Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06189

Atto n. 4-06189

Pubblicato il 24 febbraio 2004
Seduta n. 545

CASTELLANI. - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico in materia di immigrazione), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n.189, stabilisce all’articolo 41 che "gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno (…) sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti";

con la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), viene introdotta all’articolo 80, comma 19, una disposizione in materia di assistenza sociale e provvidenze economiche in favore degli stranieri soggiornanti in Italia, secondo la quale “ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno (…)”;

dal combinato disposto dell’articolo 41 del Testo Unico sull’immigrazione e dell’articolo 80, comma 19, della legge finanziaria per il 2001 emergono problemi di coordinamento, posto che l’articolo 80, comma 19, sembra escludere che i possessori di un semplice permesso di soggiorno per lavoro possano ottenere quelli che sono considerati veri e propri “diritti soggettivi” derivanti dalla legislazione sociale quali il diritto alla pensione d’invalidità civile o all’assegno sociale;

stante l’attuale disciplina vigente in materia di immigrazione, come modificata dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, e applicando l’articolo 80, comma 19, potrebbe determinarsi, come caso limite, quello di un lavoratore straniero in possesso di un permesso di soggiorno da più di un anno, ma non ancora in possesso della carta di soggiorno, che divenga, a causa di una grave patologia, totalmente inabile al lavoro; in tal caso egli non sarà più in grado né di soddisfare i requisiti previsti dalla legge 30 luglio 2002, n.189, per il rinnovo del permesso di soggiorno, ossia essere parte di un rapporto di lavoro, né tanto meno di conseguire un reddito tale da soddisfare i requisiti richiesti dalla legge per ottenere la carta di soggiorno; a sua volta, senza la stessa carta non potrà ottenere né l’assegno sociale né la pensione di invalidità civile;

tutti coloro che malauguratamente dovessero venire a trovarsi in una situazione limite come quella sopra descritta sono destinati ad essere relegati ai margini della società, correndo inoltre il rischio di non vedersi più rinnovato il normale permesso di soggiorno che era stato loro conferito, e successivamente di essere espulsi;

l’unica opportunità che hanno tali soggetti è quella di essere conviventi con familiari che possano assicurare loro il sostentamento, poiché in tale caso potrebbero esservi le condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, secondo quanto stabilisce l’articolo 30 del succitato Testo Unico in materia di immigrazione;

eventuali effetti preclusivi si produrrebbero solo nei confronti dei cittadini extracomunitari, posto che per i cittadini comunitari si applicherebbe il principio di non discriminazione sancito dal diritto comunitario;

tenuto inoltre conto che:

in attuazione dell’articolo 80, comma 19, sono state impartite dall’INPS alcune disposizioni che non consentirebbero di mantenere in atto i trattamenti economici di tipo assistenziale già esistenti, e in base alle quali, con decorrenza dal 1° gennaio 2001, tutti i trattamenti di questo tipo dovrebbero essere revocati; in effetti si sono registrati casi di persone che avevano già ottenuto il riconoscimento di trattamenti economici anteriormente all’entrata in vigore della norma restrittiva, e che ne hanno avuto revoca; addirittura sembra che l’INPS abbia disposto la restituzione delle somme già pagate, a titolo di pensione di invalidità civile o di pensione sociale, dopo il 1° gennaio 2001, contrariamente ad un orientamento interpretativo del Consiglio di Stato secondo cui le somme percepite dalla Pubblica amministrazione e già destinate a soddisfare i normali bisogni di sostentamento non possono più essere chieste in restituzione;

occorre ricordare che ad oggi sono in vigore, in quanto recepite nel nostro ordinamento, alcune Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (n. 97/1949 e n. 143/1975) riguardanti i diritti dei lavoratori migranti;

tali Convenzioni, ratificate con legge dello Stato italiano (rispettivamente con legge 23 marzo 1958, n. 367, e legge 10 aprile 1981, n. 158), definiscono lo status legale dei lavoratori migranti, ossia un livello minimo di diritti che devono essere riconosciuti agli stessi da parte degli Stati che hanno aderito alle convenzioni, e tra questi diritti, da riconoscersi a tutti i lavoratori, qualunque sia la nazionalità degli immigrati, vi è quello alla non discriminazione in base alla nazionalità per le prestazioni di sicurezza sociale, comprese quelle cosiddette non contributive, che vengono erogate dagli Stati indipendentemente dal versamento di contributi assicurativi (articolo 6 della Convenzione n. 97);

sempre la Convenzione dell'O.I.L. n. 97 prevede una certa flessibilità nell’adattare il principio di non discriminazione all’ordinamento interno, specie per quanto riguarda l’ambito delle prestazioni non contributive, ma questa “adattabilità” non può comportare l’esclusione pura e semplice dei lavoratori migranti dalla fruizione di questi diritti;

l’articolo 8 della stessa Convenzione prevede una sorta di tutela specifica rispetto al rischio di espulsione, in favore dei lavoratori che siano malati o vittime di infortunio sopravvenuti in seguito al loro arrivo regolare nel territorio dello Stato. Lo stesso articolo consente che l’autorità competente del paese in cui il lavoratore emigra possa prevedere che le disposizioni relative alla tutela dal rischio di espulsione abbiano effetto solo dopo un ragionevole periodo di permanenza del lavoratore in quel paese, periodo che non può essere comunque superiore a cinque anni;

la Convenzione prevede, dunque, che eventuali limitazioni al principio di non discriminazione e di parità di trattamento possano essere legittimamente stabilite da norme interne di singoli Stati, ma non oltre il limite dei cinque anni di permanenza nel territorio;

sebbene la Convenzione non consideri la differenza tra permesso di soggiorno e carta di soggiorno, poiché prende in considerazione solo l’anzianità del soggiorno per consentire alle limitazioni al principio di non discriminazione, il combinato disposto delle norme in materia di immigrazione, come modificate dalla legge n. 189 del 2002, cosiddetta "legge Bossi-Fini", e della disposizione di cui all’articolo 80, comma 19, della legge finanziaria per il 2001, potrebbe non essere in armonia con le succitate norme di diritto internazionale,

si chiede di sapere:

se il Governo non ritenga che esista un problema di corretta interpretazione, nonché di coordinamento, tra l’articolo 80, comma 19, della legge finanziaria per il 2001 e le disposizioni oggi vigenti in materia di immigrazione, come modificate dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 ;

se non si ritenga opportuno intervenire per prevenire il sorgere di situazioni di discriminazione ai danni degli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno ma non di carta di soggiorno, non più abili al lavoro a causa di sopravvenuta invalidità totale; se non si ritenga che dalla situazione di incertezza interpretativa sopra delineata possa sorgere il rischio, per determinati soggetti, di non vedersi più rinnovato il normale permesso di soggiorno che era stato loro conferito e di essere passibili di espulsione, e ciò soltanto in relazione a fatti imprevedibili quali la malattia.