Carteggio: trent'anni di storia del socialismo italiano / Lelio Basso, Pietro Nenni; a cura di Luciano Paolicchi

nenni_bassoLa raccolta delle lettere scambiate tra Lelio Basso e Pietro Nenni tra il 1945 e il 1977, pubblicata per iniziativa della Fondazione Nenni (Roma, Editori Riuniti University Press, 2011, p. 320) è una parte importante della storia di una militanza politica difficile, quella di Basso nel PSI o, meglio, come scrive Luciano Paolicchi nella bella ed esauriente introduzione, la narrazione del disaccordo di Basso "sull'indirizzo e la gestione del Partito". Il carteggio inizia in effetti con due lettere di Basso, rispettivamente del febbraio e del maggio 1945, immediatamente prima ed immediatamente dopo la Liberazione, che danno già la cifra di un'inquietudine politica ed intellettuale: nella lettera di febbraio, Basso, responsabile dell'organizzazione socialista nell'Italia occupata, fornisce un quadro ottimistico sullo sviluppo del Partito, nel quale era rientrato a giugno del 1944, dopo esserne uscito per il dissenso sulla politica di unità nazionale, quadro al quale fa seguito, pochi mesi dopo, un'immagine di tutt'altro segno. Al partito dei giovani e dell'intransigenza classista ed unitaria della Resistenza, Basso contrapponeva il partito dell'immediato dopoguerra, caratterizzato dal riemergere dei notabili dell'era prefascista e da una marcata ostilità nei confronti dell'alleanza con il PCI. Il carteggio si dirada nel periodo della segreteria Basso e del Fronte popolare - periodo nel quale il contatto presumibilmente quotidiano i tra i due leader rendeva superfluo il rapporto epistolare - anche se una lettera di Pertini a Nenni documenta il disagio nei confronti di una leadership nata dalla scissione socialdemocratica di Palazzo Barberini (gennaio 1947) ed orientata marcatamente a sinistra, disagio probabilmente accentuato dalla rinuncia di Basso ad esprimere nel congresso di Roma il suo dissenso sulla scelta di andare alle elezioni del 18 aprile 1948 con una lista unitaria, pur nel contesto di un orientamento nettamente favorevole alla politica di alleanza con il PCI.

Basso fu in tutto e per tutto un uomo del suo tempo, e la sua militanza a sinistra non sfuggì alle contraddizioni ed ai conflitti anche interiori derivanti dalla polarizzazione del quadro politico internazionale e interno e dalle logiche dei veti e delle contrapposizioni: unitario, nettamente ostile a qualsiasi presa di posizione anticomunista, che avrebbe compromesso a suo parere la compattezza dello schieramento contro l'avversario democristiano, al quale continuerà per tutta la vita ad attribuire una vocazione autoritaria, Basso considerava però necessario svincolare la politica della sinistra dalla subalternità alle scelte compiute nell'interesse dell'URSS e pertanto all'indirizzo prevalente nel PCI, e rivendicava un'autonomia di pensiero e di elaborazione teorica che male si conciliava con il conformismo della sinistra morandiana; quest'ultima, di fronte al rischio di dissoluzione del Partito successivo alla sconfitta del Fronte popolare, dopo la parentesi della direzione centrista di Lombardi e Jacometti, aveva deciso di puntare le sue carte sul rafforzamento dell'apparato e su un marcato allineamento alle posizioni del più forte alleato comunista. Rispetto a Rodolfo Morandi, di cui pure accettò la politica nel corso della prima metà degli anni '50, Nenni conservò una certa autonomia di movimento che lo rese interlocutore privilegiato del dissenso interno. Non a caso, Basso si rivolge a Nenni con una lunga lettera del 13 settembre 1950, un vero e proprio documento politico, nel momento del massimo scontro con il gruppo morandiano, per definire le tappe della sua uscita dall'Esecutivo e poi, dopo il Congresso di Bologna (gennaio 1951), dalla direzione. E Nenni, a sua volta, era interessato a non chiudere il dialogo con posizioni eterodosse che, in prospettiva, avrebbero potuto essere recuperate nell'ambito di altre opzioni politiche, diverse dal "serrate le fila" del frontismo e aperte al dialogo con le forse della sinistra laica e cattolica, secondo le indicazioni del Congresso di Torino (febbraio 1955), prodromo della crisi della politica unitaria.

Il 1956, e poi la lunga strada verso il centro sinistra, segnano il rientro di Basso nel gioco politico, ma anche il confine del suo rapporto con Nenni: nel Congresso di Venezia (febbraio 1957), l'alleanza della corrente facente capo a Lelio Basso con la sinistra morandiana determinò l'anomala situazione per cui Nenni, vincitore del Congresso su una linea di autonomia e di rottura con il PCI, si ritrovò poi in minoranza negli organismi dirigenti. Da allora in avanti, il rapporto tra i due dirigenti si fa sempre più difficile, anche se sul filo di un dialogo destinato a protrarsi nel corso degli anni, pur nel dissenso: il pragmatico leader romagnolo aveva conquistato la maggioranza del Partito ad una linea che, dati i rapporti di forza, orientava l'iniziativa socialista verso l'unificazione con il Partito socialdemocratico e l'intesa di governo con la Democrazia cristiana, mentre Lelio Basso continuava a ritenere possibile dare vita ad un'alternativa che coinvolgesse la sinistra cattolica e le forze laiche di ascendenza azionista, senza emarginare i comunisti, in un'alleanza politica alternativa al partito cattolico. Su questa strada si sarebbe consumato il distacco di Basso dal PSI, culminato con l'uscita, al momento della formazione del primo governo Moro e la temporanea adesione al PSIUP, da cui si sarebbe distaccato per la posizione filosovietica assunta da quel partito dopo l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968. Da allora, fino alla morte (1978), gli interessi di Basso si sarebbero rivolti prevalentemente ai grandi temi della politica internazionale e dei diritti umani, che sono tuttora parte integrante dell'attività della Fondazione che porta il suo nome.



Informazioni aggiuntive

FINE PAGINA

vai a inizio pagina