Atto n. 3-02558 (in Commissione)

Pubblicato il 4 febbraio 2016, nella seduta n. 573

BLUNDO , BOTTICI , PUGLIA , GAETTI , PAGLINI , DONNO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

nella legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), precisamente dal comma 842 al comma 861 dell'art. 1, è confluito il contenuto del decreto-legge n. 183 del 2015, recante "Disposizioni urgenti per il settore creditizio", un provvedimento con cui il Governo è intervenuto per "risolvere" la crisi finanziaria di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio della provincia di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara, 4 istituti di credito regionali che erano da tempo sull'orlo della bancarotta e con i bilanci pieni di sofferenze;

la causa principale delle sofferenze sarebbe la facile concessione di crediti, una prassi continuata nonostante il commissariamento di tali istituti di credito da parte di Banca d'Italia;

considerato che:

il salvataggio, voluto dal Governo, si è concretizzato non solo nella creazione di 4 nuovi istituti-ponte che hanno ereditato dalle vecchie banche soltanto le attività "in salute", oltre naturalmente alle filiali e ai dipendenti, ma anche nella contemporanea costituzione di una bad bank comune, cioè di un'unica società in cui sono confluiti invece i crediti deteriorati di tutti e 4 i vecchi istituti, che verranno poi messi in liquidazione. Tale operazione, come illustrato da alcune fonti di stampa (come "Panorama" del 18 dicembre 2015), ha un valore complessivo di 3,6 miliardi di euro e le risorse sono prese da un Fondo di risoluzione, creato appositamente attingendo dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Una volta risanate, le nuove banche create con il salvataggio verranno poi vendute e il ricavato verrà restituito al Fondo di risoluzione. La Cassa depositi e prestiti svolgerà il ruolo di garante del Fondo di risoluzione, cioè nel caso in cui le risorse non fossero sufficienti a completare l'operazione;

l'operazione messa in atto dal Governo ha salvato i dipendenti delle 4 banche, i correntisti e gli obbligazionisti ordinari, ma ha lasciato nei guai migliaia di risparmiatori: circa 130.000 azionisti e poco più di 10.500 clienti che ne avevano sottoscritto i bond subordinati. Si tratta di titoli che espongono i risparmiatori a un grado di rischio molto elevato, simile a quello assunto di chi acquista un'azione. In caso di fallimento della banca emittente, infatti, i titolari delle obbligazioni subordinate sono considerati dei creditori di serie B, i cui diritti patrimoniali possono essere soddisfatti soltanto dopo aver risarcito altri soggetti come appunto i dipendenti, i correntisti o i sottoscrittori dei bond ordinari;

considerato che:

il Fondo di risoluzione, nonostante attinga dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, ha una dotazione di 100 milioni di euro che, a fronte di un ammontare di 350 milioni investiti dai risparmiatori in obbligazioni subordinate, risultano pertanto insufficienti. Pertanto, i risarcimenti saranno parziali e inizialmente andranno soltanto a chi ha comprato le obbligazioni subordinate delle banche (per un'esposizione di circa 27 milioni di euro) e non le azioni, purché si tratti di persone fisiche o di imprenditori titolari di ditte individuali;

per ottenere i rimborsi, bisognerà presentare un'apposita domanda, con tutta la documentazione sull'investimento effettuato, e a stabilire se il risparmiatore ha diritto o meno al risarcimento saranno degli arbitri, nominati da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità ed onorabilità;

ritenuto che sono ancora diversi i punti da chiarire su tali misure previste in favore dei risparmiatori, alla luce soprattutto del fatto che spetterà al Ministero dell'economia il compito di definire, tramite decreto, i criteri con cui verranno scelti i beneficiari dei rimborsi e le modalità di erogazione delle somme di denaro. Notizie di stampa, addirittura precedenti all'inserimento del decreto-legge n. 183 del 2015 nella legge di stabilità per il 2016 (si veda l'articolo prima citato), ipotizzavano la necessità di indennizzare i clienti possessori di bond subordinati, caratterizzati da un maggiore rischio. A lasciare inoltre perplessi gli interroganti, al pari delle più rilevanti associazioni di consumatori come Adusbef, Federconsumatori, Codacons, è la previsione dello strumento dell'arbitrato, di nomina peraltro governativa,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno effettuare un'indagine approfondita delle motivazioni che hanno indotto le dirigenze di queste 4 banche e altri istituti di credito a fare richiesta negli ultimi anni di emissione di obbligazioni subordinate, facendo diventare il ricorso a queste ultime una vera e propria "prassi" a danno dei risparmiatori;

se non ritenga altresì opportuno fornire informazioni dettagliate sui premi di produttività elargiti ai dirigenti delle 4 banche, nonostante gli stessi istituti di credito fossero da tempo in grave sofferenza;

se non ritenga necessario offrire un quadro dettagliato della tracciabilità delle somme raccolte e investite dall'intero sistema bancario e creditizio tramite l'emissione di obbligazioni secondarie, nonché dei settori direttamente coinvolti in questo tipo di operazioni;

se intenda attivarsi, per quanto di competenza, al fine di rendere più rigorosi ed efficaci, anche dal punto di vista normativo, gli strumenti di controllo riconosciuti a Banca d'Italia e alla Commissione nazionale per la società e la borsa;

se e quali iniziative intenda porre in essere per aumentare la dotazione del Fondo di risoluzione, portandola a un livello tale da garantire il risarcimento dell'intera platea di risparmiatori danneggiati.