Pubblicato il 12 ottobre 2010
Seduta n. 436
D'ALIA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno, della giustizia e per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale. -
Premesso che:
da tempo la Prefettura di Palermo ha lanciato l'allarme sulla gestione dei beni confiscati alla mafia e assegnati ad alcune associazioni;
è adesso in corso un'inchiesta della Procura di Palermo che, come anticipato dal quotidiano "la Repubblica", sta verificando una decina di casi, in quattro quartieri (Brancaccio, San Lorenzo, Boccadifalco e Passo di Rigano);
alcune informative riservate sono già arrivate al Comune di Palermo, che ha subito preso provvedimenti;
il caso più eclatante resta quello di alcune associazioni fondate da uno dei simboli dell'antimafia palermitana, don Mario Golesano, il successore di don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia e citato da Benedetto XVI nella recente visita a Palermo;
l'anno scorso, dopo una nota della Prefettura, il Comune di Palermo aveva revocato ben tre assegnazioni di immobili fatte alla cooperativa Solaria e alla fondazione Giuseppe Puglisi, e si era ripreso le chiavi di fondo Magliocco, confiscato a Giovanni Bontade, con annesso fabbricato, e di un appartamento a Brancaccio;
la Prefettura, come si legge nell'articolo di Salvo Palazzolo, pubblicato su "la Repubblica-Palermo.it", aveva segnalato che don Golesano era socio di una terza associazione, la "Live Europe", assieme a Roberta Bontade (figlia di Giovanni Bontade, noto mafioso) e a Stefano Marcianò, «imparentati con soggetti mafiosi», e a Francesco Maggiore, «indicato in atti relativi a procedimenti penali - così era scritto nell'informativa riservata - come soggetto appartenente alla cosca mafiosa di Bagheria». E si legge ancora nel citato articolo: «Nella fondazione Puglisi - proseguiva la Prefettura - siederebbe tale Giuseppe Provenzano, socio della "Alimentari Provenzano", le cui quote sociali sono detenute da società sottoposte a sequestro preventivo in quanto facenti parte del gruppo Grigoli, a sua volta sottoposto a custodia cautelare ed avente rapporti con [il] boss latitante Matteo Messina Denaro»;
secondo quanto riportato dalla stampa, ci fu una fuga di notizie determinata, con tutta probabilità, da infiltrati mafiosi nell'amministrazione comunale, infatti dopo 24 ore dall'assunzione a protocollo della nota prefettizia furono cambiati tutti i soci "sospetti", ma l'amministrazione comunale, ignorando la modifica, provvedeva a revocare tutte le assegnazioni dei beni confiscati alle predette associazioni;
avendo don Golesano e i suoi amministratori presentato ricorso al Tar, fidando proprio sul cambiamento dell'assetto societario, riuscivano ad ottenere una pronuncia favorevole dal Tar che ordinava al Comune di restituire i beni revocati,
si chiede di sapere:
se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di tali fatti e per quali motivi, all'epoca dell'assegnazione dei beni alle associazioni gestite da don Golesano, la Prefettura di Palermo non accertò preventivamente la composizione dei soci delle suddette associazioni;
quali iniziative di competenza intendano adottare per accertare la sospetta infiltrazione mafiosa nell'amministrazione comunale di Palermo.