Atto n. 1-00173

Pubblicato il 3 luglio 2003
Seduta n. 430

BONFIETTI, ANGIUS, BORDON, BOCO, MARINO, MALABARBA, DALLA CHIESA, ACCIARINI, SODANO TOMMASO, DE ZULUETA, OCCHETTO, AYALA, BARATELLA, MONTINO, GASBARRI, PAGLIARULO, DONATI, MARTONE, CORTIANA, FALOMI, ZANDA, ZANCAN, VITALI, BRUTTI PAOLO, DI SIENA, PIZZINATO, ROTONDO, SOLIANI.

Il Senato,

considerato che:

la Magistratura solo dopo 19 anni dal tragico episodio dell’abbattimento di un DC 9 sul cielo di Ustica è riuscita finalmente a porre termine all’inchiesta giudiziaria superando gli ostacoli che, anche da parte di apparati dello Stato, le sono stati opposti, e che, al termine dell’istruttoria, il magistrato dott. Priore, con la sentenza-ordinanza, ha finalmente fatto emergere la verità: “l’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto”;

lo stesso giudice istruttore Rosario Priore, insieme ai rappresentati della Procura della Repubblica, a conclusione degli accertamenti, ha denunciato il silenzio e il comportamento anomalo di Paesi stranieri, nostri alleati o amici, che non hanno fornito quelle risposte che l’autorita’giudiziaria di Roma cercava per individuare le cause dell’abbattimento del Dc 9 dell’Itavia avvenuto il 27 giugno 1980;

sono in particolare gli Stati Uniti, la Libia, la Francia e la Gran Bretagna gli Stati che, ad avviso degli scriventi, non sembrano certo aver mostrato sensibilità e disponibilità nei confronti degli inquirenti, negando ai giudici l’accesso a informazioni forse fondamentali, fornendo risposte incomplete o burocraticamente prive di contenuti reali;

proprio in occasione del XXIII anniversario della strage, l’opinione pubblica è stata informata di un episodio altamente significativo in materia di collaborazione internazionale: nell’aula della corte d’Assise di Roma che processa i generali ai vertici dell’Aeronautica ai tempi della strage di Ustica è arrivato un netto e inaspettato diniego alla collaborazione da parte della Cia. In base all’articolo 5 del trattato di mutua assistenza internazionale in materia giudiziaria, che stabilisce che uno Stato può negare collaborazione per non pregiudicare la sua sicurezza o i suoi interessi essenziali, la Cia non ha voluto fornire le informazioni in suo possesso riguardo la vicenda del Mig libico caduto misteriosamente sulla Sila. Tale episodio è strettamente collegato con la vicenda di Ustica e di estrema importanza per arrivare alla definizione di un quadro completo dello scenario nel quale è avvenuto l’abbattimento di un aereo civile in tempo di pace; a questo si deve aggiungere che da documenti ufficiali, ed in particolare dalla documentazione dell’attività dell’Ambasciata americana a Roma, sarebbe emersa la prova dell’intercettazione di un dialogo telefonico tra un Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, l’On. Amato, e il Ministro della difesa in carica, On. Andò. Il fatto è già in sé gravissimo, ma si deve sottolineare che l’intercettazione è mirata ad un particolare “passaggio” della vicenda di Ustica;

proprio questi due episodi recenti rafforzano negli scriventi la convinzione che Stati amici e alleati abbiano, sulla tragedia di Ustica, ben più informazioni di quante fino ad ora abbiano messo a disposizione della nostra autorità giudiziaria,

impegna il Governo per il doveroso rispetto alla memoria delle vittime, per il necessario impegno alla ricerca di tutta la verità e per una efficacia tutela della dignità nazionale:

a intraprendere nelle sedi più opportune ogni possibile iniziativa finalizzata all’accertamento della verità sull’abbattimento del DC9 Itavia, e ad adoperarsi presso le istituzioni internazionali per ottenere dai Paesi stranieri, alleati e non, tutte le necessarie informazioni utili al ripristino di quella lesione di sovranità subita dal nostro paese il 27 giugno 1980;

a esperire ogni tentativo di contatto con le autorità della Libia al fine di indurre quel Paese a collaborare effettivamente con la Magistratura italiana;

ad avanzare in ogni sede deputata la richiesta della piena e totale collaborazione alle indagini da parte degli Stati Uniti, della Francia e della Gran Bretagna, e in particolare:

per accertare l’attività svolta dall’Ambasciata statunitense di Roma nell’immediatezza del disastro, stante la nota costituzione in quella sede di un “gruppo di lavoro”, e la visione di documenti provenienti dall’aeronautica militare da parte di elementi dell’Ambasciata stessa; per conoscere quanto a disposizione delle autorità americane in ordine alle registrazioni radar effettuate dalla portaerei Saratoga la sera del 27 giugno, o da qualsiasi altra apparecchiatura appartenente alla VI flotta o ad altre unità americane; per conoscere realmente tutti gli elementi relativi all’attività volativa statunitense la sera del abbattimento del DC9, e per poter infine ottenere dalla CIA tutta la documentazione relativa al 27 giugno 1980, lì trasmessa dal responsabile dell’Agenzia in Italia;

per conoscere dalle autorità francesi l’attività delle basi in Corsica, sia per quanto riguarda decolli e atterraggi di aerei francesi, sia per quanto riguarda le registrazioni radar di tracce aeree;

per acclarare, in via definitiva, la possibile presenza di una portaerei inglese nel Tirreno quella sera, e per ottenere una risposta relativamente alle tracce radar di aerei inglesi.