Atto n. 4-03274

Pubblicato il 8 giugno 2010
Seduta n. 392

FANTETTI , BETTAMIO - Ai Ministri degli affari esteri e dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

ai sensi del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, i funzionari italiani che risiedono stabilmente in Belgio e in Lussemburgo e nelle altre sedi estere dell'Unione europea, che sono regolarmente iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ed hanno stabilito in tali sedi il loro centro di interessi non sono fiscalmente residenti in Italia e, pertanto, non sono tenuti a presentare la dichiarazione per i redditi prodotti in Italia;

invece, secondo l'articolo 14 del "Protocollo allegato ai Trattati che istituiscono la Comunità Europea e la Comunità Europea dell'Energia Atomica" tali funzionari sono fiscalmente residenti in Italia e, pertanto, essi sarebbero tenuti a tutti gli adempimenti previsti dalla legislazione tributaria italiana;

in mancanza di una misura legislativa di coordinamento per risolvere il conflitto fra le disposizioni nazionali e quelle comunitarie, si è creata una situazione di incertezza normativa;

l'approvazione del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (cosiddetto "Scudo Fiscale"), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 ha causato un forte disorientamento nei cittadini italiani che lavorano nelle istituzioni comunitarie fuori dall'Italia: essi non risiedono in Italia e non vi producono redditi; pertanto non evadono le imposte italiane e non esportano capitali. Tuttavia, l'Agenzia delle entrate riceverà notizia che un gran numero di cittadini italiani residenti in Belgio o in altre sedi UE hanno in quei Paesi svariati conti fruttiferi e redditi da capitale. Allo stesso tempo, l'Agenzia constaterà che italiani non residenti in Italia (iscritti all'AIRE) improvvisamente denunciano la disponibilità di beni (case ma anche opere d'arte, gioielli, depositi eccetera), una denuncia non prevista per i non residenti e quindi apparentemente inspiegabile. Questo rischia di creare un contenzioso senza fine e non giustificato in quanto il funzionario italiano a Bruxelles non é un esportatore di capitali (legale o illegale) ma un lavoratore dipendente che é remunerato all'estero da un ente sovranazionale;

l'Agenzia delle entrate si è resa conto di tale situazione ed ha prima pubblicato un comunicato stampa ("L'Agenzia delle Entrate si occupa di evasori e non di lavoratori") e successivamente una serie di circolari (43E del 10 ottobre 2009; 48E del 17 novembre 2009 e, più recentemente, 11E del 12 marzo 2010) che riconoscono chiaramente la buona fede dei cittadini in questione e la conseguante volontà di non penalizzarli;

la meritoria azione dell'Agenzia delle entrate trova però un limite nella sua natura amministrativa, e non può riempire il vuoto normativo lasciato dal legislatore. Essa non può risolvere tutti i punti controversi che permangono tuttora e che meriterebbero un esame dettagliato da effettuare in sede tecnica,

si chiede di conoscere se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario ed improcrastinabile porre fine a tale situazione di "limbo" fiscale dei funzionari comunitari che lavorano in istituzioni comunitarie fuori dall'Italia, attivandosi, per quanto di competenza, al fine di promuovere l'adozione di un provvedimento legislativo che disciplini il trattamento fiscale di questi ultimi in maniera analoga a quello degli altri cittadini italiani iscritti all'AIRE e che generano il loro reddito fuori dal Paese.