Atto n. 4-02903

Pubblicato il 23 marzo 2010
Seduta n. 353

MARINO Ignazio - Al Ministro della salute. -

Premesso che:

l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), con la determinazione n. 1460 del 24 novembre 2009, pubblicata nel Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre 2009, ha introdotto indicazioni relativamente alla possibilità di interruzione farmacologica della gravidanza;

in base a tali indicazioni è consentita l'interruzione farmacologica della gravidanza fino al 49º giorno di amenorrea anziché al 63º, così come fissato dalle indicazioni approvate a livello europeo;

la suddetta indicazione comporta una riduzione del ricorso all'uso di mifepristone (Ru486);

considerato che:

l'autorizzazione all'immissione in commercio della pillola Ru486 in Italia è stata conseguente alle evidenze scientifiche internazionali e ai trial clinici condotti in molti Paesi durante gli ultimi due decenni;

tali trial hanno portato all'autorizzazione dell'utilizzo clinico della Ru486;

considerato, altresì, che:

l'interruzione farmacologica di gravidanza costituisce un'opzione per le donne che in Italia vogliano sceglierla: un'opzione che deriva dal colloquio intimo e personale con il proprio ginecologo nel momento in cui viene raccolto il consenso informato;

le indicazioni cliniche all'utilizzo della Ru486 hanno fatto registrare in molti Paesi europei un aumento della percentuale delle interruzioni farmacologiche sul totale delle interruzioni volontarie di gravidanza senza che vi sia stato un aumento complessivo delle stesse;

considerato, inoltre, che:

proprio dalla Relazione sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, presentata nel 2009 dal Ministro competente, si evince che la percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza praticate in Italia entro la settima settimana è stata, nel 2007, pari al 16 per cento del totale, percentuale che arriva al 60 per cento entro la nona settimana;

fare ricorso all'uso della Ru486 non può non costituire per le donne una facoltà che scaturisce dalla rigorosa informazione ricevuta dal proprio ginecologo,

si chiede di sapere:

se siano state seguite procedure codificate per giungere in sede tecnica europea ad una decisione vincolante per tutti i Paesi;

se il Ministro in indirizzo non ritenga di adoperarsi perché anche nel nostro Paese trovino applicazione le norme europee che regolano l'utilizzo dei medicinali e che, nel caso del mifepristone, sono le procedure di "mutuo riconoscimento",

se non ritenga di interpellare l'AIFA per conoscere le ragioni scientifiche dell'indicazione temporale stabilita per il ricorso all'uso della Ru486;

se non ritenga di appurare se la scelta dell'AIFA sia stata dettata da un rischio potenziale grave per la salute pubblica e, in tal caso, se sia stata data tempestiva comunicazione al Paese referente della procedura europea di "mutuo riconoscimento", in questo caso la Francia;

quali siano le motivazioni scientifiche in base alle quali l'AIFA ritenga ancora oggi di non fare propria la procedura europea contenente l'indicazione di consentire il ricorso all'uso di quel farmaco fino al 63º giorno di amenorrea;

se non ritenga la condotta dell'AIFA omissiva, e dunque censurabile, del rispetto di orientamenti scientifici ritenuti validi in tutta Europa e non contestati nel merito dall'AIFA medesima;

se non si sia di fronte al rischio di un'inevitabile confusione giuridica in sede applicativa, atteso che operatori dello stesso Servizio sanitario nazionale, e magari operanti nella stessa struttura, potrebbero riferirsi del tutto legittimamente chi alla normativa europea, chi a quella italiana.