Pubblicato il 16 settembre 2009
Seduta n. 253
PORETTI , PERDUCA - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
martedì 1° settembre 2009 alle ore 21.30 presso la casa circondariale torinese “Lorusso-Cutugno” delle Vallette è morto per arresto cardiaco il detenuto Carlo Esposito di 41 anni;
le cronache giornalistiche dei giorni successivi riportano la notizia che Carlo Esposito sarebbe stato affetto da varie patologie quali schizofrenia, diabete, ipertensione ed obesità ed inoltre in passato avrebbe avuto delle ischemie e che il giudice del Tribunale di Asti, nel condannarlo a 26 mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale, abbia ignorato queste sue patologie fisiche e mentali. Il detenuto avrebbe inviato lettere dal carcere scrivendo che a suo parere gli sarebbero stati somministrati farmaci non idonei o a dosaggi sbagliati;
in particolare il quotidiano “La Stampa”, nell’edizione di Asti, di venerdì 4 settembre 2009 riporta a pagina 50 un articolo della redazione locale che ricostruisce come segue l’episodio: “È diventata un caso giudiziario la morte di Carlo Esposito, 41 anni, il bidello del «Castigliano» che ha perso la vita, forse colpito da un infarto, nel carcere torinese delle «Vallette» dove era rinchiuso dopo un arresto, a giugno, per resistenza ai carabinieri. Pur essendo incensurato, a Esposito non era stata concessa la sospensione condizionale della pena ed era tuttora in custodia cautelare in attesa del processo d’appello (in primo grado era stato condannato per direttissima a 2 anni e 2 mesi): «È solo una delle tante stranezze di questa vicenda», dice l’avvocato Maurizio La Matina, che aveva assunto da pochi giorni la difesa di Esposito ed ora assiste la madre nella sua ricerca di verità sul caso. La procura di Torino ha aperto un fascicolo, per ora senza indagati: stamani, come richiesto dai familiari, verrà conferito l’incarico di eseguire l’autopsia sul corpo. Al medico legale Roberto Testi verrà affiancato un esperto in tossicologia: «Carlo mandava continuamente lettere alla madre dicendo che gli venivano somministrati psicofarmaci di cui aveva paura, aveva già accusato malori ma la terapia non era cambiata», spiega La Matina. Uno psichiatra aveva visitato Esposito in carcere a Quarto pochi giorni dopo l’arresto e la condanna, dichiarandolo «parzialmente incapace di intendere e di volere» sia al momento del fatto che al momento del processo. Un giudizio che sarebbe probabilmente valso nel procedimento d’appello per una forte riduzione della pena: a quel punto il bidello avrebbe sicuramente ottenuto la scarcerazione e non avrebbe perso il posto di lavoro. Dopo la relazione dello specialista, la direzione dell’istituto astigiano aveva subito fatto trasferire il detenuto nel reparto psichiatrico delle «Vallette», dove è avvenuta la morte. Una fine sulla quale ora dovrà essere fatta chiarezza: «Carlo è morto martedì sera ma la madre è stata avvisata solo mercoledì pomeriggio – aggiunge l’avvocato La Matina – E’ un altro dei misteri di questa brutta storia»;”
inoltre “la Repubblica”, nell’edizione di Torino, di venerdì 4 settembre 2009 in un articolo di Federica Cravero, ricostruisce così: “Bidello incensurato condannato a 26 mesi per aver forzato un posto di blocco. Era in cura.”; "È morto in carcere, quando probabilmente non avrebbe dovuto nemmeno esserci. Carlo Esposito, 41 anni, bidello astigiano, incensurato, schizofrenico, condannato alla pena esemplare di 2 anni e 2 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, è deceduto martedì sera: per infarto, si legge nel referto medico. La sua morte, però, pur per cause naturali, sta diventando un caso. Sulla vicenda del bidello astigiano è stato aperto un fascicolo dalla procura di Torino, che ha incaricato il medico legale Roberto Testi di eseguire l´autopsia. E anche il consigliere regionale di Sinistra e libertà Luca Robotti ha presentato un´interrogazione a Palazzo Lascaris e nei prossimi giorni ne seguirà forse una anche al Ministro della giustizia. «Carlo Esposito è morto perché invece di aiutarlo e di sostenerlo è stato condannato in modo incomprensibile e sproporzionato», ha commentato Robotti. Tutto inizia il 24 giugno ad Asti, quando i carabinieri lo vedono fare manovre azzardate con la sua Panda. Esposito non si ferma all'alt della pattuglia e inizia un inseguimento a tutta velocità, tra incidenti evitati per un soffio, per 20 chilometri sulla provinciale per Casale. Un comportamento pericoloso, certo. Tuttavia sarebbero bastate le prime parole del fuggitivo per capire che qualcosa nella sua mente non andava. «Dovete ringraziarmi - aveva detto ai carabinieri - vi ho salvato la vita perché volevano farvi un attentato». Nel