Atto n. 3-02269 (in Commissione)

Pubblicato il 8 ottobre 2015, nella seduta n. 520
Trasformato

LUCIDI , MARTELLI , MORONESE , PUGLIA , GIARRUSSO , TAVERNA , CATALFO , PAGLINI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute. -

Premesso che:

l'INAIL all'inizio degli anni '90 acquista uno stabile a Roma, in via Ferruzzi 40/via Stefano Gradi 55, stabile che in seguito risulterà interessato da una massiccia presenza di amianto in forma friabile (quella maggiormente pericolosa per il rischio cancerogeno), motivo per il quale risulta che lo stesso verrà sottoutilizzato;

nel giugno 2010 l'ISPESL (Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro) viene accorpato nell'INAIL, conseguentemente tra il 2014 e 2015 l'INAIL dispone lo spostamento di una congrua parte del personale presso lo stabile;

a seguito di ciò il sindacato UGL (Unione generale del lavoro) invia una serie di circolari per avere conferma del fatto che l'ente pubblico fosse al corrente di trasferire i propri dipendenti in un luogo a forte rischio per la salute;

all'inizio del 2015, il sindacato UGL predispone un accesso agli atti tramite l'avvocatura dell'Osservatorio nazionale amianto con il quale si ha conferma che nello stabile sono presenti ingenti quantità di amianto in forma potenzialmente cancerogena;

considerato che:

con il decreto legislativo n. 277 del 1991 viene recepita la direttiva 83/477/CEE, che, al capo terzo, formula le norme sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro;

la legge n. 257 del 1992, riconosciuta la pericolosità dell'amianto e in attuazione di specifiche direttive comunitarie, ha dettato norme per la cessazione dell'impiego dell'amianto e per il suo smaltimento controllato, stabilendo il divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di amianto, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo è fissato al 28 aprile 1994, termine poi derogato da normative successive;

i rifiuti di amianto o contenenti amianto sono definiti dall'art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 257 del 1992 come "i materiali di scarto delle attività estrattive di amianto, i detriti e le scorie delle lavorazioni che utilizzano amianto, anche provenienti dalle operazioni di decoibentazione nonché qualsiasi sostanza o qualsiasi oggetto contenente amianto che abbia perso la sua destinazione d'uso e che possa disperdere fibre di amianto nell'ambiente in concentrazioni superiori a quelle ammesse";

la legge, tuttavia, non disciplina in maniera specifica le procedure da utilizzare nei diversi casi, ma rimanda alla successiva emanazione di una lunga serie di dispositivi di attuazione divisi fra norme nazionali predisposte dalla commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto, e norme regionali, le quali devono conformarsi al decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994 aderendo a determinate indicazioni;

l'esposizione professionale ad amianto, inoltre, è stata oggetto di provvedimenti legislativi specifici già con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, che istituisce un particolare trattamento assicurativo per i lavoratori affetti da asbestosi e stabilisce le norme (tuttora in vigore) per la sorveglianza sanitaria preventiva e periodica;

in attuazione della legge n. 257 del 1992 sono stati emanati numerosi provvedimenti volti, tra l'altro, a definire le modalità di predisposizione dei "piani regionali amianto" (previsti dall'art. 10), di valutazione del rischio amianto, di gestione dei manufatti contenenti amianto nonché le tipologie di interventi per la bonifica, tra l'altro al fine di procedere al censimento dei siti interessati da attività di estrazione dell'amianto al censimento delle imprese che utilizzano o abbiano utilizzato amianto nelle rispettive attività produttive, nonché delle imprese che operano nelle attività di smaltimento o di bonifica;

il decreto ministeriale 6 settembre 1994, recante "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art. 6, comma 3, e dell'art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto", delinea le metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica di materiali contenenti amianto presenti nelle strutture edilizie, e si applica a strutture edilizie ad uso civile, commerciale o industriale aperte al pubblico o comunque di utilizzazione collettiva in cui sono in opera manufatti e/o materiali a contenenti amianto dai quali può derivare una esposizione a fibre aerodisperse;

con la legge n. 93 del 2001 e il relativo decreto ministeriale n. 101 del 2003, è stata posta in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la realizzazione, di concerto con le Regioni, della mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale, il -piano nazionale amianto;

con il successivo decreto legislativo n. 36 del 2003 sono state inoltre emanate nuove norme per lo smaltimento dell'amianto, nell'ambito della nuova disciplina delle discariche di rifiuti, nonché le regole per la mappatura e gli interventi di bonifica urgenti (decreto ministeriale n. 101 del 2003); è stato altresì introdotto l'obbligo di iscrizione all'albo nazionale dei gestori dei rifiuti (ora albo nazionale gestori ambientali) per le imprese di bonifica da amianto, obbligo oggi contemplato dall'art. 212, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006;

il decreto legislativo n. 81 del 2008, recante "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro", prevede, inoltre, una serie di disposizioni sulla protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto, individuando appositi obblighi in capo al datore di lavoro;

in materia di amianto e precisamente "sulle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente" è intervenuta più volte l'Unione europea, tra l'altro con la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013, 2012/2065 (INI), esortando gli Stati membri a cooperare per un'attuazione efficace e incontrastata della normativa europea in materia di amianto e a intensificare le ispezioni ufficiali, invitando gli Stati membri a portare avanti la progressiva eliminazione dell'amianto nel minor tempo possibile;

considerato inoltre che, per quanto risulta agli interroganti:

il sindacato UGL, vista la destinazione prefissata dall'INAIL a fini istituzionali di sedi aperte al pubblico, luogo di lavoro per centinaia di dipendenti, ha richiesto, secondo quanto detta il decreto ministeriale 6 settembre 1994, che si procedesse ad un censimento accurato dell'amianto presente, altresì verificando lo stato di conservazione di quest'ultimo (già apparso degradato dai documenti consultati con il citato accesso agli atti);

l'INAIL avrebbe risposto chiarendo che sono stati effettuati prelievi dell'aria, dai quali non è emersa la presenza di fibre di amianto;

considerato infine che:

la legislazione spiega le ragioni, con tutti i relativi particolari tecnici, per i quali questa tipologia di operazione (prelievi dell'aria) viene considerata insufficiente a garantire un luogo salubre, in quanto si esplica la necessità di individuare con precisione l'amianto presente e il suo stato di conservazione già descritto in parte dai documenti consultati dall'avvocatura dell'Osservatorio nazionale amianto;

l'UGL ha presentato formale denuncia presso la Procura della Repubblica di Roma in data 23 marzo 2015 e presso il nucleo Carabinieri del NOE (nucleo operativo ecologico) in data 25 maggio,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo considerino sufficienti le analisi dell'aria svolte dall'INAIL, anche alla luce dei riferimenti normativi citati;

se non ritengano opportuno predisporre esami accurati dell'intero stabile, garantendo sia ai cittadini che ai dipendenti un luogo pubblico sicuro per la salute;

come considerino lo spostamento degli uffici presso uno stabile nel quale non sembrerebbero essere rispettate le norme vigenti in materia di sicurezza sul lavoro e se non intendano verificare eventuali responsabilità aziendali riguardanti tale deliberazione;

quali provvedimenti intendano assumere, qualora venga verificata la contaminazione dello stabile, e quali iniziative, nei limiti delle proprie attribuzioni, intendano adottare per impedire il protrarsi di situazioni analoghe che espongono a pericolo la salute dei lavoratori.