Pubblicato il 5 ottobre 2016, nella seduta n. 693
SIMEONI , FUCKSIA , ROMANI Maurizio , VACCIANO , MUSSINI , MASTRANGELI , BENCINI - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
la legge 20 maggio 2016, n. 76, istitutiva dell'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale, è entrata in vigore in data 21 maggio 2016;
sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato in data 28 luglio 2016 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2016, n. 144, recante le disposizioni transitorie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile e, in ottemperanza dell'articolo 9 dello stesso, il Ministro dell'interno ha provveduto ad emanare apposito decreto 28 luglio 2016 istitutivo delle formule per gli adempimenti degli ufficiali dello stato civile in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso, rendendo, sostanzialmente, dette unioni immediatamente esecutive;
il quotidiano "La Stampa" ha pubblicato in data 26 settembre un articolo a firma di Alessandro Previati e Maria Teresa Martinegro, ove viene riportata la notizia inerente al rifiuto da parte del sindaco di Favria (Torino) di celebrare un'unione civile. Questi è arrivato a sostenere in proposito che «la legge (è) sbagliata, va contro i miei principi», e che pertanto «non sposerò quei ragazzi», argomentando altresì che «non me la sento di andare contro a determinate convinzioni di natura etica. Perché un sindaco non può essere obiettore di coscienza?»;
ancora, un articolo apparso su "il Fatto Quotidiano" del 7 settembre, di David Marceddu, denuncia l'applicazione di "linee guida" adottate dal sindaco di Finale Emilia (Modena) in materia di unioni civili. Invero, sul sito dell'amministrazione comunale è stato reso pubblico un documento contenente le disposizioni da seguire in occasione della costituzione di tali unioni: a tale riguardo, viene sancito che non è prevista alcuna forma di celebrazione, ma unicamente una dichiarazione; inoltre, il pubblico ufficiale che riceve la stessa non è tenuto ad indossare la fascia tricolore, come pure che la funzione si debba necessariamente svolgere in una sala preclusa al pubblico; ed infine, la previsione che non avvenga lo scambio delle fedi;
considerato che:
la Sezione atti normativi del Consiglio di Stato, nell'adunanza del 15 luglio 2016, ha reso il parere, richiesto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri l'8 luglio 2016, sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante "Disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 20 maggio 2016, n. 76", poi pubblicato come decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 144 citato, pronunciandosi a tale riguardo favorevolmente, seppure presentando alcune osservazioni;
nello specifico, il Consiglio di Stato si è occupato della questione generale che riguarda i doveri di adempimento da parte dei Comuni in ordine alle richieste formulate dalle coppie omosessuali aventi diritto e, in particolare, della possibilità, richiamata da alcuni sindaci, di evocare una "obiezione di coscienza" motivabile con il rifiuto, in base a convinzioni culturali, religiose o morali, di concorrere a rendere operativo l'istituto dell'unione civile tra persone dello stesso sesso;
il Consiglio di Stato ritiene in proposito che «il rilievo giuridico di una "questione di coscienza" - affinché soggetti pubblici o privati si sottraggano legittimamente ad adempimenti cui per legge sono tenuti - può derivare soltanto dal riconoscimento che di tale questione faccia una norma, sicché detto rilievo, che esime dall'adempimento di un dovere, non può derivare da una "auto-qualificazione" effettuata da chi sia tenuto, in forza di una legge, a un determinato comportamento. Il primato della "coscienza individuale" rispetto al dovere di osservanza di prescrizioni normative è stato affermato - pur in assenza di riconoscimento con legge - nei casi estremi di rifiuto di ottemperare a leggi manifestamente lesive di principi assoluti e non negoziabili (si pensi alla tragica esperienza delle leggi razziali). In un sistema costituzionale e democratico, tuttavia, è lo stesso ordinamento che deve indicare come e in quali termini la "coscienza individuale" possa consentire di non rispettare un precetto vincolante per legge. Allorquando il Legislatore ha contemplato (si pensi all'obiezione di coscienza in materia di aborto o di sperimentazione animale) l'apprezzamento della possibilità, caso per caso, di sottrarsi ad un compito cui si è tenuti (ad esempio, l'interruzione anticipata di gravidanza), tale apprezzamento è stato effettuato con previsione generale e astratta, di cui il soggetto "obiettore" chiede l'applicazione. Nel caso della legge n. 76/2016 una previsione del genere non è stata introdotta; e, anzi, dai lavori parlamentari risulta che un emendamento volto ad introdurre per i sindaci l'"obiezione di coscienza" sulla costituzione di una unione civile è stato respinto dal Parlamento, che ha così fatto constare la sua volontà contraria, non aggirabile in alcun modo nella fase di attuazione della legge»;
