moventi dell'agire dell'individuo nella storia e dunque vanno considerati come prodotti distinti dell'attività spirituale degli uomini.
3. Fondamenti della filosofia dello spirito
Una prima organica sistemazione della sua impostazione teorica si trova nel lavoro del 1902 Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, nel quale vengono definite le linee guida del suo pensiero già tracciate nella memoria letta all'Accademia Pontiniana nel 1900 (Tesi fondamentali di un'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale) e in seguito rielaborate, ma mai sostanzialmente modificate, nelle opere successive. La critica del marxismo unitamente alla negazione della storia come scienza e la sua riconduzione all'arte portano Croce ad approfondire lo studio dell'estetica che viene considerata come la categoria prima e presupposto stesso dell'attività dello spirito: l'arte è espressione dell'individuale, è intuizione, conoscenza del particolare e, in quanto tale, è un'attività spirituale e teoretica autonoma. Attraverso l'arte e il suo linguaggio espressivo l'individuo conosce la realtà a livello intuitivo per elaborarla nel successivo momento logico - dunque a livello razionale - tramite la formulazione di concetti che da quella prima impressione traggono conoscenza dell'universale concreto. La logica pertanto è la seconda categoria teoretica dello spirito i cui caratteri Croce approfondisce nella memoria Lineamenti di una logica come scienza del concetto puro, rifusa poi nell'opera del 1909 dal titolo Logica come scienza del concetto puro. La logica è filosofia in quanto tende alla conoscenza dei concetti, ovvero dell'universale. Essa nasce dalla prima forma dello spirito, dal momento intuitivo che dunque è ineliminabile. Se l'uomo non fosse capace di rappresentare cosa alcuna, non potrebbe pensare. Se non fosse spirito fantastico, non sarebbe neppure logico. La sua qualità distintiva sta dunque nella comprensione dell'universalità e, al tempo stesso, nel suo rapporto con la realtà nella sua concretezza.
A questa fase teoretica dell'attività dello spirito, Croce fa seguire la fase pratica (Filosofia della pratica. Economia ed etica, 1909), anch'essa distinta in due categorie: economia ed etica. La prima riguarda la volontà di raggiungere determinati scopi (particolare) e l'azione che ne consegue; la seconda, collegata alla prima, è costituita dalla morale, che è l'attività che tende a finalità più ampie, generali e dunque all'universale.
In ciascuna delle quattro categorie enucleate lo spirito è generatore di attività che, sebbene collegate tra loro, restano autonome nel proprio svolgimento e dirette alla realizzazione di un valore specifico: così l'arte ha come funzione la realizzazione del bello, la logica del vero, la volontà dell'utile e la morale del buono. Ora tali finalità non sono intese deterministicamente, ma sono espressione della libera scelta dell'individuo. Tant'è che all'interno di ogni forma dello spirito esiste il corrispettivo valore negativo: ad esempio, un giudizio teorico potrà essere vero o falso, una scelta economica potrà risultare utile o dannosa. Tali valori negativi hanno un'esistenza necessaria perché consentono, nel confronto dialettico, di dare concretezza al momento positivo, alla realtà dello spirito. La dialettica degli opposti di matrice hegeliana viene risolta da Croce all'interno delle singole forme dello spirito: essa non riguarda invece le distinte categorie dell'estetica, della logica, dell'economia e della morale che, pur nella loro autonomia, sono strettamente connesse e coesistono insieme in un processo circolare in cui si realizza la vita stessa dello spirito. Per Croce dunque non vi è una dimensione prevalente, ma lo spirito si realizza circolarmente in un costante nesso tra distinti di matrice vichiana che sta alla base della sua unità: ogni fase «condiziona il momento susseguente, ma non ne è a sua volta condizionato: la filosofia è condizionata dall'arte che le fornisce col linguaggio il mezzo della sua espressione, l'attività pratica è condizionata dalla conoscenza che la illumina; e nella forma pratica il momento economico, cioè la forza e l'efficacia dell'azione, condiziona il momento etico che dirige la volontà efficace e praticamente fattiva a fini universali. La vita dello spirito si sviluppa circolarmente nel senso che ripercorre incessantemente i suoi momenti o forme fondamentali; ma li ripercorre arricchita ogni volta dal contenuto delle precedenti circolazioni e senza ripetersi mai. Nulla c'è al di fuori dello spirito che diviene e progredisce incessantemente: nulla c'è al di fuori della storia che è per l'appunto questo progresso e questo divenire.» (Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, vol. 5, p. 527).
