Pubblicato il 10 febbraio 2015, nella seduta n. 387
CROSIO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che:
gli organi di stampa nei giorni scorsi hanno riportato la notizia relativa ad alcuni piloti di una compagnia aerea italiana che, a causa di un piano di riorganizzazione aziendale, avrebbero beneficiato di consistenti trattamenti previdenziali dalla compagnia aerea di appartenenza, quali ad esempio la cassa integrazione guadagni straordinari, l'indennità di mobilità e il trattamento previdenziale dello speciale fondo trasporto aereo;
i competenti istituti previdenziali avrebbero loro corrisposto circa 7.000 euro, pari approssimativamente all'80 per cento dell'ultima retribuzione ed essi avrebbero continuato a percepire tale cifra anche quando sono stati assunti da altre compagnie non italiane, tutte con sede principale presso Paesi del medio e dell'estremo Oriente e hanno pertanto cominciato a percepire un regolare stipendio di circa 9.000 euro dai nuovi datori di lavoro;
dopo i primi casi accertati nel corso del 2011, la Guardia di finanza di Verona, in collaborazione con l'INPS, ha riscontrato ulteriori casi di piloti, tutti dipendenti di compagnie aree nazionali, indebiti percettori di trattamenti previdenziali. Tra il 2009 e il 2013 la "truffa" perpetrata ai danni dell'Inps avrebbe permesso a questi soggetti di percepire trattamenti previdenziali per circa 850.000 euro. L'indagine ha comportato la denuncia dei 15 indebiti percettori alla competente autorità giudiziaria, interessando 8 procure della Repubblica per le ipotesi di reato di indebita percezione di erogazione a danno dello Stato e di truffa ai danni dello Stato;
fra questi il caso più eclatante è stato quello di un pilota che, per circa 2 anni, ha percepito la cassa integrazione da una compagnia aerea italiana per un totale di 175.000 euro e, contemporaneamente, ulteriori 161.000 euro da una compagnia aerea del Medio Oriente presso la quale era stato assunto in qualità di comandante,
si chiede di sapere se alla luce di quanto riportato in premessa, il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno intervenire tempestivamente, nelle more dell'attuazione dei decreti delegati di riforma del lavoro di cui al "Job Act" (legge n. 183 del 2014), rivedendo le modalità e le disposizioni relative all'attività di vigilanza e di ispezione in materia di trattamenti di integrazione salariale.