l'insussistenza, pertanto, di una previsione di obiezione di coscienza mal si concilia con le dichiarazioni espresse in merito da plurimi esponenti della politica. Invero, appartenenti agli schieramenti a giudizio degli interroganti più retrivi della politica italiana hanno continuato a professare la libertà di agire riguardo alle unioni tra persone dello stesso sesso: primo fra tutti Alfio Marchini, già candidato sindaco di Roma, che al momento della sua presentazione ebbe a precisare «Non ho nulla contro il riconoscimento dei diritti civili, ma non è compito del sindaco fare queste cose per cui non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni»;
anche il leader della Lega Nord Salvini si è espresso in tal senso, affermando che «la legge sulle unioni civili è fatta male, è discriminatoria nei confronti delle coppie eterosessuali ed è l'anticamera delle adozioni gay, già legittimate da diversi tribunali. Il mio invito, per i sindaci che si sentono di farlo, è di fare obiezione di coscienza e di opporsi a una legge sbagliata che non porterà nulla di buono». In sostanza un'autorizzazione per i sindaci del suo partito di disattendere quanto, invece, disciplinato dalla legge n. 76 del 2016. Ed invero, Attilio Fontana, sindaco leghista di Varese, avrebbe affermato che «come esiste l'obiezione di coscienza in materia di aborto, deve esserci anche su questo tema, non possono esserci differenze»; Giovanna Gargioni, sindaco di Borghetto Lodigiano (Lodi), pare abbia chiarito con fermezza che «Farò obiezione di coscienza? Assolutamente sì. (…) Sono contraria a questa legge perché sono convinta che si tratti del primo passo verso l'adozione gay, e io a questa cosa sono assolutamente contraria»; Renato Pasinetti, sindaco di Travagliato (Brescia), si dice essere «naturalmente contrario. Credo che il matrimonio abbia la finalità di costruire la famiglia per avere figli e continuerà a costruire la società con la famiglia come cellula»; Matteo Bianchi, sindaco di Morazzone (Varese), avrebbe sostenuto che «la legge più che colmare un vuoto colma le esigenze di una lobby internazionale. (…) l'obiezione di coscienza è un dovere, per rispetto della comunità»; Oscar Lancini, ex sindaco ed oggi vicesindaco di Adro (Brescia), si sarebbe spinto al punto da giungere ad affermare che «La legge è una porcheria. C'è ipocrisia del governo, che ha posto la fiducia per essere sicuro che passasse. Farò obiezione di coscienza per evitare di celebrare unioni che vanno contro natura»;
al coro omofobo leghista si sarebbero uniti sindaci appartenenti anche ad altri schieramenti, quali Lucia Baracchini, sindaco di Pontremoli (Massa-Carrara), eletta nel 2011 con il sostegno del Partito delle libertà, la quale avrebbe affermato che la posizione di Marchini «ha una sua logica. Non dovrebbe essere compito di un sindaco occuparsi delle unioni gay. Vorrei che ci fosse la possibilità di scegliere: da un punto di vista politico sarebbe giusto e corretto offrire uno strumento per permettere a chi non ha intenzione di celebrare le unioni gay di essere esentato»;
a fronte di tali dichiarazioni numerose sarebbero state le sollevazioni di protesta, ed in particolare, per quanto attiene al caso del sindaco di Favria, diverse associazioni avrebbero condannato la posizione espressa dal primo cittadino. Il coordinamento "Torino Pride", in una nota, ha tenuto a precisare la gravissima presa di posizione che «viola in modo palese la legge e i diritti di tutti i suoi concittadini e delle sue cittadine omosessuali (…) spingendosi - caso inaudito - a non delegare ad altri la funzione di Ufficiale di Stato Civile»;
ancora, anche quanto accaduto a Finale Emilia costituirebbe una manifesta negazione di diritti civili faticosamente conquistati e finalmente recepiti dall'ordinamento nazionale, altresì configurando, anche in questo caso, le violazioni di principi giuridici quali l'omissione ovvero il rifiuto di atti di ufficio da parte di pubblico ufficiale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se, nell'ambito delle proprie attribuzioni, non intenda attivare procedure ispettive atte a verificare la sussistenza di altre circostanze nelle quali i sindaci, in virtù di un'infondato diritto all'obiezione di coscienza, abbiano rifiutato ovvero, di fatto, ostacolato la costituzione di unioni civili;
se non intenda, una volta verificata la fondatezza dell'omissione, interessare il prefetto territorialmente competente, affinché inviti il sindaco inadempiente ad ottemperare al doveroso atto di ufficio;
quali provvedimenti intenda adottare, affinché siano sanzionati eventuali rifiuti di costituzione di unioni civili, venendosi, peraltro, a configurare illeciti quali l'omissione o il rifiuto di atti di ufficio da parte di pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 328 del codice penale.