4. Lo "storicismo assoluto" e il concetto filosofico di libertà
Croce conclude il suo percorso teoretico identificando la filosofia, la conoscenza dell'universale, con la storia: "il problema della comprensione storica - scrive il filosofo nell'avvertenza del 1916 al volume Teoria e storia della storiografia - è quello verso cui tendevano tutte le indagini da me condotte intorno ai modi dello spirito, alla loro distinzione ed unità, alla loro vita veramente concrete che è svolgimento e storia, al pensiero storico, che è l'autocoscienza di questa vita".
La storia - sostiene - è atto di pensiero (unità-distinzione tra momento intuitivo e momento logico) e, dunque, giudizio: è insieme fatto, documento storico, e, al tempo stesso, narrazione che di esso fa il giudizio storico. Essa, di conseguenza , è sempre storia contemporanea, perché "è evidente che solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato; il quale, dunque, in quanto si unifica con un interesse della vita presente, non risponde a un interesse passato, ma presente"(p. 4).
La comprensione storica è dunque l'unica forma di conoscenza pura, ovvero in grado di conoscere l'universale e di individuarlo nella sua realizzazione concreta. Sul presupposto della coincidenza tra particolare e universale, reale e razionale, storia e filosofia, Croce costruisce la sua concezione di storicismo assoluto secondo il quale la storia non è il risultato di cause originarie o leggi trascendenti, ma è espressione del processo - ad essa immanente - di realizzazione dello spirito nelle sue diverse e distinte forme. Soggetto della storia non sono quindi i singoli uomini, ma lo spirito cui tutto si riconduce e che tutto risolve in se stesso.
La storia che si fa, lo spirito che realizza se stesso è, per Croce, la storia della libertà: "eterna formatrice della storia, soggetto stesso di ogni storia (...) essa è, per un verso, il principio esplicativo del corso storico e, per l'altro, l'ideale morale dell'umanità." (La Storia come pensiero e come azione, p. 46). Nel costruire il suo concetto filosofico di libertà da porre quale centro, principio supremo della sua concezione della realtà, Croce ripercorre in termini diversi le categorie dello spirito precedentemente enucleate: se l'arte è la conoscenza intuitiva del reale, la sua espressione non può che essere un atto libero. Dunque la libertà è fondamento ed essenza dello spirito, presupposto della sua attività. Un'azione nata dalla costrizione, per converso, è sterile e non porta ad alcuna conoscenza. Ora, poiché la vita dello spirito entra in relazione dialettica nelle sue diverse forme con il suo opposto, la libertà entra costantemente in contrasto con la non libertà, ma ad essa sopravvive più o meno marginalmente a seconda del grado di oppressione. Se così non fosse, scrive Croce, "quelle età (storiche) sarebbero affatto infeconde, sarebbero di morte e non di vita, o in ogni caso, di nessuna vita umana, intervalli vacui nel corso storico; il che ripugna al pensiero ed è smentito dal poco o molto che le età per varie ragioni considerate di oppressione hanno pure prodotto, e più ancora del lieto rigoglio che, come dopo ogni oppressione, si vede espandersi nelle età seguenti e che, preparato dalle condizioni precedenti, doveva già esistere in esse in certa guisa." (Il carattere della filosofia moderna, pp.108-109).
La libertà dunque non può essere ridotta a fatto storico, né può essere limitata ad ideale pratico, a semplice movente dell'azione orientata al raggiungimento di finalità trascendenti la vita stessa dello spirito. La libertà, filosoficamente concepita, è l'essenza dello spirito, la sua forza vitale: è insieme teoria e prassi, atto di pensiero e atto di volontà che, mossa dalla necessità di superare ciò che l'opprime, genera una nuovo atteggiamento del volere, un nuovo comportamento, un nuovo agire in campo pratico. La filosofia, dunque la storia, dunque la libertà deve essere "concepita come un assoluto immanentismo: un immanentismo dello spirito, e perciò non naturalismo e materialismo, e neppure dualismo di spirito e natura, ma spiritualismo assoluto; e poiché lo spirito è dialettica di distinzioni e opposizioni e perpetuo crescere su sé stesso e perpetuo progresso, uno spiritualismo che sia storicismo assoluto." (Ivi, p.112).
5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
In considerazione dell'elevato numero delle opere a carattere filosofico dell'autore presenti all'interno delle collezioni della Biblioteca, la selezione dei volumi è stata limitata a quelli citati nel testo dell'articolo. In relazione alle opere di altri autori sul pensiero filosofico di Benedetto Croce, la selezione ha riguardato le pubblicazioni edite dal 2001 al 2011.
Per una conoscenza completa delle opere del filosofo presenti nelle collezioni della Biblioteca e per ulteriori approfondimenti si invitano, pertanto, i lettori alla consultazione del catalogo del Polo bibliotecario parlamentare, del catalogo storico della Biblioteca del Senato e delle banche dati bibliografiche consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.