Atto n. 3-02663

Pubblicato il 21 febbraio 2012
Seduta n. 676

GHEDINI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -

Premesso che:

in data 31 marzo 2011 è stato presentato dall'interrogante e altri senatori l'atto di sindacato ispettivo 3-02036, che qui si intende integralmente richiamato, relativo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro;

in risposta a tale atto, l'allora Sottosegretario di Stato Luca Bellotti, in data 23 giugno 2011, illustrando un repertorio di misure riconducibili a norme previgenti varate dal Governo Prodi per la promozione dell'occupazione femminile, non ha espresso alcuna indicazione circa gli interventi che il Governo Berlusconi ed il ministro Sacconi intendessero adottare per attuare e finanziare gli impegni assunti con le parti sociali, attraverso la sottoscrizione dell'avviso comune "Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro", il 7 marzo 2011;

l'occupazione femminile e la rete di protezione sociale ed economica per le lavoratrici donne rappresenta un elemento fondante per lo sviluppo e la crescita economica del sistema produttivo nazionale e locale;

il nostro Paese appare in grave ritardo con riferimento all'adozione delle misure necessarie in materia di conciliazione familiare, asili nido, incentivi al lavoro femminile, superamento delle discriminazioni e degli ostacoli, sia per quanto concerne l'accesso al mondo del lavoro delle donne, sia per quanto riguarda la loro crescita professionale e l'avanzamento in carriera. Inoltre, nel contesto degli orientamenti sull'occupazione e della valutazione delle politiche nazionali per l'occupazione, a livello comunitario è stata recentemente ribadita l'importanza di adottare politiche nazionali finalizzate a migliorare la parità di genere sul mercato del lavoro, l'inclusione sociale delle donne e la promozione dell'imprenditorialità e del lavoro autonomo delle donne, tanto è vero che, nella risoluzione adottata l'8 marzo 2011 sugli aspetti della povertà femminile nell'Unione europea, il Parlamento europeo ha chiesto agli Stati membri programmi specifici per promuovere l'inclusione attiva o il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro e opportunità specifiche di apprendimento permanente mirate a fornire le competenze e le qualifiche necessarie;

la situazione si inserisce in un quadro che vede la forza lavoro femminile fortemente penalizzata dalla crisi economica in atto. L'Istat ha recentemente comunicato dati allarmanti sul numero delle donne occupate che rimane fermo al 46,4 per cento, contro il 60 per cento che si sarebbe dovuto raggiungere ben due anni fa, secondo gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea a Lisbona, mentre l'occupazione degli uomini è pari al 68,6 per cento. Inoltre, l'Istat evidenzia che il carico di lavoro di cura continua a essere particolarmente elevato e le politiche di conciliazione lavoro-famiglia non hanno ancora realizzato la necessaria flessibilità organizzativa caratteristica di molti altri Paesi europei;

elemento fondamentale per aumentare l'occupazione femminile è l'ampliamento ai servizi per la prima infanzia, la condivisione del lavoro di cura dei figli, il sostegno agli anziani e ai non autosufficienti;

ancora da un recentissimo studio dell'Istat, pubblicato a fine 2011, su "Conciliazione tra lavoro e famiglia", si rileva l'entità del fenomeno: sono circa 15.182.000 (il 38,4 per cento della popolazione di riferimento) le persone che nel 2010 dichiarano di prendersi regolarmente cura di figli coabitanti minori di 15 anni, oppure di altri bambini, di adulti malati, disabili o di anziani;

secondo i dati riportati negli atti del convegno "Stati generali sul lavoro delle donne in Italia", Cnel, 2 febbraio 2012, nel 2010 solo il 18 per cento dei bambini sotto i due anni si sono avvalsi di almeno uno dei servizi socio educativi, con squilibri territoriali rilevanti (sotto il 10 per cento in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno e circa il 30 per cento in altre regioni del Centro-Nord). Il rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese sottolinea che la quota di domanda soddisfatta è ancora molto limitata: nel 2009, la percentuale di bambini tra zero e due anni iscritti a nidi pubblici è pari appena all'11,3, mentre il 40 per cento dei bambini che vanno al nido frequenta una struttura privata;