suo passato si registrano diversi ricoveri nel reparto psichiatrico di Asti e un TSO, anche se questo non gli aveva impedito di avere un lavoro, degli amici e una vita abbastanza regolare. Il giorno dopo Esposito viene condannato per direttissima a 26 mesi di galera senza condizionale per resistenza a pubblico ufficiale. Per un incensurato è una pena alta, esagerata forse, visto che nessuno al tribunale di Asti, né il pm Vincenzo Paone, né il giudice Cesare Proto, né il suo avvocato Michele Aufiero - poi sostituito da Maurizio La Matina - sollevano il fatto che l'uomo sia schizofrenico e nessuno invoca il vizio parziale di mente, che prevede una riduzione di pena e gli consentirebbe di godere della sospensione condizionale. Invece solo dopo il suo ingresso nel carcere astigiano di Quarto ci si chiede se la detenzione sia compatibile con lo stato di salute dell'uomo che, non solo era schizofrenico, ma anche diabetico, iperteso, obeso, oltre ad aver già avuto delle ischemie. Il medico legale sostiene però che sia sufficiente trasferirlo in una struttura dove possano controllare l'assunzione dei farmaci e ai primi di luglio Esposito entra nel reparto psichiatrico delle Vallette. Da qui ai primi di agosto invia due lettere alla madre e a un'insegnante della scuola dove lavorava dicendo di essere collassato -«Ho rischiato di morire due volte», scrive lui - perché a suo parere gli erano stati somministrati dei farmaci non idonei o a dosaggi sbagliati. Da quelle crisi si era ripreso, ma alla luce di quanto poi accaduto le lettere saranno consegnate alla procura torinese. Esposito si sente male verso le 20,30 di martedì. Va in infermeria con le sue gambe, ma mentre il medico lo visita ha una crisi cardiaca. L'ambulanza arriva subito, ma l'uomo è troppo grave per essere portato in un ospedale: mentre i sanitari cercano di stabilizzarlo, alle 21,30 muore per arresto cardiaco. «Viste le sue condizioni di salute, è possibile che la sua morte non sia colpa di nessuno - conclude Robotti - ma non sarebbe dovuto morire lì».”;
inoltre il giornale astigiano locale “La Nuova Provincia”, di martedì 8 settembre 2009, in un articolo della redazione locale, ricostruisce così: “Sono arrabbiati e non si danno pace gli amici di Carlo Esposito, 41 anni, il bidello astigiano deceduto, sembra per infarto, nel carcere dell’ex Vallette dove stava scontando una pena di 2 anni e 2 mesi (rito abbreviato) per resistenza a pubblico ufficiale. Una morte improvvisa che, secondo la famiglia, avrebbe potuto essere evitata se la Giustizia avesse tenuto conto delle sue condizioni di salute. Carlone, come lo chiamavano gli amici, soffriva di una serie di patologie, anche piuttosto serie, tra cui l’asma e una grave cardiopatia che potrebbe essere stata la causa del decesso. Nonostante ciò si trovava in una cella del carcere Lorusso e Cotugno di Torino per scontare la condanna inferta dopo aver saltato l’alt dei carabinieri e, fuggendo dal posto di blocco, aver corso in auto per una ventina di chilometri fino al concitato arresto. Esposito, che lavorava come bidello nell’istituto Castigliano di Asti, era incensurato e tutti gli amici sapevano che soffriva di alcuni mali probabilmente incompatibili con la detenzione carceraria. Dalla cella aveva scritto alcune lettere alla famiglia in cui sperava in un appello rapido perché voleva uscire al più presto temendo per il suo stato di salute.”,
si chiede di sapere:
quale sia la ricostruzione ufficiale dell’evento segnalato dalle cronache giornalistiche;
se risulti agli atti la situazione clinica del condannato;
se non ritenga necessario ed urgente prevedere un’ispezione ministeriale presso il Tribunale di Asti per verificare l’effettivo andamento dei fatti al fine di verificare eventuali profili di responsabilità, laddove appare evidente che il magistrato non abbia tenuto in alcun conto le condizioni psico-fisiche dell’imputato e non abbia anche ritenuto di prevedere immediatamente le possibili misure alternative alla detenzione in carcere;
se ritenga il caso in questione laddove è stato condannato un cittadino alla detenzione ignorando del tutto le sue patologie mentali e fisiche, un segnale allarmante e preoccupante del funzionamento ordinario della complessa macchina amministrativa della giustizia italiana, in particolare di fronte a situazioni che coinvolgono soggetti con disturbi mentali;
se, infine, non ritenga urgente, anche partendo dalla grande mole di dati a sua disposizione grazie all’iniziativa di Radicali italiani “Ferragosto 2009 in carcere”, avviare un’indagine sui decessi che avvengono tra i detenuti delle carceri italiane, inclusi i suicidi, per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi.