Pubblicato il 23 ottobre 2014, nella seduta n. 338
RUVOLO - Ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico. -
Premesso che:
in Italia la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate (dati del 2012) all'anno e sono oltre 26.000 gli allevamenti concentrati prevalentemente in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna;
il made in Italy agroalimentare, che registra un fatturato nazionale superiore ai 266 miliardi di euro, rappresenta il 17 per cento del prodotto interno lordo ed è la leva esclusiva per una competitività "ad alto valore aggiunto";
due delle eccellenze italiane sono il prosciutto crudo di Parma, prodotto a denominazione di origine protetta completamente naturale e presenza costante sulle nostre tavole, e il prosciutto cotto, eccellenza per il sapore, il fascino che deriva dalla denominazione protetta e la storia che c'è dietro questa produzione;
con il decreto del Ministero delle attività produttive 21 settembre 2005 a giudizio dell'interrogante si peggiorava la qualità dei nostri prodotti alimentari ammettendo l'uso di cosce di suino congelate, in genere importate dall'estero e poi stagionate in Italia, per produrre prosciutto crudo;
come riportato su notizie di stampa, si prevedono pessime novità per i salumi made in Italy, soprattutto per prodotti come prosciutto cotto e culatello: al vaglio degli uffici tecnici del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ci sarebbe un decreto del Ministero dello sviluppo economico che prevede la denominazione di "prosciutto cotto" per tutti quei prodotti fabbricati con altri tipi di carne, per esempio di tacchino o di cavallo;
si autorizzerebbe anche l'uso di aromi sintetici per correggere il sapore e il colore delle materie prive di qualità e l'aumento durante la lavorazione della quantità di acqua impiegata, per la quale si passerebbe da 81 a 82 punti percentuali;
altre novità riguarderebbero il "culatello": la consuetudine nel made in Italy vuole che questa particolare sezione dei muscoli posteriori del suino, privati dell'osso, del grasso e della cotenna, venga avvolta e legata a mano in un involucro naturale, cioè il budello della vescica dell'animale. Nel nuovo provvedimento, si introdurrebbe l'uso di foderi artificiali e si permetterebbe il rivestimento meccanico;
dopo la cioccolata senza cacao, il vino senza uva, l'aranciata senza arancia, si corre il rischio di mangiare anche il prosciutto cotto senza coscia di maiale,
si chiede di conoscere:
se i Ministri in indirizzo non ritengano che l'approvazione di questa serie di disposizioni previste nel decreto del Ministero dello sviluppo economico non apra la strada a metodi e tecniche di produzione che rischiano di far perdere valore, acquisito con tradizioni centenarie, ad una parte importantissima dell'eccellenza italiana, mettendo così in difficoltà il nostro export in crescita nel mondo;
se siano a conoscenza del fatto che negli ultimi 10 anni in Emilia-Romagna ed in altre regioni italiane hanno chiuso 3 stalle di maiali su 4 e che proprio gli allevatori di suini sono tra i più danneggiati dalle importazioni di carni per fare prosciutti "spacciati" per made in Italy;
se corrisponda al vero che ad oggi, grazie alla possibilità di utilizzare le cosce di maiale congelate per produrre il prosciutto crudo stagionato, 2 prosciutti su 3 venduti in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna, senza che questo venga evidenziato in etichetta;
se non reputino che modificare le procedure standard tradizionalmente usate per la preparazione dei salumi, proporre prosciutto cotto senza carne di maiale, ma con più acqua, con additivi e aromi chimici per correggere il colore ed il sapore, introdurre l'uso di foderi artificiali e permettere il rivestimento meccanico per il culatello, salume con denominazione di origine protetta e mortificare procedimenti antichi, la bontà delle materie prime, le tecniche di produzione ed il lavoro di tanta gente a scapito della qualità non sia un boomerang che inneschi un processo preoccupante per la nostra economia;
se non ritengano, visto che per la tradizione italiana il prosciutto è quello di suino, che chiamare allo stesso modo un coscio cotto di tacchino o di cavallo possa confondere le idee di chi acquista e danneggiare i nostri produttori.