I pensieri dentro le parole. Scritti di teoria della Bibliografia e altre cose / Attilio Mauro Caproni
Vede la luce da questo numero di MinervaWeb la rubrica "Suggerimenti di lettura", che si alternerà col neo-nato "Angolo del lettore" per segnalare libri consigliati rispettivamente dai bibliotecari e dagli utenti della Biblioteca del Senato: libri in cui ci si è imbattuti per motivi di lavoro e non, che sono stati acquisiti o sono in via di acquisizione o di cui si propone l'acquisto da parte della biblioteca medesima, saggi specialistici inerenti le discipline biblioteconomiche o gli ambiti disciplinari di interesse della Biblioteca e testi di interesse più generale.
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Dopo la recensione di un volume di carattere storiografico (vedi l'articolo sul n. 27 di MinervaWeb), ci è sembrato opportuno dare rilievo alle collezioni di una sezione tra le più aggiornate della Biblioteca, lo scaffale della letteratura professionale, presentando un'opera che, per quanto rappresentativa di un settore disciplinare preciso - quello delle scienze bibliografiche - si presta a proporsi ad un pubblico più ampio.
Già dal titolo, infatti, la raccolta di scritti di Attilio Mauro Caproni, I pensieri dentro le parole. Scritti di teoria della Bibliografia e altre cose (Manziana, Vecchiarelli, 2008; vedi scheda catalografica) unisce all'ambizione teoretica una dimensione filosofica ed una dichiaratamente provocatoria.
La prima provocazione è nell'apparente contrasto tra la "teoria" e le "cose": termini quotidiani come "pensieri" e "parole" definiscono una nozione di Bibliografia che senza perdere la connotazione di disciplina "difficile" (p. 74) si allontana dalla sua immagine più polverosa e strumentale o dalla sua dimensione più tecnicistica per diventare teoria della conoscenza.
Eppure - ed è qui forse il principale punto di forza del volume anche per i non "addetti ai lavori" - ci troviamo di fronte ad un libro che parla di libri più ancora che di teoria: parla della carica comunicativa e della fascinazione dei libri e della libertà che ne deriva.
Non si ripercorre insomma la storia della Bibliografia né delle sue declinazioni pratiche in apparentemente sterili elencazioni di titoli, la si riconduce invece alla sua essenza: "La Bibliografia è un cumulo di pensieri proposti nei testi", che tutti insieme costituiscono la storia della conoscenza depositata (non esclusivamente, ma in significativa parte) nelle biblioteche (p. 117). Perché in fondo, se i testi sono l' "ombra delle parole" come le nostre rappresentazioni mentali della realtà sono umbrae idearum, è nelle mappe tracciate dai libri che troviamo un'immagine della vita e della storia dell'uomo.
Provocatoria è poi la scelta di affidarsi ad una forma che si avvicina qua e là a quella del taccuino (testi articolati in paragrafi brevi, talvolta costruiti su aforismi, benché già pubblicati su riviste di carattere scientifico o pronunciati in occasione di convegni) per trattare una materia complessa: scelta insolita, ma anche funzionale all'apertura dialettica che il libro mantiene elevata.
È singolare inoltre la decisa opzione stilistica per un registro linguistico alto, sostenuto, che si muove però tra concetti universalmente familiari e intimi, i quali collegano di volta in volta l'idea di libro a quelle di viaggio, ricordo, colore, profezia, sogno, sofferenza, silenzio, menzogna, assoluto, segreto, spirito, illusione, armonia, immaginazione, solitudine, emozione, memoria (e si potrebbe continuare) in un'inedita rete di associazioni, spesso non facili, a volte folgoranti, comunque suggestive.
Proprio intorno alla memoria ruotano le tre partizioni del volume (I. La memoria dentro le parole: la bibliografia e la trama della ragione; II. La memoria del sapere: alcuni brevi ragionamenti; III. La memoria del tempo e altre cose): eppure non vi si tratta tanto di supporti per la registrazione della memoria (benché le memorie "elettriche" siano spesso nominate) quanto delle modalità in cui essa si condensa in un "sistema dei segni" (p. 130), che conserva nei libri la "trama della realtà" (p. 159) e prende vita nelle facoltà interpretative messe in atto con la lettura, lasciando alla Bibliografia il ruolo oggettivo di organizzare la "conoscenza della conoscenza" (p. 23).
L'amore per la conoscenza e per i libri si riversa, nell'ultima parte del volume, nei ricordi dedicati a Cesare Garboli e Giorgio Caproni o nei brevi saggi su Filippo De Pisis e Scipio Slataper: scritti che potremmo definire d'occasione, togliendo all'espressione quanto di accidentale sembra sottintendere, riuniti qui ad immortalare compagni - reali o virtuali - di un viaggio intellettuale che include nel suo orizzonte Leopardi e Wittgenstein, Mallarmé e le avanguardie primonovecentesche, Archiloco e Husserl, Emil Cioran e Walter Benjamin.
Nel panorama della recente letteratura in quest'ambito disciplinare, in cui agli studi sull'organizzazione documentale della conoscenza si affiancano opere di taglio manualistico per la storia e/o la realizzazione di repertori bibliografici, il libro di Caproni individua un percorso originale di riscoperta e scavo analitico in concetti altrimenti abusati, una terza via capace di affascinare il lettore e di ricordargli, come scriveva già quasi due secoli fa Antoine-Claude Pasquin de Valéry, bibliotecario di corte sotto Carlo X e Luigi Filippo d'Orléans, che è possibile "spogliare la bibliografia delle sue minuzie e renderla istruttiva e filosofica" a patto che si faccia "servire la storia dei libri alla storia degli uomini" (Voyages historiques et littéraires en Italie..., tome premier, Paris, Le Normant, 1831, p. II-III).