Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02817

Atto n. 4-02817

Pubblicato il 14 ottobre 2014, nella seduta n. 330

ARRIGONI , COMAROLI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

il 23 settembre 2014 il Ministero dell'economia e delle finanze ha pubblicato i dati relativi alle risorse che lo Stato ha reso disponibili (pari a un importo complessivo di circa 57 miliardi) per il pagamento di debiti della pubblica amministrazione maturati al 31 dicembre 2013; di questi 38, 4 miliardi sono stati erogati agli enti debitori e solo 31,3 miliardi sono finiti nelle casse dei creditori, ossia il 55 per cento delle risorse effettivamente disponibili;

in particolare 17,9 miliardi sono stati pagati ad imprese e professionisti che vantavano crediti nei confronti di Regioni e Province autonome; 7, 7 miliardi sono andati a fornitori di Province e Comuni e 5,7 miliardi a fornitori dello Stato, di cui 5,2 miliardi per rimborsi fiscali e non per crediti commerciali;

il Ministero dell'economia e delle finanze, parallelamente, ha annunciato che fino a novembre saranno richiesti altri 9 miliardi circa da parte di Regioni e Comuni, che si aggiungeranno ai 38 già erogati e che, per questo, si può parlare di forte incremento dell'erogazione (con un aumento del 27 per cento) e dei pagamenti (con un aumento del 20 per cento);

al netto del rispetto dovuto da parte degli enti al Patto di stabilità interno (che gli organi di stampa economico-finanziaria hanno più volte denunciato essere la principale causa di ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione) rileva la cattiva gestione finanziaria degli enti che, anche se tenuti all'osservanza dell'articolo 191, comma 1 del Testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modifiche e integrazioni), secondo cui si possono affrontare nuove spese solo quando ne sia stata accertata la relativa possibilità di copertura finanziaria, si trovano a dover fronteggiare il pagamento di debiti fuori bilancio;

seppur, negli ultimi anni, i trasferimenti dallo Stato ai Comuni siano diminuiti di circa 31 miliardi, in parte recuperati dagli amministratori attraverso l'aumento delle imposte locali, continuano a farsi sentire gli effetti delle spese irrazionali o inutili di molte città in cui diverse amministrazioni, come denunciato da "L'Espresso", hanno utilizzato "le società partecipate in maniera scellerata, spingendo sulle assunzioni e favorendo gli amici nei contratti di fornitura", oppure, "hanno aumentato i debiti facendo finta di poter contare su crediti in realtà inesigibili";

è noto infatti che gli enti possono accumulare debiti fuori bilancio per finanziare opere e servizi di pubblica utilità o per la cattiva e inadeguata gestione finanziaria protrattasi nel tempo;

l'articolo 194 del Testo unico degli enti locali stabilisce che i debiti fuori bilancio possano avere origine solo da sentenze esecutive con le quali i Comuni sono stati condannati al pagamento di una somma di denaro; dalla copertura di disavanzi di consorzi, aziende speciali e istituzioni, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; dalla ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; dalle procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità, l'acquisizione di beni e servizi, nei limiti di utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza;

benché la ratio dell'articolo 194 si ispiri quindi al principio di legittimità della sanatoria dei debiti fuori bilancio, purché l'ente che li abbia contratti ne abbia tratto una qualche utilità o arricchimento, si continuano a registrare continui dissesti finanziari, dovuti non a quelli accumulati da un Comune per finanziare opere e servizi di pubblica utilità (rispettando quindi i requisiti dell'utilitas e dell'arricchimento) ma a quelli che vengono a crearsi in seguito a una gestione finanziaria inadeguata protrattasi nel tempo, per cui gli enti locali ordinano forniture e prestazioni di opere e servizi anche in mancanza di una adeguata copertura finanziaria;

tra gli enti che si trovano a dover pagare debiti a causa di una gestione inoculata e, anzi, spesso, extra legem, ci sono i Comuni, di cui 105, nel periodo dal 2012 a febbraio 2014, hanno richiesto alla Corte dei conti di accedere ad un piano di riequilibrio finanziario (il cui motivo principale non sono stati quindi soltanto i tagli imposti);

secondo un'indagine dell'associazione Openpolis, ad un Nord virtuoso nei pagamenti dei debiti con percentuali che si attestano al 88 per cento dei debiti pagati di Treviso (saldati con risorse proprie), seguita da Venezia con l'86,47 per cento, Bolzano con l'85,95 per cento, Trento con l'81,10 per cento e Verona con l'80,40 per cento, corrisponde un Centro-Sud fallimentare con Napoli che riesce a pagare solo il 45,37 per cento e Reggio Calabria che addirittura si attesta al 38,76 per cento;

in fondo alla classifica i Comuni grandi e piccoli della Calabria che, dal 1992 ad oggi, è la Regione che ha avuto più dissesti e i cui Comuni in difficoltà sono molti più di quelli dichiarati nelle statistiche; essi, per rinviare la dichiarazione effettiva di dissesto, utilizzano i residui attivi, ovvero i tributi indicati a bilancio come ancora non incassati, trasferiti da un anno all'altro senza essere mai incassati e la cui stima si attesta intorno a 1,7 miliardi;

ai Comuni si aggiungono le Province e le Regioni che, fermate dal patto di stabilità interno, hanno problemi di contabilizzazione nei bilanci o non riescono a predisporre piani di pagamento dettagliati e il comparto sanitario, altro grande universo dei creditori della pubblica amministrazione, di cui Assobiomedica sottolinea che, su oltre 3 miliardi di scoperto, 1,4 miliardi non possono essere restituiti perché i debiti delle Regioni commissariate sono esclusi dal sistema di certificazione del Ministero dell'economia e delle finanze;

considerato che meno debiti riesce a pagare la pubblica amministrazione meno liquidità arriva a imprese e professionisti che a fine anno si trovano con crediti non incassati a fronte di prestazioni di opere e servizi comunque forniti, contribuendo in questo modo ad alimentare un ciclo vizioso che in una tale congiuntura economica aggrava più che mai la salute delle nostre imprese nazionali già in difficoltà,

si chiede di sapere:

a fronte dei 57 miliardi che lo Stato ha reso disponibili per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, maturati al 31 dicembre 2013, se risulti quale sia la quota parte che si è reso necessario finanziare per la copertura economica dei debiti della pubblica amministrazione che hanno proceduto all'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere senza disporre delle adeguate disponibilità finanziarie;

se risulti quali siano gli enti che hanno proceduto all'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere senza un'adeguata copertura finanziaria e, per ciascuno, quali sono le somme mancanti;

quali provvedimenti il Ministro in indirizzo, in base alle sue competenze, intenda adottare nei confronti di questi enti.