Pubblicato il 8 maggio 2014, nella seduta n. 243
TOMASELLI - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:
la PUT (Palazzo Uffici Taranto) Srl era, ai sensi dell'art. 37-quinquies della legge n. 109 del 1994 e successive modificazioni e integrazioni (ora art. 156 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modifiche e integrazioni), società di progetto e titolare della concessione per la «progettazione, realizzazione e gestione funzionale dell'immobile denominato "Palazzo degli Uffici", Taranto», come risultava dall'atto aggiuntivo al contratto di concessione rep. n. 7984 del 31 maggio 2004, rep. n. 8980, sottoscritto con il Comune di Taranto il 15 settembre 2011, registrato a Taranto il 3 ottobre 2011 al n. 1102 mod. 69S1;
il consorzio stabile Aedars s.c. a r.l. era proprietario del 100 per cento delle quote del capitale sociale della PUT Srl per aver acquistato dalla SIEL Progetti Srl, con atto di cessione di ramo d'azienda rep. n. 5716 e racc. n. 3911 dell'11 marzo 2010, il ramo d'azienda "Cantieri Puglia", comprendente il 100 per cento delle quote della PUT Srl;
con contratto di compravendita di quote societarie del 21 marzo 2013 rogato dal notaio Fabiana Togandi di Roma rep. n. 11.409 e racc. n. 7340, il consorzio stabile Aedasr ha venduto all'impresa esecutrice "C. & G. Srl" il 40 per cento delle quote del capitale sociale della PUT e, lo stesso giorno, è intervenuto tra le medesime parti contratto preliminare di compravendita di quote societarie (rogato dallo stesso notaio rep. n. 11.410 e racc. 7341), con l'obbligo per l'impresa esecutrice di acquistare il rimanente 60 per cento delle quote del capitale sociale della PUT Srl entro il 20 gennaio 2015;
con nota del 25-27 marzo 2013, la PUT ha comunicato al Comune di Taranto, ente concedente, che il consorzio Aedars aveva ceduto il 40 per cento delle proprie quote di partecipazione in PUT Srl alla C. & G. Srl; il Comune, nella persona del responsabile unico del procedimento in fase di esecuzione, con nota prot. n. 50702 del 27 marzo 2013, esprimeva il proprio parere in ordine alla modifica intervenuta nella compagine societaria della PUT e, richiamando il dettato normativo vigente in materia nonché le disposizioni dell'atto aggiuntivo al contratto di concessione, ha dichiarato espressamente come "non ci siano le condizioni normative e contrattuali per poter autorizzare la cessione delle quote societarie";
con nota prot. n. 154321 del 22 ottobre 2013, il Comune ha diffidato il concessionario PUT ad adempiere la nota prot. n. 139151/13, ai sensi dell'art. 1454 del codice civile e dell'art. 44 dell'atto aggiuntivo al contratto di concessione, chiedendo di trasmettere atto di annullamento della cessione delle quote;
l'atto aggiuntivo al contratto di concessione, all'art. 5, prevede che "Le quote sociali della società non potranno subire modificazioni fino all'esito positivo del collaudo delle opere, questo salvo quanto previsto dall'art 35 della legge n. 109/94 e s.m.i.";
nel caso di specie, erano sempre possibili l'affitto o la cessione dell'azienda o di un suo ramo ad altro operatore, mentre non era possibile la cessione diretta delle quote societarie; i lavori previsti dall'atto aggiuntivo al contratto di Concessione, non essendo stato validato ed approvato il progetto esecutivo complessivo dell'intervento, avevano riguardato l'esecuzione delle sole opere urgenti ritenute necessarie per la messa in sicurezza dell'edificio e, pertanto, la data di collaudo delle opere non era, allo stato, determinabile;
non essendo possibile la cessione delle quote del capitale sociale della PUT, almeno sino all'esito positivo del collaudo delle opere, risultava evidente che anche il contratto preliminare di compravendita di quote societarie era nullo e/o annullabile o, in subordine, da risolvere, e, a tal fine, la C. & G. Srl ha instaurato, presso il Tribunale delle imprese di Roma, un giudizio ex artt. 670 e 700 del codice di procedura civile, nei confronti del consorzio Aedars, in cui, con ordinanza del 21 ottobre 2013, il Tribunale di Roma ha chiarito che, pur nel limite di una cognizione sommaria e di una prova imperfetta è possibile prevedere un esito positivo di un giudizio di merito "con riguardo alla dedotta nullità del contratto di cessione delle quote pari al 40 per cento del capitale sociale della PUT Srl, dovendo, peraltro, allo stato, ritenersi affetto dai medesimi vizi anche il contratto preliminare di cessione delle quote pari al 60 per cento del capitale sociale della PUT Srl";
della vicenda, poi, in data 24 gennaio 2014, è stata anche interessata l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di servizi e forniture, del quale parere si è ancora in attesa;
Aedars ha presentato, in data 15 novembre 2013, domanda di concordato preventivo dinanzi al Tribunale di Roma, avente n. di RG 184/2013;
il consorzio è stato interessato da provvedimento interdittivo per infiltrazioni mafiose, emesso dalla Prefettura di Roma, ai sensi della legge n. 159 del 2011 e successive modifiche e integrazioni, che ha impugnato dinanzi al TAR Lazio, proponendo ricorso iscritto al n. RG 10607/2013, cui è seguita l'emissione del provvedimento collegiale n. 3048/14, che ha annullato il provvedimento interdittivo, per l'assenza dalle indagini e dagli atti di quegli elementi, seppure indiziari, di collegamento con la criminalità organizzata;
contestualmente, la Procura di Taranto ha aperto un fascicolo legato all'interdittiva romana, e alcuni mesi fa ha acquisito gli atti dell'amministrazione dei lavori pubblici, rimasta, però, senza risvolti, come riferito dall'articolo de "il Fatto Quotidiano" del 27 aprile 2014, ad opera di Maria Chiara Furlò;
infine, con determina n. 28 del 5 febbraio 2014, il Comune di Taranto ha revocato la concessione, la quale prevedeva che quasi 3.000 metri quadrati sarebbero rimasti in uso al Comune, 6.500 allo storico liceo "Archita" e circa 10.000 sarebbero stati utilizzati a scopo commerciale dal consorzio Aedars, tanto che nel progetto definitivo il consorzio aveva previsto la realizzazione di un albergo di lusso, di almeno 50 stanze e di locali commerciali al piano terra;
i lavori nel cantiere sono fermi da più di 6 mesi, con tutti i danni e disagi legati alla situazione,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda promuovere per far sì che i lavori, da eseguirsi plausibilmente per tutte le opere, e non solo per quelle definite "urgenti", nel cantiere di palazzo degli Uffici riprendano, al fine di evitare che il borgo di Taranto sia ulteriormente avvilito, considerato, altresì, che la città vive un momento di forte crisi, dovuta anche alla questione Ilva, che le famiglie dei tantissimi operai impiegati nel cantiere perdano il posto di lavoro e che il fabbricato, di notevolissimo pregio architettonico, subisca ulteriori danni, derivanti sia dalla staticità della situazione che dal passare del tempo.