Pubblicato il 7 luglio 2016, nella seduta n. 656
BIANCONI - Ai Ministri dell'interno e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. -
Premesso che:
nel corso delle indagini, svolte dalle squadre mobili di Palermo e Agrigento e dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, è stata ricostruita la struttura organizzativa di un pericoloso network criminale e sono stati individuati ingenti flussi di denaro, provento del traffico di migranti ed è stata individuata la centrale delle transazioni finanziarie effettuate tramite "hawala" (il trasferimento di fondi senza movimentazione fisica dei capitali) in un esercizio commerciale di Roma;
da notizie di stampa diffuse nei giorni scorsi, è emerso che la Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha effettuato 38 fermi di persone accusate di appartenere ad una banda di trafficanti di esseri umani. La Direzione distrettuale antimafia di Palermo, avvalendosi delle rivelazioni di un pentito dell'organizzazione, ha accertato che i migranti impossibilitati a pagare il viaggio venivano venduti a un gruppo di egiziani che li uccideva e ne vendeva gli organi;
considerato che:
dal racconto di A.W., trafficante divenuto collaboratore di giustizia, queste persone che non possono pagare il viaggio vengono consegnate ad egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli ad El Cairo per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare, questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l'organo e trasportarlo in borse termiche;
è emersa dalle indagini l'esistenza di una via organizzata che dalle coste della Sicilia porta direttamente nel nord Europa. Chi, tra i rifugiati che sbarcano a migliaia, è in grado di garantire pagamenti cash per la rete dei trafficanti ha le porte aperte. Case sicure dove rifugiarsi, documenti falsi pronti all'uso, pulmini pronti per l'ultimo tratto del viaggio, verso i Paesi del nord Europa, come Germania, Danimarca e Regno Unito;
a Palermo sono presenti i centri clandestini utilizzati dall'organizzazione criminale per smistare i rifugiati. C'era un ritrovo dalle parti della centrale piazza Ballarò, mentre, in vicolo Santa Rosalia, era attivo un magazzino dove vengono concentrate le persone in procinto di partire per il Nord Italia. In una piccola profumeria di via Volturno, a Roma, era collocata, invece, la centrale finanziaria. Centinaia di migliaia di euro passavano dietro al bancone, come ha raccontato il collaboratore A.W. ai magistrati della Dda di Palermo;
secondo la ricostruzione del pentito, una persona di nome S. consegna ogni sabato 280.000-300.000 euro a G.M., dopo averli ricevuti presso la profumeria di via Volturno. Il proprietario della profumeria è proprio S., che è coinvolto nel sistema hawala, perché ha un fratello in Israele ed un collaboratore a Dubai che lo aiutano nel sistema hawala perché i soldi arrivano là tramite i parenti dei migranti. In seguito, questi due mandano i soldi a S., tramite dei commercianti, anche italiani, che da Dubai o da Israele viaggiano e poi consegnano i soldi;
al momento, i nomi degli imprenditori italiani coinvolti non sono stati individuati, mentre le indagini continuano ad analizzare il brogliaccio delle transazioni finanziarie sequestrato il 13 giugno 2016, quando la Polizia di Stato è entrata nel locale, trovando quasi 600.000 euro in contanti. I soldi versati dai rifugiati servivano a pagare l'organizzazione e le spese per il viaggio verso la destinazione finale. Analizzando alcuni versamenti pervenuti ai fermati, appaiono diversi Paesi europei, dalla Danimarca alla Gran Bretagna;
esisteva poi un tariffario specifico per la gestione dei falsi ricongiungimenti familiari, che avvenivano utilizzando documenti falsificati. In questo caso, il costo arrivava fino a 10.000 euro. Diversi erano i sistemi in uso all'organizzazione: dalla classica sostituzione della fotografia su documenti rilasciati ad altri, fino ai matrimoni simulati nel Corno d'Africa con stranieri già residenti. In alcuni casi, i trafficanti preparavano le richieste dei ricongiungimenti per diverse prefetture italiane, ognuna con un nome di coniuge diverso. La mancanza di comunicazione tra gli uffici territoriali del Governo rendeva facile aggirare i controlli. Un sistema, questo, descritto da A.W., che è stato riscontrato nel corso delle indagini dalla Procura di Palermo e dai funzionari della Polizia di Stato;
agli indagati la Procura di Palermo, titolare dell'inchiesta, contesta, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, all'esercizio abusivo dell'attività di intermediazione finanziaria, nonché di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tutti aggravati dal carattere transnazionale del sodalizio criminoso,
si chiede di sapere:
se non sia il caso di introdurre nell'ordinamento misure volte a contrastare il trasporto di sostanze illecite che simula il trasporto di organi;
in relazione alla minaccia terroristica, se non sia il caso di inasprire le misure di sicurezza e la vigilanza europea del Mediterraneo, per evitare il proliferare di organizzazioni criminali come quella citata;
se non sia il caso di aumentare il grado della cooperazione delle forze di sicurezza del nostro Paese con i Corpi di polizia e di intelligence dei Paesi europei ed extraeuropei coinvolti dai traffici di denaro e attraversati dalle tratte schiaviste di essere umani.