Pubblicato il 16 marzo 2016, nella seduta n. 594
ORELLANA , BATTISTA , LANIECE , LONGO Fausto Guilherme - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
la residenza si definisce come il luogo nel quale la persona ha la sua abituale dimora ed è una situazione di fatto, alla quale si collegano una serie di effetti che regolamentano la relazione che ogni persona intrattiene con il proprio territorio (codice civile artt. 43, 44, 46);
la residenza è dichiarata presso l'ufficio dell'anagrafe del Comune in cui si intende risiedere: si parla in tal caso di residenza anagrafica, che è possibile modificare e trasferire. La prova del trasferimento della residenza è data dalla doppia dichiarazione resa al Comune dove si intende fissare la dimora abituale e a quello che si abbandona;
l'ufficiale dell'anagrafe (il sindaco, in quanto ufficiale del governo, ovvero l'assessore, il segretario comunale, o altro impiegato ritenuto idoneo allo scopo, previa approvazione del prefetto) svolge la funzione, sostanzialmente statale, e solo formalmente locale, di accertare la residenza dichiarata, in base a quanto disposto dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, recante "Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente" e dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, recante "Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente";
in particolare l'art. 4, comma 2, della legge n. 1228 del 1954 stabilisce che l'ufficiale dell'anagrafe non si limita a prendere atto del trasferimento della residenza del cittadino, ma ne controlla la "verità" procedendo all'accertamento della residenza anche per mezzo di proprie indagini. Ciò viene ribadito dalla sentenza n. 3075 della Cassazione civile, Sez. I, del 28 maggio 1979, che recita: «per ottenere l'iscrizione nel registro della popolazione residente in un determinato comune, non è sufficiente la mera intenzione del cittadino, manifestata all'ufficiale d'anagrafe, di stabilire la propria residenza nel territorio del comune stesso, ma occorre l'attuazione in concreto di tale comportamento con l'instaurazione della dimora abituale nel territorio comunale, per cui la permanenza del soggetto nel luogo, anche se non deve necessariamente durare, già storicamente, da qualche tempo, deve denotare la destinazione a durare potenzialmente nel tempo»;
il Ministero dell'interno, cui compete di vigilare sul corretto esercizio dei poteri d'anagrafe, con il parere del 13 novembre 2003, ha chiarito che l'iscrizione anagrafica è condizionata unicamente dalla verifica di corrispondenza fra quanto dichiarato dal cittadino e l'effettiva, abituale presenza dello stesso sul territorio del comune (si veda la sentenza del TAR Piemonte, Sez. I, 24 giugno 1991, n. 320). Ne discende, quindi, che, solo nel caso in cui non vi sia corrispondenza tra quanto dichiarato dal richiedente e quanto invece è emerso dagli accertamenti, l'ufficiale di anagrafe può rigettare l'istanza, con apposito provvedimento;
posto che è specifico compito dell'ufficiale di anagrafe verificare la posizione anagrafica dei cittadini iscritti nei registri della popolazione residente, questi può avvalersi della collaborazione della Polizia municipale, come previsto dal comma 2 dell'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989, dove si stabilisce che tali accertamenti devono essere svolti "a mezzo degli appartenenti ai corpi di Polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, utilizzando un modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto nazionale di statistica";
considerato che:
come denunciato dagli organi di stampa e dall'ANCI, negli ultimi anni si è registrato un aumento del fenomeno delle "residenze fittizie", accresciuto in modo esponenziale con l'abolizione dell'Imu (imposta municipale unica) sulla prima casa, largamente diffuso, secondo quanto risulta agli interroganti, nei comuni rivieraschi dell'alto Tirreno cosentino;
moltissimi proprietari di seconde case trasferiscono la propria residenza negli stessi comuni, dichiarando quale abitazione principale la casa abitata solo d'estate per usufruire delle agevolazioni fiscali previste per le prime case, nonché di agevolazioni tariffarie e di altro tipo;
tenuto conto che:
l'accertamento dell'effettiva residenza riveste una funzione strategica nell'ordinamento anagrafico attuale, in quanto fornisce un'informazione che costituisce un bene primario senza il quale sarebbe difficile l'attività del governo, a tutti i suoi livelli, nazionale e locale;
disporre di una corretta situazione anagrafica consente di conoscere la realtà del territorio e di prevederne gli sviluppi: ad esempio, la realizzazione di investimenti o di servizi;
dalla residenza discende per il cittadino una serie di diritti (allo studio nella scuola dell'obbligo, a sussidi, eccetera) e di doveri (pagamento di tributi, eccetera);
risulta, pertanto, di fondamentale importanza accertare che la residenza anagrafica corrisponda all'effettiva dimora abituale;
preso atto che:
nel comune di San Nicola Arcella (Cosenza) in soli 7 anni, secondo i dati Istat, la popolazione residente è passata da 1.588 abitanti (nel 2008) a 1.934 abitanti (nel 2015), con un incremento del 22 per cento; si tratta però di un numero non corrispondente alla realtà, in quanto circa il 20 per cento della popolazione risiederebbe effettivamente nel comune soltanto nei mesi estivi;
questa fittizia migrazione non è priva di conseguenze per le casse dei Comuni dell'alto Tirreno cosentino, infatti, si traduce in un minore introito tributario, in quanto l'Imu sulle seconde case è pari al 7 o al 10 per mille mentre non si paga per le abitazioni principali;
a fronte di questo fenomeno il Comune di San Nicola Arcella stima un mancato introito dell'IMU di circa 80-100.000 euro all'anno;
il problema delle "residenze fittizie" determina, inoltre, l'elusione dei canoni elettrici che per la prima casa sono agevolati e l'elusione dei canoni assicurativi dei mezzi di locomozione privati (auto e ciclomotori) che in Calabria sono nettamente inferiori alle altre regioni;
inoltre, non mancano ripercussioni a livello regionale, in particolare nel settore della sanità dove appaiono sfalsati i rimborsi che le Regioni ricevono sulla base del numero dei cittadini residenti,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza del fenomeno delle "residenze fittizie" e se non intenda, per quanto di propria competenza, disporre le opportune verifiche per individuare e contrastare i casi di false residenze richieste per ottenere vantaggi fiscali e personali;
se non ritenga opportuno coinvolgere le preposte autorità locali in attività sia preventive che ispettive.