Atto n. 1-00690

Pubblicato il 25 settembre 2012, nella seduta n. 800
Esame concluso nella seduta n. 803 dell'Assemblea (27/09/2012)

BELISARIO , DI NARDO , GIAMBRONE , BUGNANO , CAFORIO , CARLINO , DE TONI , LANNUTTI , LI GOTTI , MASCITELLI , PARDI , PEDICA

Il Senato,

premesso che:

l'Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2 per cento al prodotto interno lordo (Pil), meno della metà di Francia e Germania; dunque, il potenziale di crescita è enorme, ma mancano capacità e fondi;

gli interventi sul settore culturale, intesi come valorizzazione dei molteplici beni culturali e come sostegno e qualificazione delle università e degli istituti di ricerca, possono costituire stimolo al decollo di imprese innovative e rilanciare il turismo: basti pensare che una ricerca presentata nel 2010 calcolava in 3,8 milioni di unità l'occupazione legata alla filiera produttiva che ruota intorno al patrimonio culturale;

anche il Presidente della Repubblica, in occasione della XX Giornata Fai (Fondo per l'ambiente italiano) della primavera 2012, ha affermato: "Dobbiamo essere tutti convinti che se vogliamo più sviluppo bisogna saper valorizzare la risorsa della cultura" (si veda "Il Sole-24 ore" del 25 marzo 2012);

la sconsiderata politica dei tagli degli ultimi anni ha messo in ginocchio tutti i settori della cultura, dalla scuola all'università, alla ricerca, ai beni culturali determinando un'allarmante situazione generalizzata di regresso e di forte riduzione della mobilità sociale;

per quanto concerne i beni culturali, il nostro Paese ha investito nel 2010 solo lo 0,21 per cento del Pil, un valore tanto basso da mettere a rischio la tutela anche del patrimonio culturale più prezioso e noto, come l'area archeologica di Pompei, il Colosseo, l'archivio nazionale, mentre il blocco delle assunzioni sta paurosamente depauperando la capacità dello Stato di assicurare la normale attività di tutela, affidando tale attività a interventi straordinari o al solo intervento del privato;

anche nel settore dei beni e delle attività culturali stanno crescendo forme di precariato totalmente privo di tutele, comprese quelle previste dalle nuove norme sul mercato del lavoro, che stanno mettendo a rischio le nuove attività produttive e libero professionali, pur cresciute negli ultimi anni;

premesso inoltre che:

numerosi sono stati gli interventi, legislativi e non, posti in essere dai Governi che si sono susseguiti in questi anni, al fine di fronteggiare le pressoché quotidiane criticità riscontrabili nelle aree archeologiche vesuviane;

criticità tra le quali, più tristemente noto, il crollo del 6 novembre 2010, ripreso dai media di tutto il mondo, della palestra dei gladiatori di Pompei. La Schola Armaturarum Juventis Pompeiani, la palestra degli atleti di Pompei, è andata completamente distrutta poco prima dell'apertura del sito archeologico, ovvero poco prima che i turisti, in un sabato mattina di novembre, si recassero a visitare gli scavi. Un disastro che ha suscitato indignazione e sconcerto, oltre allo sdegno del Presidente della Repubblica che l'ha definito "una vergogna per l'Italia" (si veda "la Repubblica" del 6 novembre 2012);

considerato che all'interno dell'area archeologica di Pompei continuano a verificarsi crolli e cedimenti in uno stato di emergenza continua;

ricordato che:

tra i numerosi provvedimenti di cui in premessa, secondo la Corte dei conti le ordinanze, seguite alla dichiarazione dello stato d'emergenza, dedicate in tutto o in parte alla situazione dell'area archeologica, sono da ritenersi illegittime, ovvero l'intera gestione 2008-2010 degli scavi di Pompei «non sembra rispondere all'esigenza di tutelare l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi o da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio. (...) In molte delle iniziative autorizzate con le ordinanze in questione non si ravvisa la presenza dei presupposti di emergenza. (...) Pur dando atto che la situazione dell'area archeologica e delle zone circostanti presenta aspetti di criticità, non sembra che sia possibile ritenere giustificato l'intervento della Protezione civile»;

da ultimo, la legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità per l'anno 2012) contiene disposizioni volte a garantire la consistenza finanziaria di un fondo per le assunzioni di personale addetto alle aree archeologiche;

considerato inoltre che, nonostante quanto descritto, diversi risultano essere gli edifici e le aree archeologiche che necessitano tra l'altro di urgenti interventi di manutenzione e messa in sicurezza, nonché di restauri anche ai fini della fruizione, mentre numerosi immobili di più recente costruzione, destinati alla fruizione pubblica, sono sottoutilizzati o del tutto inutilizzati,

impegna il Governo:

1) a programmare un urgente piano di manutenzione complessivo di tutte le aree archeologiche citate, verificando al contempo, nel dettaglio, le modalità d'impiego dei fondi sinora stanziati per il sito archeologico di Pompei in relazione alla deliberazione dello stato d'emergenza;

2) al fine di preservare i beni archeologici ancora integri nelle aree archeologiche vesuviane - in luogo di costituzioni di nuove agenzie nazionali, società per azioni e/o fondazioni miste con la partecipazione degli enti locali, ulteriori costosissimi commissariamenti -, ad adoperarsi immediatamente per utilizzare, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, come modificato dal decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, in interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale, i lavoratori cosiddetti socialmente utili, nonché tutti coloro i quali, al momento non impiegati e residenti nella regione Campania, usufruiscano di misure di sostegno al reddito e di ammortizzatori sociali;

3) a sostenere la costituzione di un'unica banca dati delle aree archeologiche campane, all'interno di analogo supporto informatico a carattere nazionale.