Atto n. 3-02220 (in Commissione)

Pubblicato il 24 settembre 2015, nella seduta n. 511

CATALFO , GIROTTO , MARTELLI , GIARRUSSO , BERTOROTTA , SANTANGELO , PUGLIA , PAGLINI , SERRA , BLUNDO , AIROLA - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico. -

Premesso che:

secondo quanto contenuto nella nota informativa su audizione del 30 luglio 2015 del direttore generale dottor S. Laporta, presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati, in Italia sono presenti ingenti quantitativi di rifiuti radioattivi, generati nel corso del pregresso programma nucleare nell'ambito del quale sono stati eserciti centrali elettronucleari, impianti del ciclo del combustibile, centri di ricerca, ex reattori di ricerca militari. A questi si aggiungono i rifiuti prodotti dalle attività connesse agli impieghi delle sorgenti di radiazioni in campo medico, industriale e di ricerca;

i rifiuti di origine energetica sono tuttora immagazzinati nei siti in cui sono stati prodotti: una parte è già stata "trattata e condizionata", cioè sottoposta ai processi di riduzione di volume e di immobilizzazione in forme fisiche idonee allo smaltimento in un apposito impianto. La maggior parte è tuttavia ancora stoccata in forma (sia liquida che solida) non condizionata. I rifiuti radioattivi che attualmente vengono prodotti derivano principalmente dalle attività di mantenimento in sicurezza e di decommissioning delle installazioni;

ai rifiuti di origine energetica si aggiungono quelli prodotti nelle attività mediche, industriali e di ricerca dove vengono impiegate sostanze radioattive. È in particolare il settore della sanità nel quale vengono impiegati radiofarmaci a fini diagnostici e terapeutici e nella produzione di rifiuti radioattivi di origine industriale;

secondo recenti stime elaborate dall'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel dicembre 2013, sulla base dei dati forniti dagli operatori, il totale dei rifiuti radioattivi è di 30.025 metri cubi;

ai rifiuti presenti si aggiungeranno, nel prossimo futuro, quelli che saranno generati dallo smantellamento delle installazioni nucleari, stimabili in alcune decine di migliaia di metri cubi di rifiuti condizionati. In più occorre considerare i rifiuti condizionati che rientreranno in Italia dall'Inghilterra e dalla Francia, derivanti dalle operazioni di riprocessamento del combustibile irraggiato, che ammontano rispettivamente a circa 20 e 50 metri cubi, rifiuti che non dovrebbero essere contenuti in un deposito di superficie, ma che dovranno comunque trovare una collocazione;

considerato che:

il nostro Paese non è ancora dotato di una struttura centralizzata per la definitiva messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, in contrasto con quanto previsto dalla direttiva 2011/70/Euratom, recepita con il decreto legislativo n. 45 del 2014, ai sensi della quale anche l'Italia deve definire ed attuare una strategia di gestione dei rifiuti radioattivi, dalla fase di generazione a quella di smaltimento;

l'ISPRA ha consegnato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero dello sviluppo economico l'aggiornamento della relazione prevista dal decreto legislativo n. 31 del 2010 sulla proposta della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi predisposta dalla Sogin SpA (Società gestione impianti nucleari);

tale aggiornamento era stato richiesto dai Ministeri affinché l'istituto svolgesse verifiche, ai fini della validazione dei risultati cartografici ed in merito alla coerenza degli stessi con i criteri stabiliti dalla guida tecnica n. 29 dell'ISPRA e dalla IAEA (International atomic energy agency), sulla revisione operata dalla Sogin nel recepire i rilievi formulati dall'istituto stesso sulla proposta CNAPI già presentata nel mese di gennaio 2015;

considerato, altresì, che:

entro settembre 2015 doveva essere resa pubblica la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito di rifiuti radioattivi, ma tale pubblicazione è stata rinviata a data da destinarsi;

