Pubblicato il 3 novembre 2015, nella seduta n. 534
GAETTI , MORRA , TAVERNA , MORONESE - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute. -
Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
in un'area di 7 ettari sita in località Cancello Magdaloni, nel comune di Rende (Cosenza), ha operato per molti anni la Legnochimica Srl, un'azienda chimica specializzata nell'estrazione del tannino dal legno e nella produzione di pannelli di legno;
la Legnochimica Srl ha una storia trentennale, iniziata nel 1969, quando una ditta piemontese, grazie agli incentivi di Stato, ha rilevato una società locale impegnata nella lavorazione del legno, da cui estraeva il tannino da utilizzare poi nel settore conciario. Nei primi anni '80, forse a causa del termine dei primi aiuti di Stato, l'impresa ha cominciato a mostrare i primi evidenti segni di crisi; l'attività non avrebbe avuto la fattibilità economica necessaria per restare autonomamente sul mercato e per questo, nel corso degli anni, avrebbe fatto ricorso a continui ed abbondanti contributi pubblici, che hanno permesso ogni volta di riprendere alcune lavorazioni sospese e di porre momentaneamente termine al periodico ricorso alla cassa integrazione;
in virtù di un contributo pubblico ammontante a 40 miliardi di lire, nel 2000 viene realizzata una centrale a biomasse che prevede l'utilizzo degli scarti legnosi. Ciò non ha comunque evitato che nel 2003 cessassero tutte le attività della Legnochimica che, dopo aver venduto nel 2001 l'impianto a biomasse e nel 2002 parte dei macchinari e un terreno di proprietà, per una cifra intorno ai 38 milioni di euro, nel 2006 ha deciso tramite l'assemblea dei soci di porre in liquidazione la società;
la materia prima utilizzata per l'estrazione del tannino era costituita da legno di castagno, mentre per la produzione dei pannelli venivano impiegati legni bianchi e castagno detannizzato. Il processo di lavorazione per l'estrazione del tannino produceva, oltre al tannino, residui di fibre di legno che, al termine delle fasi di lavorazione, venivano accumulati nel piazzale di pertinenza dei capannoni di proprietà della Legnochimica, siti in contrada Lecco;
l'intero processo era sostenuto dall'impiego di una matrice acquosa per la cottura delle fibre di legno, che al termine delle fasi di lavorazione in cui il ciclo di produzione si articolava, veniva scaricata in bacini artificiali per la decantazione delle fibre di legno vergine, per poi essere riciclata in testa alla linea. I residui di lavorazione, black liquor, venivano quindi sversati sul terreno, all'interno dei mega-bacini privi delle più elementari norme di isolamento; la mancata impermeabilizzazione degli stessi bacini artificiali provocherà, in seguito, l'inquinamento delle falde acquifere;
il ciclo di produzione dei pannelli in fibra di legno ad umido consisteva nella cottura a vapore del castagno detannizzato e del legno bianco per ottenere una massa fibrosa che, sottoposta a pressatura e contestuale cottura, veniva trasformata in pannelli. Anche questo processo era assistito da acqua che, oltre ad essere veicolo delle fibre legnose, era necessaria per la cottura delle stesse. L'acqua veniva eliminata durante la fase di pressatura delle fibre e successivamente convogliata nei laghi artificiali, per essere poi immessa in circolo in testa alla linea di produzione;
da immagini satellitari risalenti alla fine degli anni '90, si può certificare l'esistenza di 8 laghi artificiali creati dall'azienda. Oggi, con lo stesso strumento, si possono individuare solo 3 laghi presenti sul territorio, gli altri 5 sono stati interrati senza aver intrapreso nessuna operazione di bonifica e, addirittura, sopra 2 sono stati edificati alcuni capannoni;
considerato che:
l'ufficio del commissario delegato per l'emergenza ambientale nella Regione Calabria si è ritrovato spesso ad occuparsi della Legnochimica e della situazione che, nel corso degli anni, si è creata a Rende e con diverse ordinanze, n. 1275 del 21 febbraio 2001, n. 1981 del 5 agosto 2002 e n. 3330 del 2 febbraio 2005, ha approvato il progetto di recupero territoriale ambientale di alcuni bacini artificiali mediante l'abbanco di ceneri da biomasse miste a scarti legnosi;
nell'agosto 2008, si è sviluppato un incendio sui terreni dell'area ex Legnochimica, con fiamme di oltre 6 metri che interessavano i mega-bacini (o "vasche" o "laghi") per poi estendersi all'intera area, provocando la combustione delle sostanze liquido-melmose contenute all'interno;
intorno alla zona, specie quella a nord della Legnochimica, spesso si avverte un odore pungente che, nei casi più gravi, si percepisce anche ad alcuni chilometri di distanza; inoltre, le persone coinvolte lamentano prurito, difficoltà respiratorie, nonché bruciori agli occhi ed alla gola, tanto da avere un senso di soffocamento;
