Pubblicato il 14 giugno 2011
Seduta n. 566
FLERES - Ai Ministri degli affari esteri e della giustizia. -
Premesso che:
da informazioni ottenute dall'associazione "Prigionieri del silenzio" tramite un documento rilasciato dal Ministero degli affari esteri, all'inizio del 2010 si contavano 2.905 cittadini italiani detenuti all'estero;
di questi, alcuni versano in condizioni economiche molto difficoltose che rendono estremamente complesso, se non addirittura inesistente, l'esercizio di un pieno diritto di difesa, sia per la fase strettamente processuale che per il riconoscimento dei diritti fondamentali del detenuto. È assolutamente carente la comunicazione con i congiunti e, comunque, in generale la soddisfazione di tutte le esigenze e di tutti i diritti correlati allo stato di detenzione (sia esso a titolo cautelare o definitivo);
per quanto risulta, sia da informazioni di stampa che da quanto riferito dall'associazione, i nostri connazionali non riescono ad ottenere risposte e riscontri soddisfacenti o, comunque, azioni concrete da parte degli enti che sarebbero preposti a garantire i diritti degli italiani detenuti all'estero;
spesso i detenuti italiani all'estero vengono sottoposti a condizioni di vita lesive dei più elementari diritti dell'uomo e assolutamente non compatibili con l'obiettivo della riabilitazione, cui la pena deve essere finalizzata. Mancano, inoltre, idonei strumenti di assistenza, con la conseguenza che sovente i detenuti all'estero non ricevono cure mediche adeguate né un'appropriata difesa legale;
in diversi casi, sono state riscontrate quelle che sempre più chiaramente appaiono essere violazioni dei diritti primari dell'essere umano: violazione del diritto ad un equo processo e del diritto alla salute. A ciò si aggiungano sia il gap linguistico che la necessità di trovare un avvocato sul luogo, nonché la continua ricerca di un rapporto con le istituzioni, che in questi casi vengono giustamente viste come unico punto di riferimento. Ed è proprio in questo tipo di situazione che appare sempre più necessaria l'istituzione di una figura che possa agire da supervisore, un organo al quale le famiglie possano rivolgersi affinché i propri familiari detenuti all'estero vengano controllati;
si riportano due casi significativi di italiani all'estero: Francesco Stanzione, arrestato in Grecia, da anni ha richiesto l'applicazione della Convenzione di Strasburgo, che non gli viene concessa giustificando il trattenimento nel Paese di condanna a causa di una pena pecuniaria che non può permettersi di pagare, pena che, per le leggi esistenti, si potrebbe scontare con ulteriore tempo di detenzione; Carlo Parlanti da quasi sette anni detenuto in California, pur avendo perizie e analisi documentali redatte da esperti sia italiani che americani certificanti illegalità commesse nei suoi confronti nello svolgimento del suo procedimento legale, non ha avuto alcun concreto ed efficace aiuto al fine di potersi tutelare dagli abusi subiti nella fase processuale ed in quella detentiva;
analizzando diversi casi di italiani detenuti all'estero, una delle problematiche più gravi è quella della mancanza di un "gratuito patrocinio",
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, per quanto di propria competenza, intendano agire al fine di: concedere la possibilità per gli indagati o imputati di poter accedere ad un istituto di patrocinio a spese dello Stato; creare delle figure, all'interno dei Ministeri, preposte a soddisfare i bisogni - anche conoscitivi - degli italiani che vivono questa problematica; istituire delle linee agevolate in uso alle famiglie che possano aver bisogno di informazioni e di interventi; sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema che diventa ogni giorno più attuale.