Pubblicato il 20 novembre 2014, nella seduta n. 356
TOMASELLI , FABBRI , ORRU' , COLLINA , SAGGESE - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -
Premesso che:
il settore turistico-balneare, con il 31 per cento dell'offerta e il 36,5 per cento della domanda, costituisce il principale prodotto turistico italiano in un comparto che produce il 10,3 per cento del PIL nazionale;
al successo di questo settore contribuiscono, in maniera decisiva, 30.000 imprese con oltre 100.000 addetti diretti, quasi tutte a gestione familiare, che offrono servizi per la balneazione su aree demaniali marittime oggetto di concessione amministrativa;
l'assetto normativo incentrato sul codice della navigazione (di cui al regio decreto n. 347 del 1942, e successive modificazioni e integrazioni) che ha sin qui garantito la stabilità delle imprese e la durata delle aziende è stato oggetto di interventi della Commissione europea che ne hanno pregiudicato la funzionalità;
la Commissione europea, con lettera di costituzione in mora del 2 febbraio 2009, ha avviato nei confronti dello Stato italiano la procedura di infrazione n. 4908/2008 ritenendo che l'art. 37 del codice della navigazione italiano fosse in contrasto con l'art. 43 del trattato che istituisce la Commissione europea (ora art. 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE), poiché prevedeva un diritto di preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di assegnazione delle concessioni configurando, con ciò, una restrizione alla libertà di stabilimento e una discriminazioni fra operatori economici;
a seguito di tali rilievi, il legislatore italiano è intervenuto con l'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, disponendo la soppressione del secondo periodo del comma 2 dell'art. 37 del codice della navicazione, nella parte in cui accordava la preferenza al concessionario in scadenza;
con la stessa disposizione, al fine di addivenire a un generale riordino della materia da effettuarsi entro il 31 dicembre 2015, si è proceduto a rinviare a tale data la scadenza delle concessioni demaniali marittime in essere;
poiché in sede di conversione del decreto-legge n. 194 del 2009 si era aggiunto un rinvio all'art. 01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, così come modificato dall'art. 10, comma 1, della legge 18 marzo 2001, n. 88, che garantiva il rinnovo automatico delle concessioni, la Commissione europea, con una lettera del 5 maggio 2010 nell'ambito della medesima procedura di infrazione, ha ritenuto che tale rinvio vanificasse l'adeguamento ai principi comunitari effettuato con il decreto-legge n. 194 del 2009;
in seguito a questi ulteriori rilievi, il legislatore italiano con l'art. 11, comma 1, lettera a), della legge 15 dicembre 2011, n. 217, ha abrogato il già citato comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993;
in conseguenza di questi interventi legislativi, la Commissione europea, in data 27 febbraio 2012, ha archiviato la procedura di infrazione n. 4908/2008;
il riordino della materia delle concessioni demaniali marittime ha incontrato oggettive difficoltà derivanti sia dall'attuale assetto costituzionale nel riparto delle competenze fra Stato e Regioni ex art. 117 della Costituzione sia per la presenza dei diritti dei concessionari derivanti dalla normativa previgente abrogata meritevoli di attenta considerazione anche al fine di evitare un pericoloso contenzioso in danno dell'erario;
i diversi interventi legislativi sulla materia effettuati dalle Regioni (legge regionale Emilia-Romagna 23 luglio 2009, n. 8; legge regionale Toscana 23 dicembre 2009, n. 77; legge regionale Marche 11 febbraio 2010, n. 7; legge regionale Veneto 16 febbraio 2010, n. 13; legge regionale Abruzzo 18 febbraio 2010, n. 3) sono stati tutti oggetto di contenzioso davanti alla Corte costituzionale che li ha dichiarati incostituzionali vertendo in tema di concorrenza, competenza esclusiva dello Stato (sentenze della Consulta n. 180 del 20 maggio 2010; n. 233 del 1° luglio 2010; n. 340 del 26 novembre 2010 e n. 213 del 18 luglio 2011);
il processo di trasferimento dallo Stato alle Regioni di competenze, risorse e beni, cosiddetto federalismo (legge delega 5 maggio 2009, n. 42, e decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85) ha incontrato molteplici ostacoli attuativi;
all'attenzione del Parlamento, come durante la XVI Legislatura, vi sono diversi progetti di riforma del Titolo V e segnatamente dell'art. 117 della Costituzione per un più preciso e razionale riparto delle competenze (AC 2613; AS 1429; AS 1406; AS 1416);
la complessità della materia è anche dovuta alla necessità di non pregiudicare i diritti sorti in capo ai concessionari sia in ordine al legittimo affidamento nella stabilità delle aziende sin qui garantita dal cosiddetto diritto di insistenza sia per quanto riguarda la proprietà privata delle aziende sorte sulle aree concesse, essendo le stesse intimamente connesse a queste ultime;
in tal senso è intervenuto anche il Parlamento europeo che al punto 56 della risoluzione del 27 settembre 2011 ha invitato gli Stati membri a valutare l'introduzione di misure compensative per attenuare i danni causati agli operatori turistici dall'introduzione di una nuova legislazione che comporta la perdita dei diritti acquisiti;
la consapevolezza di questi aspetti ha indotto il legislatore a ritenere insufficiente il termine del 31 dicembre 2015 e, quindi, con l'art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha disposto la scadenza al 31 dicembre 2020 per il definitivo riordino della materia prorogando a tale data le concessioni in essere;
a ciò si aggiunga che con l'art. 1, comma 547, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e l'art. 1, comma 291, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si è operata l'estensione dell'oggetto del riordino anche ad altre tipologie di demanio quale quello lacuale e fluviale nonché alle concessioni demaniali aventi finalità diverse dal turistico-ricreative;
il Tribunale amministrativo regionale di Milano, con la sentenza del 26 settembre 2014, n. 2401, in una causa riguardante l'applicazione della proroga prevista dal citato art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009 a una concessione lacuale, ha sollevato questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 del TFUE affinché la stessa valuti se la suddetta proroga sia in contrasto con i principi della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 dello stesso trattato;
l'eventuale sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea che dovesse ritenere la proroga ex art. 1, comma 18, non conforme al diritto comunitario rischia di aumentare pericolosamente lo stato di precarietà e di incertezza del settore della balneazione italiano;
l'art. 23 dello Statuto e l'art. 96 del regolamento di procedura della Corte di giustizia dell'Unione europea prevedono, nel procedimento riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale, il diritto degli Stati membri di presentare memorie ed osservazioni alla Corte,
si chiede di sapere:
quale sia l'intendimento del Governo sul suo diritto di presentazione delle osservazioni nel procedimento davanti alla Corte di giustizia sulla domanda pregiudiziale sollevata dal TAR di Milano con la sentenza n. 2401 del 26 settembre 2014;
se non ritenga, nell'auspicabile presentazione delle sue memorie ed osservazioni, di sostenere la legittimità della proroga delle concessioni demaniali alla luce delle riforme costituzionali in itinere, della complessità della materia e degli approfondimenti necessari atti a salvaguardare i diritti degli attuali soggetti concessionari del settore.