l'Agenzia regionale per l'ambiente della Calabria (Arpacal) ha effettuato una serie di controlli atmosferici e diverse analisi su campioni di materiale presente nei laghi e su campioni di acque sotterranee, riscontrando la presenza di inquinanti in concentrazione superiore ai valori limite previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006. I rilievi effettuati dall'Arpacal sulle acque sotterrane dei bacini artificiali hanno rivelato una contaminazione dell'area da sostanze cancerogene, in concentrazioni significative tali che, in alcuni campioni di rifiuti prelevati nei laghi di accumulo e, alla profondità di un metro, veniva accertata la presenza di altre sostanze cancerogene di categoria 1 e 2;
l'ingegner Ernesto Infusino, nominato consulente tecnico di ufficio dal tribunale di Cosenza (causa civile n. 4217/05), ha depositato una perizia in cui si accertava l'esposizione ultradecennale dei lavoratori della Legnochimica alle fibre di amianto. Nello stabilimento, durante le lavorazioni, la concentrazione di polveri di amianto erano superiori ai valori limite di 0,1 fibre per centimetro cubo fissati dall'art. 24 del decreto legislativo n. 277 del 1991. Oltre a parti di rivestimento e guarnizioni dei macchinari, realizzati con materiali contenenti fibre di amianto, anche la copertura e i muri di tamponamento dello stabilimento e la copertura dell'area parcheggio erano stati realizzati con lastre di eternit. Le tubature all'interno delle caldaie usate per produrre l'acido tannico erano rivestite con fasciature in materiale contenente amianto, come pure le guarnizioni. La perizia metteva a nudo anche le diverse analisi effettuate, soprattutto le indagini della Ledorex Sud nel 2001, una volta subentrata alla Legnochimica, che consigliavano ripetutamente di dismettere e/o confinare la copertura dello stabilimento che rilasciava nell'aria fibre di amianto, altamente cancerogeno;
nel luglio 2011, la procura della Repubblica di Cosenza ha posto sotto sequestro l'intera area e ha incaricato il professor Crisci (oggi rettore dell'università della Calabria) di redigere apposita consulenza tecnica, nella quale si certificava una situazione estremamente grave dello stato di inquinamento dell'area, tale da ritenere che la falda acquifera, sotto ed in prossimità dei bacini artificiali, risultasse gravemente contaminata, anche in profondità, e che la contaminazione si fosse estesa oramai ai pozzi esistenti in zona;
il sostituto procuratore della Repubblica, dottor Giuseppe Casciaro, ha sostenuto che gli esiti delle analisi chimiche sulle acque dei pozzi destavano sicuro ed accentuato allarme per la salute della cittadinanza, poiché le acque attinte da alcuni di questi pozzi erano abitualmente impiegate per l'irrigazione di orti e l'abbeveraggio di animali destinati all'alimentazione umana, nonché per l'irrigazione dei fondi agricoli e che l'inquinamento da metalli pesanti, come alluminio, manganese e ferro si rilevava sicuramente tossico o con potenziale tossicità, in ragione della dose di assorbimento, da poter avere effetti gravemente pregiudizievoli per la salute umana;
nel Consiglio comunale di Rende dell'11 maggio 2012 si faceva riferimento a 4 milioni di euro stanziati dalla Regione Calabria per la bonifica;
in diverse occasioni, nei giorni più caldi dell'estate, nell'area si verificano combustioni spontanee e incendi, come si può leggere nel verbale redatto dall'ingegner Gallo, dirigente del Comune di Rende, e riportato nella delibera di Giunta comunale n. 152 del 21 dicembre 2012, in cui viene riscontrata nell'area ex Legnochimica la presenza di accumuli di residui legnosi, che presentano numerosissimi focolai di incendio con emissione di fumi acri e maleodoranti sprigionatasi dai sottostanti strati precedentemente non rimossi;
nel mese di agosto 2013, il comando della stazione forestale di Rende poneva sotto sequestro circa 40.000 metri cubi di rifiuti prodotti in passato dall'ex complesso industriale Legnochimica e stoccati da anni su un terreno di sua proprietà limitrofo all'ex area industriale in località Magdaloni;
nel corso delle indagini, il personale del Corpo forestale accertava che il titolare di un'impresa rendese stava procedendo alla rimozione di rifiuti speciali su una vasta area, in cui risultano ancora accumulati diverse migliaia di metri cubi di rifiuti formalmente provenienti dagli impianti dell'ex Legnochimica;
a seguito dei controlli effettuati sulla documentazione eseguita e successivamente sulle verifiche in sito, il Corpo forestale accertava che i rifiuti stoccati non sono i sottoprodotti della lavorazione del legno che veniva effettuata nell'ambito dell'ex complesso industriale, bensì risultavano essere una mescolanza di rifiuti di varia natura e classificati, ai fini della normativa vigente come rifiuti speciali completamente allo stato di abbandono;
