Atto n. 3-01037

Pubblicato il 13 maggio 2003
Seduta n. 393

MALABARBA, SODANO TOMMASO. - Ai Ministri degli affari esteri e della difesa. -

Premesso che:

il dopoguerra in Iraq si configura chiaramente come un'occupazione cruenta e oppressiva nei confronti della popolazione civile, già duramente colpita dalle bombe intelligenti dell'aviazione statunitense;

il giorno 15 aprile 2003, nella città irachena di Mossul, mentre si svolgeva un comizio dell'aspirante governatore della città, Mashan al Juburi, ritornato in Iraq con l'aiuto degli USA e del comando angloamericano, le truppe statunitensi, stanziate nelle vicinanze a protezione del palazzo del governatore e del medesimo candidato, hanno aperto il fuoco con i fucili mitragliatori sulla folla che manifestava la sua opposizione al nuovo governatore, causando 12 morti ed un centinaio di feriti;

sempre a Mosul, il 28 aprile 2003, i militari statunitensi, posizionati in due punti presso la sponda occidentale del Tigri, facevano fuoco sulla popolazione che festeggiava il compleanno di Saddam Hussein, provocando, da quanto riportato dalle agenzie, almeno sei morti e numerosi feriti;

il 29 aprile 2003 nella città di Fallujah, durante una pacifica manifestazione di popolo, che manifestava il suo dissenso contro il perdurare della presenza americana in Iraq, i militari USA aprivano il fuoco compiendo una strage: vi sono stati 15 morti e 50 feriti;

il 30 aprile 2003, per il secondo giorno consecutivo, le truppe americane aprivano il fuoco durante una manifestazione, sempre a Fallujah, e anche in questo caso, come ha sottolineato il maggiore statunitense Michael Marti, “sono stati colpi ben mirati”: infatti, secondo fonti ospedaliere, due persone sono rimaste uccise e almeno quattro ferite;

tutti questi episodi e altri, non ultima la strage di Baghdad del 26 aprile 2003 (14 morti e oltre 50 feriti, tra gli abitanti del quartiere), provocata dalle operazioni di distruzione di esplosivi all'interno di un deposito di munizioni sequestrato dalle truppe americane, dimostrano come l'esercito USA abbia messo in atto un'occupazione dell'Iraq, dove il dominio e il controllo militare vengono esercitati con modalità che sempre più chiaramente appaiono come atti di vera e propria criminalità bellica, rivolta essenzialmente contro la popolazione civile;

una denuncia contro tali crimini di guerra che si stanno perpetrando in Iraq è stata avviata dalla magistratura belga - che prevede la possibilità di imputare chiunque compia atti di criminalità bellica, anche al di fuori del territorio nazionale - da un legale, Jan Fermon, che ha raccolto le accuse che provengono da decine di civili iracheni e da un'organizzazione non governativa belga, “Medici per il terzo mondo” (“Il Manifesto” del 30 aprile 2003): tale inchiesta coinvolgerà direttamente il generale Tommy Franks, comandante in campo dell'esercito USA in Iraq;

in questo quadro politico-istituzionale e militare, segnato pesantemente dalla coda velenosa di un dopoguerra che si mostra, invece, come il volto cruento e oppressivo di un'occupazione attuata contro la volontà della popolazione civile, l'invio in Iraq di un contingente militare italiano di notevoli dimensioni, proposto inizialmente a scopo umanitario, ma poi sempre più collegato, anche nelle dichiarazioni di esponenti del Governo, a compiti di controllo militare del territorio, rischia di configurarsi come una partecipazione attiva ad una guerra ancora in atto,

si chiede di sapere:

quale passo politico-diplomatico abbia compiuto o intenda compiere il Governo italiano presso gli USA per protestare contro episodi tanto drammatici e gravi, che vedono la popolazione civile coinvolta in continui episodi di aggressione e di sangue;

con quali tempi il Governo intenda chiarire i compiti operativi del contingente militare italiano, nonché i rapporti tra il comando italiano e quello americano in un contesto tanto drammatico, dove le operazioni di ogni genere - ordine pubblico, ricostruzione materiale dei danni bellici, transizione verso nuovi assetti statuali - sono rigorosamente sotto il comando americano, senza che in nessuna sede siano stati chiariti i rapporti tra le truppe anglo-americane di occupazione, le operazioni militari di peace-enforcing delle unità italiane e le regole di ingaggio per queste unità;

se, alla luce di tutto questo, non si ritenga più opportuno soprassedere sulla missione della MSU in Iraq e riesaminare complessivamente il ruolo dell'Italia in un'operazione che rischia di trascinare illegalmente il Paese in un'avventura militare sempre più illegittima e illegale.