Pubblicato il 5 dicembre 2013, nella seduta n. 147
PIGNEDOLI , RUTA , BERTUZZI , ALBANO , FERRARA Elena , SAGGESE , SCALIA , MATTESINI , SANTINI , CALEO , MORGONI , VACCARI , FAVERO - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. -
Premesso che:
l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio "Italia" non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell'export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività "ad alto valore aggiunto" e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale, considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore, ma anche come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
in agricoltura sono presenti circa 820.000 imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
sulla base dei dati Efsa, l'Italia risulta prima, nel mondo, in termini di sicurezza alimentare, con oltre un milione di controlli all'anno, il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), con un valore inferiore di 5 volte rispetto a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte rispetto a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità);
considerato che:
i dati del censimento dell'agricoltura 2010 indicano in 26.197 il numero delle aziende suinicole in Italia (74,1 per cento rispetto al 2007), 4.900 delle quali allevano più di 50 suini;
dai medesimi dati emerge che i principali Paesi fornitori di carne suina in Italia sono la Germania, l'Olanda, la Francia, la Spagna e la Danimarca;
gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate all'anno;
la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105.000 addetti, di cui 50.000 nel solo comparto dell'allevamento;
sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini, l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
considerato altresì che:
dai dati elaborati da ISMEA nel rapporto "La competitività dell'agroalimentare italiano" del 2012, emerge che la fase agricola è fortemente penalizzata dalle repentine e intense variazioni dei prezzi alla produzione, variazioni che invece non si trasmettono immediatamente sui prezzi nelle fasi più a valle, né per tempistica, né per intensità;
sulla base dei risultati definitivi pubblicati dall'Istat e secondo quanto certificato dal 6° censimento generale dell'agricoltura, la bassa remunerazione dell'imprenditore agricolo, in diminuzione nell'ultimo decennio, è uno degli elementi a cui viene collegata la fuoriuscita dal settore di quasi 800.000 aziende agricole;
l'attuale situazione del mercato risulta complicata dalla mancanza di trasparenza nell'indicazione di origine delle carni suine, che rischia di creare confusione tra i prodotti di provenienza nazionale, che assicurano, tra l'altro, elevati standard di sicurezza e qualità;
l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel disciplinare le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed agroalimentari, vieta condotte commerciali sleali al fine di impedire che un contraente con maggiore forza commerciale possa abusarne, imponendo condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per la controparte più debole;
molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
rilevato, infine, che:
l'usurpazione del marchio made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
il codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute, alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti, ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera, all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo e alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
si chiede di sapere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di potenziare il sistema di controllo, attraverso la massima integrazione degli organismi e le forze dell'ordine preposte;
quali direttive intenda emanare alle autorità di controllo per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'art. 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy;
quali azioni intenda adottare per assicurare il rispetto, da parte della Commissione europea, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento (UE) n. 1169/2011, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carni suine e, in caso di scadenza del termine, quali iniziative intenda adottare a livello nazionale, per dare un segnale forte di contrasto al fenomeno della contraffazione;
quali riforme intenda attuare relativamente agli strumenti finanziari vigilati dal Ministero dell'agricoltura e quali linee di indirizzo intenda adottare per definire i criteri di sostegno finanziario alle imprese che si apprestano ad esportare il loro prodotto valorizzando adeguatamente la materia prima e la filiera tutta italiana;
quali iniziative intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati;
quali azioni intenda promuovere, con specifico riferimento al settore del commercio delle carni suine, al fine di dare piena attuazione all'art. 62 del decreto-legge n. 1 del 2013, nella parte in cui vieta pratiche commerciali sleali che possano determinare il riconoscimento di prezzi palesemente inferiori ai costi di produzione medi da loro sostenuti;
quali azioni intenda promuovere, con specifico riferimento al commercio delle carni suine, al fine di contrastare pratiche commerciali sleali ai danni degli allevatori, in violazione della disciplina di cui all'art. 62 ed al relativo regolamento di attuazione;
in considerazione della crescente domanda sui mercati esteri dei prodotti agroalimentari italiani, quali iniziative intenda adottare al fine di garantire l'autenticità delle produzioni italiane e salvaguardare la redditività delle imprese produttrici.