la situazione delle donne sul mercato del lavoro è peggiorata con la crisi, al punto che non è più procrastinabile la riforma del welfare e la predisposizione di politiche volte allo sviluppo di una rete di servizi ampia e funzionante e di forme di lavoro flessibili nell'ottica della conciliazione, facilitando anche la crescita dell'occupazione femminile nel settore dei servizi;

nella sua audizione in 1a Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica amministrazione) del Senato, il Ministro del lavoro, in data 24 gennaio 2012, in merito alla questione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sottolinea come non si tratti una problematica esclusivamente femminile: si tratta di affermare progressivamente una mentalità nuova che già da tempo ispira le politiche di altri Paesi europei, per cui la cura dei figli e i conseguenti congedi parentali/genitoriali sono profili condivisi all'interno della coppia, in una scelta che può essere pertanto anche maschile;

considerato che:

la legge 24 dicembre 2007, n. 247 ("Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale"), delegava il Governo ad adottare, entro 12 mesi, misure finalizzate all'incremento dell'occupazione femminile;

tra le altre cose, i decreti legislativi attuativi della delega dovrebbero prevedere «incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire l'aumento dell'occupazione femminile», non soltanto mediante una revisione della vigente normativa in materia di congedi parentali nel senso di una maggiore durata e sostegno economico, ma anche con il rafforzamento di istituti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (tempo parziale e telelavoro) e della rete dei servizi per l'infanzia e agli anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno dell'esercizio della libertà di scelta da parte delle donne nel campo del lavoro;

i termini di esercizio della delega sono stati ripetutamente prorogati, senza che ad essa sia stata data attuazione;

da ultimo, con l'articolo 46 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cosiddetto collegato lavoro), è stato riaperto il termine per l'esercizio della delega al Governo, con un differimento di ulteriori 24 mesi (scadenza novembre 2012);

nell'ambito del piano Italia 2020 per l'occupabilità, il 7 marzo 2011, è stato sottoscritto il citato avviso comune con le parti sociali per individuare e condividere una serie di strumenti utili nell'ambito del mercato del lavoro, per favorire la flessibilità lavoro/famiglia e quindi la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

nel testo dell'avviso comune si legge che le parti "condividono il valore di una flessibilità family friendly come elemento organizzativo positivo e l'importanza di una modulazione flessibile degli orari di lavoro" e ancora "si impegnano, fermi restando gli assetti della contrattazione collettiva, a valorizzare le buone pratiche di flessibilità family friendly e di conciliazione esistenti";

inoltre, l'unico impegno concretamente riferibile al Governo è quello a dare piena attuazione all'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che prevede incentivi a sostegno delle misure volte a conciliare i tempi di vita e di lavoro;

rilevato che:

di tali interventi era prevista copertura nell'ambito del Fondo per le politiche per la famiglia di cui all'articolo 19 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e lo stanziamento di detto Fondo è stato ridotto dal Governo Berlusconi per l'anno 2010 a 174 milioni di euro e successivamente a 25 milioni per il 2011;

le somme iscritte ad oggi al bilancio dello Stato per le politiche di sostegno alla famiglia risultano pari a 31 milioni di euro per il 2012, 21 milioni di euro per il 2013 e 23 milioni di euro per il 2014;

di tali somme risultano disponibili, alla data odierna, solo 9 milioni di euro sui 31 del finanziamento per l'anno 2012,

si chiede di sapere:

quali siano in dettaglio gli impieghi e/o le destinazioni di cui sono stati oggetto i 22 milioni di euro in cui consiste il differenziale tra la dotazione originaria del 2012 e la sua attuale consistenza;

con quali risorse il Governo abbia fatto e/o intenda far fronte agli impegni assunti con le parti sociali con la sottoscrizione dell'avviso comune "Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro";

in quali tempi e con quali misure intenda dare fattivamente attuazione alla delega in materia di occupazione femminile contenuta da ultimo nella legge n. 183 del 2010;

se, conseguentemente, abbia già stabilito un percorso istruttorio e una tempistica attuativa della delega medesima, atteso che essa viene in scadenza prima della fine del 2012.