Atto n. 4-05798

Pubblicato il 5 settembre 2011
Seduta n. 598

DELLA MONICA , DE SENA , MARITATI , LUMIA , ARMATO , LEDDI , CAROFIGLIO - Ai Ministri della giustizia e dell'interno. -

Premesso che:

in data 22 agosto 2011, con un articolo pubblicato sulla prima pagina del quotidiano "La Gazzetta del Sud", è stata data notizia del suicidio, avvenuto due giorni prima a Rosarno, della collaboratrice di giustizia Maria Concetta Cacciola, appartenente ad una delle più importati famiglie della 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro e moglie di un soggetto detenuto per delitti di mafia;

anche sulla base di dichiarazioni rese all'Ansa da magistrati della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, è emerso che, in data 10 agosto 2011, la signora Cacciola aveva abbandonato il domicilio protetto che le era stato assegnato all'inizio della sua collaborazione dal Servizio centrale di protezione ed aveva fatto ritorno a Rosarno;

sulla base delle informazioni rese note dalla stampa, il ritorno della Cacciola a Rosarno, nel luogo cioè ove si trovano le persone che ella aveva già accusato, sarebbe stato determinato dalla volontà della donna di poter avere accanto a sé i propri bambini, i quali erano rimasti a Rosarno affidati alle cure dei propri congiunti;

la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha rappresentato che la Cacciola, in realtà, non era una collaboratrice di giustizia, piuttosto, in senso proprio, una testimone di giustizia, giacché nessun delitto le era stato addebitato, essendo ella a conoscenza solo per ragioni familiari e di convivenza domestica dei delitti perpetrati da propri congiunti;

tuttavia una disposizione di carattere regolamentare interna della Commissione centrale di protezione presso il Ministero dell'interno ha stabilito che, in casi come questi e spesso in dissenso con i magistrati che propongono le misure dei protezione, il soggetto non possa essere considerato «testimone di giustizia», sebbene non abbia commesso alcun reato, ma debba piuttosto assumere la posizione impropria di «collaboratore di giustizia»;

tale decisione penalizza la condizione di quelle donne che, per il solo fatto di convivere in contesti mafiosi e pur senza aver commesso alcun reato, sono assoggettate al regime dei «collaboratori di giustizia», poiché ripetono le proprie conoscenze da un contesto intraneo e non estraneo al perimetro dell'associazione mafiosa di cui raccontano;

infatti sono proprio le donne a pagare il prezzo più alto di questa, a parere degli interroganti, discutibile ed iniqua decisione della Commissione centrale la quale, contrastando la scelta della Procura della Repubblica proponente, cataloga chi rompe il muro dell'omertà come «pentito» agli occhi della pubblica opinione e delle stesse leggi dello Stato;

in data 24 agosto 2011 il quotidiano calabrese "Calabria Ora" ha dato notizia con grande enfasi della denuncia presentata dai familiari della giovane Cacciola e di sue missive e documenti nei quali riferirebbe di pressioni di vario genere subite al fine di collaborare con la giustizia reggina;

al di là delle indagini che saranno svolte dalla competente autorità giudiziaria, c'è necessità di sapere, in questo caso come in quello precedente della signora Giuseppina Pesce, anche lei madre di tre bambini in tenera età, se risultino rispettate tutte le procedure che regolano la gestione dei collaboratori di giustizia o se si evidenzino nell'iter, anche processuale, anomalie meritevoli di intervento da parte degli organi disciplinari,

si chiede di sapere:

quali ragioni a giudizio dei Ministri in indirizzo abbiano determinato l'allontanamento di Maria Concetta Cacciola dalla località protetta in cui si trovava;

quali iniziative siano state adottate dal Servizio centrale di protezione per assicurare l'incolumità della Cacciola a Rosarno e, in particolare, se sia stata data informazione alla locale prefettura della situazione di rischio della donna;

quali iniziative siano state assunte presso il Tribunale dei minorenni per garantire alla Cacciola l'affidamento dei bambini nella località protetta e il ricongiungimento del nucleo familiare;

quali iniziative il Ministro dell'interno intenda adottare al fine di assicurare che la Commissione centrale di protezione modifichi la propria determinazione circa lo status di collaboratore di giustizia e ammetta chi intende, come la Cacciola, riferire fatti appresi incolpevolmente nel proprio contesto familiare al regime di favore dei testimoni di giustizia;

quali iniziative il Ministro della giustizia intenda adottare al fine di accertare che la vicenda di Giuseppina Pesce e quella drammatica di Maria Concetta Cacciola si siano svolte nella piena osservanza delle disposizioni di legge che regolano il trattamento, anche processuale, di quanti intendono collaborare con la giustizia ai sensi del decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991.