Atto n. 4-02538

Pubblicato il 19 gennaio 2010
Seduta n. 314

BIANCHI - Al Ministro della salute. -

Premesso che:

una recente pronuncia del tribunale di Salerno ha autorizzato la diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile portatrice sana di una grave malattia ereditaria, l’atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA1). La suddetta malattia causa la paralisi di tutta la muscolatura scheletrica e costituisce la più comune causa genetica di morte dei bambini nel primo anno di vita, con un decesso per asfissia. La vicenda umana che coinvolge la coppia in questione è estremamente dolorosa. La coppia lombarda ha un figlio sano ma ha dovuto subire ben quattro lutti, perdendo una figlia al settimo mese di vita, colpita da SMA1 e ricorrendo a tre aborti. Alla luce di ciò, in considerazione del profondo rispetto che questo dramma umano merita, si deve evitare una strumentalizzazione dello stesso ai fini di minare le fondamenta che sorreggono l’impianto della legge n. 40 del 2004;

la legge sopra citata consente infatti l’accesso alle pratiche di procreazione assistita solo per i casi di sterilità e infertilità. In particolare l’art. 1, al comma 1, recita: “Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”, e, ancora, l’art. 4, comma 1, dispone: “Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico”;

già una coppia fiorentina aveva ottenuto dal Tribunale di Bologna, in data 29 giugno 2009, la possibilità di selezionare l’embrione sano dopo aver avuto un primo figlio colpito da distrofia di Duchenne, trasmessa dalla madre;

la pronuncia del giudice di Salerno si basa sul fatto che il diritto a procreare e lo stesso diritto alla salute dei soggetti coinvolti verrebbero irrimediabilmente lesi da un’interpretazione delle norme che impedissero il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita da parte di coppie, pur non infertili o sterili, che però rischiano concretamente di procreare figli affetti da gravi malattie, a causa di patologie geneticamente trasmissibili; solo la fecondazione assistita, attraverso la diagnosi preimpianto, e quindi l’impianto dei soli embrioni sani, mediante una lettura “costituzionalmente” orientata dell’art. 13 della legge n. 40 del 2004, consentirebbero di scongiurare un simile rischio;

la suddetta pronuncia è in evidente contrasto con i principi della legge n. 40 del 2004 e ne testimonia non una volontà applicativa ma un’interpretazione creativa che potrebbe aprire pericolosi scenari fino a scivolare nell’eugenetica;

la legge n. 40 del 2004 autorizza la sperimentazione sugli embrioni umani solo ed esclusivamente per finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso. La legge vieta la diagnosi preimpianto. Ciò emerge da diverse disposizioni contenute nella normativa, nonché da quanto affermato dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 369 del 2006. Dalla pronuncia di Salerno emerge che, con la diagnosi preimpianto, l’obiettivo reale non è la fecondazione bensì la selezione, e per tali ragioni anche una coppia senza sterilità è stata autorizzata a ricorrere alla fecondazione artificiale;

ferma è la presa di posizione del Presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, il quale parla di una sentenza “creativa” e dichiara al quotidiano “Avvenire” che: “La legge è chiara sui soggetti che possono accedere alla fecondazione, e il giudice avrebbe dovuto applicarla. Se avesse avuto un dubbio di legittimità costituzionale avrebbe dovuto impugnare la legge davanti alla Consulta. Invece ha compiuto una vera e propria fuga in avanti”. Il Presidente emerito paventa anche il rischio che questa pronuncia, che autorizza la diagnosi preimpianto e la selezione, aggiunga un tassello a quella che, egli stesso, definisce “eugenetica soppressiva” la quale elimina i soggetti in base alla salute;

nel contemperamento dei diritti sanciti costituzionalmente, la tutela dei diritti quali il diritto alla salute della donna, la tutela del diritto all’informazione nel trattamento sanitario e la tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile non deve avvenire a scapito di altri diritti riconosciuti dalla nostra Carta costituzionale quale il primario diritto alla vita e neppure deve aprire la strada ad un principio discriminatorio e conseguentemente ad un non diritto alla vita del disabile;

si ritiene quindi quanto mai necessario invocare un deciso e fermo intervento che definisca delle linee guida che tengano conto delle implicazioni dei casi di specie e che salvaguardino la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti e la applicazione di una legge dello Stato onde scongiurare derive, a giudizio dell’interrogante rischiose,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, alla luce delle recenti pronunce giudiziarie, non intenda valutare la possibilità di un intervento in materia ai fini di tracciare delle linee guida per i casi di specie onde evitare che “creative” pronunce giudiziarie diano luogo a pericolose derive in materia.