Pubblicato il 22 marzo 2012
Seduta n. 698
PISCITELLI , PALMIZIO , CARRARA , VILLARI , FLERES , CASTIGLIONE , SAIA , POLI BORTONE , D'ALIA
Il Senato,
premesso che:
sebbene l'Italia riconosca l'onere costituzionale dell'intervento in favore dei territori montani, allo stato attuale, i criteri elaborati per la sua delimitazione sono ritenuti troppo vaghi e incerti per consentire politiche organiche ed efficaci. La confusione e contraddittorietà che connota il quadro legislativo ha fatto sì che la montagna in Italia fosse alternativamente negata, disconosciuta, banalizzata o accomunata ad altri territori e dunque "lesa" nella sua identità;
nell'attuale particolare condizione economica di grave crisi, occorre, con urgenza, dare attuazione piena al dettato costituzionale che all'articolo 44, secondo comma, recita: «La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane». Intervenire per evitare il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni montane italiane è peraltro in linea con l'ispirazione dell'Europa, che nel Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007, e reso esecutivo dalla legge n. 130 del 2008, all'articolo 174 considera le regioni di montagna esplicitamente tra quelle interessate dalle politiche di coesione per ridurre il divario di sviluppo, in quanto regioni meno favorite;
è tempo, quindi, di promuovere interventi che facilitino la riduzione di questo divario e che, concretamente, operino in un periodo come quello attuale, di difficile congiuntura economico-finanziaria che, se non corretta con strumenti di intervento pubblico, potrebbe contribuire ad accentuare la divaricazione attuale;
le zone montane italiane del nostro Pese non costituiscono un'area omogenea con caratteristiche e con problematiche sostanzialmente uniformi. Va riconosciuta, infatti, l'esistenza di una pluralità di aree montane, con caratteristiche demografiche, economiche e strutturali profondamente differenziate e con destini potenzialmente divergenti. Analizzando l'andamento demografico ed economico della montagna risulta evidente l'importanza del rapporto tra montagna e pianura quale variabile esplicativa primaria di un progressivo differenziarsi delle strutture economico-sociali delle diverse aree montane del Paese;
è sbagliato pensare alla montagna come a un territorio a vocazione esclusivamente agricola o turistica. Soprattutto nelle vallate vi sono, infatti, distretti produttivi e industriali molto importanti per l'economia del Paese. Le dimensioni demografiche dei comuni montani sono ridotte e a volte ridottissime. Determinate zone, soprattutto di alta montagna e di crinale, sono ormai da tempo abbandonate. L'età media della popolazione delle zone montane è molto avanzata. I servizi essenziali, sia pubblici che privati, sono di difficile accesso. Mancano infrastrutture adeguate per le comunicazioni materiali, di tipo stradale e ferroviario, e anche per le comunicazioni immateriali, nonostante lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione;
poiché il territorio montano è estremamente fragile, si determinano fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico e di incendi boschivi. Nonostante ciò, la montagna contribuisce alla produzione del reddito nazionale per il 16,1 per cento, una misura che è solo di poco inferiore alla quota della popolazione che vi risiede (18,5 per cento). È dunque necessario che l'intera comunità nazionale prenda coscienza di questa realtà. La montagna italiana è stata a lungo abbandonata ed è pesantemente svantaggiata da molti punti di vista rispetto alle altre aree del Paese. Ma essa possiede risorse e opportunità da riconoscere e da valorizzare nell'interesse dell'intero Paese, che costituiscono altrettante possibilità di creare un nuovo sviluppo sostenibile e di favorire nuove modalità insediative per la popolazione;
nella montagna italiana sono inoltre concentrate risorse naturali, ambientali, paesistiche e culturali irripetibili. È necessario garantire la riproducibilità di queste risorse e ciò deve essere considerato da tutta la società nazionale come un investimento per accrescere la competitività del Paese. Dalla tutela e dalla messa in sicurezza del territorio può inoltre derivare una rinnovata attenzione alla particolarità dei luoghi, ai prodotti tipici, alla fruizione del paesaggio e dei beni culturali e ambientali che possono costituire altrettante occasioni di impresa per le attività agricole, turistiche, artigianali e commerciali;
il freno più forte alla crescita della montagna continuano a essere la carenza e la debolezza dei servizi, il cui maggiore costo incide sugli enti di Governo locale e sui cittadini, insieme ai maggiori oneri di produzione per le imprese. Un tema sicuramente prioritario è quello della tutela del territorio, su cui in questi anni si è fatto ben poco e nel quale si sono moltiplicati gli eventi calamitosi affrontati con la logica dell'emergenza. Anche l'agricoltura, attività storica della montagna italiana, ricca di produzioni tipiche e di alta qualità, è in forte difficoltà: stanno crollando i redditi, si smembrano le imprese, calano gli addetti e sempre più viene a mancare un insostituibile presidio ambientale. E il turismo, sempre più esposto alle conseguenze dei mutamenti climatici, per il quale occorre fare un discorso differenziato da zona a zona, attraversa anch'esso un momento complessivamente sfavorevole, dal quale occorre saper uscire rinnovando e qualificando fortemente l'offerta di servizi;
purtroppo negli ultimi anni si è dovuta constatare una tendenza a tagliare le già esigue risorse destinate alle zone montane e, in particolare, i tagli hanno colpito quei servizi essenziali che afferiscono alla salute, all'istruzione, alla sicurezza, alla giustizia, eccetera,
impegna il Governo:
1) ad attuare un'adeguata politica nazionale per le zone montane, fondata innanzitutto sul riconoscimento pieno ed effettivo della specificità della montagna stessa da parte dello Stato, nonché sulla collaborazione, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, di Stato, Regioni ed enti locali;
2) ad attivarsi con urgenza al fine di superare le condizioni di svantaggio modernizzando i sistemi di comunicazione stradali, ferroviari e telematici, sostenendo le attività produttive;
3) a consentire alla popolazione residente di poter fruire di tutti i servizi essenziali in condizioni adeguate e di parità con chi risiede nelle altre aree del Paese, evitando, quindi, la chiusura di strutture essenziali quali quelle ospedaliere, postali, giudiziarie, scolastiche e utili a garantire la sicurezza. Ciò in attuazione di quanto disposto dalla Costituzione e dal Trattato di Lisbona.