nel 2014, la rete televisiva locale "TeleCosenza" ha realizzato un servizio (pubblicato in data 1° aprile 2014 sul sito "Youtube"), relativamente alla comparsa nella zona vicino alla Legnochimica di strane pozzanghere di color giallo ruggine, che sembrano affiorare dal terreno per tracimazione, liquami giallastri emananti odore forte e nauseabondo;
nel 2014, il piano di bonifica proposto dalla Legnochimica è stato accettato dal commissario straordinario del Comune di Rende, Maurizio Valiante, nonostante la bocciatura ricevuta dalla conferenza dei servizi;
per Arpacal, Regione Calabria, Provincia di Cosenza e Comune di Rende, i liquami prodotti da Legnochimica non sono acque di scarico, ma rifiuti speciali, che presentano percolato, da smaltire secondo precise procedure;
il progetto presentato dalla Legnochimica prevede esclusivamente che i liquami siano aspirati, puliti in loco e scaricati nelle fognature o nel corso del fiume più vicino, senza un'effettiva depurazione dei fanghi, mentre, secondo le autorità sanitarie, i liquami andrebbero aspirati, messi in un autobotte, portati ad un depuratore abilitato e solo successivamente scaricati;
risulta agli interroganti che, nei primi mesi del 2015, sul quotidiano locale "Le cronache del garantista", si evidenziava l'alto numero dei malati di cancro residenti nei pressi dell'area dell'ex Legnochimica nell'ultimo decennio. In particolare, destano allarme gli elevati casi di tumore all'apparato digerente, molto rari per trovarne di così numerosi, in una stessa area e a poco tempo di distanza uno dall'altro. Negli articoli, si narra la preoccupazione dei medici di famiglia e degli operatori sanitari che lamentano la mancanza di un registro dei tumori. Diverse donne abitanti nel perimetro inquinato si sono ammalate di tumore al seno, mentre numerosi sono stati anche i casi di tumori polmonari, le cui cause potrebbero essere ricercate nell'eternit di cui erano costituiti i capannoni della società;
a settembre 2015, la Polizia provinciale di Cosenza, dando seguito ai numerosi interventi effettuati nel mese di agosto 2015 da parte dei Vigili del fuoco, ha chiesto all'Arpacal i dati rilevati nell'area ex Legnochimica. I valori evidenziano un quadro di inquinamento piuttosto preoccupante. Per tale motivo, il sostituto commissario, Maria Antonietta Pignataro, inviava una comunicazione di reato alla procura della Repubblica di Cosenza;
nell'esposto si evidenzia come, nelle vasche della zona di contrada Lecco, si siano sviluppati alcuni focolai di notevoli dimensioni, in presenza di cumuli di scarti industriali, con fuoriuscita di esalazioni di fumi. Per questo motivo, la Polizia provinciale ha chiesto un sopralluogo urgente all'Arpacal di Cosenza per la verifica delle emissioni in atmosfera ed il campionamento del materiale presente nei siti. Le analisi svolte sul posto da un tecnico del servizio Suolo e rifiuti e da altro personale del servizio Aria per il campionamento e le analisi delle emissioni gassose sprigionate dalla combustione individuano nella zona interessata dalla ricaduta dei fumi una concentrazione consistente di IPA (Benzo (a) pirene) e metalli (in particolare nichel). Per questi motivi, la Polizia provinciale ha provveduto ad inviare una dettagliata informativa alla procura di Cosenza, ipotizzando la configurazione del reato di combustione illecita di rifiuti;
considerato infine che il 3 settembre 2015, a conferma del preoccupante stato di abbandono dei luoghi, il sindaco di Rende ha trasmesso alla procura di Cosenza i dati analitici dei campioni di aria nell'area Legnochimica, con la richiesta di condanna per coloro che risulteranno essere responsabili dei reati di deposito incontrollato di rifiuti, di omessa bonifica e di qualunque altro reato collegato ai fatti esposti,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e, in particolare, della maggiore insorgenza di patologie nella zona di Rende;
quali iniziative, anche in virtù della nuova normativa sugli ecoreati e nei limiti delle proprie attribuzioni, intendano intraprendere con urgenza, al fine di controllare, verificare e salvaguardare la salute e le condizioni di vita dei cittadini della suddetta zona, anche promuovendo l'istituzione di un apposito registro tumori;
se risulti che siano stati stanziati fondi pubblici;
quali iniziative di competenza siano state intraprese relativamente alle citate criticità e quale sia l'effettivo stato della bonifica del sito, nonché la qualità dell'aria, lo stato della falda, vista la consulenza tecnica del professor Crisci del 2011, e dei luoghi, con particolare riferimento ai bacini artificiali interrati;
se non ritengano, per quanto di competenza, di dover convocare con urgenza un tavolo, con tutti gli attori coinvolti, per agevolare al più presto l'avvio della bonifica del sito inquinato, il cui iter, iniziato circa 10 anni fa, a giudizio degli interroganti sembrerebbe essere bloccato a livello locale da continui rimandi di responsabilità.