da indiscrezioni giornalistiche confermate (si veda un articolo online su "agira" del 7 agosto 2015), tra l'altro dal presidente della Commissione miniere dismesse dell'Unione regionale delle province siciliane, Giuseppe Regalbuto, nell'elenco CNAPI sarebbero presenti diverse zone della Sicilia e tra esse la provincia di Enna e le aree limitrofe, che potrebbero essere adibite a deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Uno di questi siti sembrerebbe essere il giacimento di salgemma in provincia di Enna, sito individuato tra Agira, Leonforte e Nissoria;

scegliere ancora una volta il territorio di Enna, già martoriato e in perenne attesa della bonifica dei siti già inquinati, come area di deposito delle scorie radioattive significherebbe decretare il definitivo arresto e arretramento dello sviluppo economico dell'intera provincia, i cui punti forza sono proprio costituti dall'ambiente e dalla presenza del lago Pozzillo dal turismo di qualità e da un agricoltura a prevalenza biologica;

considerato, inoltre, che:

la presenza di falde acquifere nel territorio e la vicinanza al vulcano attivo dell'Etna sono in contrasto con i requisiti richiesti dalla guida tecnica n. 29 dell'ISPRA in merito al deposito di rifiuti radioattivi;

la presenza del lago Pozzillo, sito di interesse comunitario e delicato habitat di rare specie migratorie, è il bacino artificiale più grande di Sicilia e la sua acqua è utilizzata per irrigare, con costanza da oltre 60 anni, i territori a valle della diga Pozzillo e tutta la piana di Catania;

l'acqua della diga rappresenta il 70 per cento del fabbisogno irriguo di tutta la Sicilia orientale e la stessa è alimentata dallo sbarramento del fiume Salso, che attraversa tutti i territori ad ovest di Regalbuto riversandosi sul bacino del Pozzillo;

considerato, infine, che:

non esistono, ad oggi, soluzioni concrete al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o dal loro decomissioning. Le circa 250.000 tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotte fino ad oggi nel mondo sono tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivo, stoccati in depositi "temporanei" o lasciati negli stessi impianti dove sono stati generati;

la guida tecnica n. 29 dell'ISPRA, che identifica la "carta di identità" del deposito, fa riferimento a criteri di esclusione per depositi di scorie a media e bassa attività, ma nulla dice sugli eventuali criteri di esclusione per i deposito di rifiuti a lunga durata, che tuttavia sembrerebbero destinati ad essere ospitati nello stesso deposito;

il decreto legislativo n. 31 del 2010, all'art. 2, comma 1, lettera e), definisce il deposito nazionale quale deposito "allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari";

il deposito unico nazionale conterrà al suo interno un parco tecnologico che ospiterà un centro di studi e sperimentazione;

la permanenza di scorie nucleari all'interno del territorio siciliano sarebbe disastrosa per tutta la regione, in quanto potrebbe mettere in pericolo, attraverso la contaminazione delle falde acquifere, non solo la salute dei cittadini, ma anche il settore agricolo e alimentare. Sono numerosi, infatti, i prodotti alimentari tipici che si fregiano dei marchi DOP e IGP,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e di altri casi similari;

se si intenda utilizzare il giacimento di salgemma ad Agira o qualunque altro sito per lo stoccaggio dei rifiuti ad alta radioattività;

se vi sia stata fondata manifestazione di interesse da parte degli enti locali all'ospitare il deposito di superficie;

quali siano gli effettivi standard di sicurezza per lo stoccaggio di tale materiale visto che nel decreto legislativo n. 31 del 2010 e nella guida tecnica n. 29 dell'ISPRA non vengono menzionati;

quali operazioni di ricerca e sperimentazione saranno eventualmente svolti nel parco tecnologico e quale sia il grado di pericolosità per la popolazione circostante;

se le indiscrezioni di stampa e le dichiarazioni rese da alcune cariche istituzionali siano fondate, e, nel caso in cui lo siano, se non vi sia una palese violazione del segreto di Stato apposto sulla CNAPI.