Atto n. 4-02064

Pubblicato il 6 ottobre 2009
Seduta n. 263

PORETTI , PERDUCA - Al Ministro dell'interno. -

Premesso che:

con l’entrata in vigore della legge n. 130 del 2007 che ha riformato la legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza, tutti coloro i quali siano stati in passato condannati per essersi rifiutati di prestare il servizio militare per motivi religiosi dovrebbero ora avere la possibilità di ottenere il porto d’armi;

secondo l’art. 15, comma 7-ter, della n. 230 del 1998 “L’obiettore ammesso al servizio civile, decorsi almeno cinque anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, può rinunziare allo status di obiettore di coscienza presentando apposita dichiarazione irrevocabile presso l’Ufficio nazionale per il servizio civile”;

analoga disciplina, però, non è prevista per chi si sia rifiutato di prestare il servizio militare (per motivi religiosi e non) e non abbia svolto il servizio civile alternativo;

l’Ufficio nazionale per il Servizio civile, in questi casi e in assenza di norme certe, consiglia di richiedere la modifica del certificato di congedo, per esempio, da “rifiuto per motivi religiosi” a “obiettore di coscienza” per poi poter procedere secondo quanto previsto dall’art. 15, comma 7-ter, e quindi richiedere il porto d’armi. Risulta però agli interroganti che tali richieste di porto d’armi siano attualmente bloccate presso il Ministero, con tempi d’attesa lunghissimi;

considerato che:

il protrarsi di questa situazione configurerebbe una disparità di trattamento per non pochi cittadini che, pur se in modo diverso, a suo tempo avevano entrambi obiettato al servizio militare;

discriminati sono soprattutto coloro che per seguire la propria coscienza, pur avendo a disposizione il servizio civile alternativo, avevano invece deciso di farsi privare, con la galera, della libertà personale,

si chiede di sapere:

per quali ragioni tutti i cittadini a suo tempo obiettori di coscienza non devono essere uguali di fronte alla legge, visto che il merito civico di “servire la patria” non è più tale con la fine del servizio militare obbligatorio, e quindi chi non vi è sottomesso non deve per questo essere considerato non degno delle opportunità previste per tutti gli altri;

se il Ministro in indirizzo sia al corrente di questa situazione;

se intenda porvi rimedio con una circolare interpretativa dell’art. 15, comma 7-ter, della citata legge n. 230 del 1998 che, anche in virtù delle indicazioni dell’Ufficio nazionale del Servizio civile relative alla modifica del certificato di congedo, rafforzi la stessa e sblocchi i relativi tempi d’attesa;

se intenda intervenire affinché sia proposta con azioni di competenza una modifica legislativa.