Pubblicato il 21 gennaio 2015, nella seduta n. 381
CROSIO , VOLPI - Al Ministro della salute. -
Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, l'ambasciata del Qatar avrebbe fatto pervenire una propria missiva all'amministrazione dell'ospedale fondazione IME (Istituto mediterraneo di ematologia) con la quale si chiedeva espressamente la rimozione di un dipendente della struttura ospedaliera convenzionata per essersi comportata, secondo gli scriventi, in modo inappropriato nei confronti di una cittadina del Qatar parente di una paziente presa in carico dalla struttura;
stando sempre alle notizie pubblicate, il caso non è isolato. Considerato che la struttura ospedaliera risulta essere un'eccellenza a livello internazionale, diversi cittadini arabi del Qatar e del Kuwait ricorrono, in regime privatistico, al ricovero nella struttura in caso di malattie ematologiche. I pazienti e i loro familiari però, spesso, nella consapevolezza di usufruire della struttura dietro pagamento, pensano di poter agire e comportarsi in violazione dei protocolli medici dell'ospedale e quando si vedono ostacolati nei loro intenti non accettano di sottostare ai regolamenti e alle normative italiane, rifiutando qualsiasi collaborazione e anche esercitando una pressione nei confronti dei Governi di provenienza per intimare al personale medico e paramedico un comportamento riverente verso i propri capricci;
quanto accaduto è desumibile da un'intervista rilasciata su un noto quotidiano dalla caposala che è stata oggetto della richiesta di rimozione dalle proprie responsabilità con una lettera destinata alle cariche apicali della struttura ospedaliera inviata dall'ambasciata del Qatar. La dipendente si sfoga raccontando diversi episodi dove palesemente si evidenzia un comportamento capriccioso e arrogante di queste persone che credono, vista la loro posizione economica e privilegiata, di poter aggirare qualsiasi regola;
a titolo esemplificativo, nell'intervista si fa riferimento ad una donna proveniente dal Kuwait familiare di un paziente ricoverato che si è rifiutata di indossare i camici sterili per accedere ad un'area riservata e protetta dell'ospedale perché inconciliabili con i tradizionali abiti (burqa) legati alla propria fede religiosa;
a giudizio degli interroganti tali atteggiamenti, purtroppo, stupiscono poco considerato che il nostro Paese e l'Europa tutta oramai da tempo hanno rinunciato alle proprie tradizioni alla propria cultura e alle propri radici. È però certamente paradossale pensare che persone provenienti da Stati che rifiutano qualsiasi compromesso quando si tratta di rispettare le proprie regole e consuetudini possano intromettersi in modo così inopportuno su questioni come quelle citate;
oltre, da un lato, a riscontrare una manifesta incapacità da parte di persone di religione islamica di rispettare le regole e le leggi degli altri Paesi che non hanno come fondamento i principi dogmatici islamici, dall'altro lato in questa vicenda si palesa un atteggiamento che appartiene ad un "regime plutocratico" che poco a che vedere con il nostro sistema sanitario dove le medesime tutele e garanzie nel rispetto del principio ex articolo 32 della Costituzione sono garantite a tutti senza distinzione di classe sociale o di reddito,
gli interroganti ritengono che, nel rispetto del principio della sovranità nazionale, non si dovrebbero più tollerare lettere e intimazioni come quelle descritte,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative di competenza intenda attuare al riguardo.