Atto n. 2-00105

Pubblicato il 31 luglio 2009, nella seduta n. 250
Trasformato

GALPERTI - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -

Premesso che il Senato, nella seduta del 22 aprile 2009, ha proceduto all’elezione di due cosiddetti membri laici (componenti non magistrati) nel Consiglio di Presidenza della Corte dei conti (di cui all’art. 10, comma 2, lett d), della legge 13 aprile 1988, n. 117), in persona di: 1) avvocato professor Beniamino Caravita; 2) avvocato professor Angelo Pandolfo, e all’elezione di due membri laici nel Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa (ai sensi dell’art. 7 della legge 27 aprile 1982, n. 186), nelle persone di: 1) professor Luciano Vandelli; 2) avvocato professor Nicolò Zanon;

premesso altresì che, in primo luogo, dette elezioni sono avvenute nel pieno rispetto delle procedure previste dal vigente Regolamento del Senato e che, inoltre, nulla è stato ed è da eccepire sotto il profilo dell’ineleggibilità o della carenza di requisiti in capo ai soggetti sopra indicati;

ritenuto che, successivamente a tali elezioni, sono emersi profili di incompatibilità e di conflitto d’interessi in relazione ad alcune di tali posizioni, profili che sarebbe stata cura e onere degli interessati rimuovere all’atto dell’insediamento dei nuovi Consigli di Presidenza, e che, comunque, sarebbe dovere dei medesimi rimuovere con ogni urgenza, per le ragioni in appresso indicate;

rilevato in particolare che:

lo stato economico e giuridico dei membri laici di entrambi i consessi è equiparato dalle disposizioni vigenti a quello dei membri laici del Consiglio superiore della magistratura (per i componenti laici del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, l’art. 12 della legge n. 117 del 1988 recita letteralmente che “si osservano in quanto applicabili le disposizioni di cui alla legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni”, concernenti il Consiglio superiore della magistratura; per i membri laici del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, l’art. 7, comma 5, della legge n. 186 del 1992 fa rinvio all’art. 12 della legge n. 117 del 1988 dianzi menzionata, la quale, come sopra evidenziato, fa espresso rinvio alle disposizioni dettate per il Consiglio superiore della magistratura);

l’art. 33 della legge 24 marzo 1958, n. 195, che disciplina lo status dei membri laici del Consiglio superiore della magistratura, dispone letteralmente: “Incompatibilità - I componenti [del Consiglio superiore della magistratura] eletti dal Parlamento, finché sono in carica, non possono essere iscritti negli albi professionali. Non possono neanche essere titolari di imprese commerciali, né far parte di consigli di amministrazione di società commerciali”;

con encomiabile senso istituzionale, i componenti laici del Consiglio superiore della magistratura eletti dal Parlamento hanno sempre e costantemente ottemperato a tali disposizioni, rinunziando allo svolgimento di attività libero professionali o di consigliere d’amministrazione di società commerciali;

viceversa, i membri laici eletti dal Parlamento nei Consigli di Presidenza della Corte dei conti e della giustizia amministrativa, che versano in analoghe fattispecie (in quanto iscritti ad albi professionali o consiglieri d’amministrazione di società commerciali) e che fruiscono dello stesso trattamento economico riconosciuto ai membri laici del Consiglio superiore della magistratura) non risulta che si siano fatti carico - all’atto d’insediamento del nuovo Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, in data 21 maggio 2009, e all’insediamento del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, in data 15 giugno 2009 - di rimuovere tali incompatibilità in osservanza delle disposizioni sopra menzionate;

in tali occasioni, i componenti laici si sarebbero limitati a produrre una dichiarazione attestante meramente l’impegno al non esercizio di attività suscettibili di interferire con le funzioni della Corte dei conti e della giustizia amministrativa, permanendo iscritti - nonostante il divieto della norma - ai rispettivi albi professionali o continuando a svolgere l’attività di consigliere d’amministrazione di società commerciali;

rilevato inoltre che l’esigenza di terzietà in capo ai componenti laici dei Consigli di Presidenza della giustizia contabile ed amministrativa è tanto più necessaria da parte di quei membri laici la cui attività libero-professionale si svolga in misura preponderante nella sfera del diritto pubblico, caratterizzata da incarichi di consulenza e assistenza conferiti da Ministeri, Regioni, enti locali, enti ed organismi pubblici comunque denominati, soggetti alle funzioni di controllo o di giurisdizione della Corte dei conti;

ritenuto che l’eventuale permanenza - all’interno del Consiglio di presidenza della Corte dei conti - di avvocati liberi professionisti destinatari di incarichi conferiti da enti pubblici soggetti alla stessa Corte, in materie anche diverse dalla contabilità pubblica, quali il diritto costituzionale, regionale, amministrativo, tributario, contabile e commerciale, sanitario, eccetera, oltre alla violazione delle disposizioni espresse sopra richiamate, si potrebbe ulteriormente palesare tale da interferire con le funzioni della Corte dei conti, violando conseguentemente un’ulteriore norma della legge n. 112 del 1988, e specificatamente l’art. 10, comma 5, in quanto:

a) il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti a seguito e per effetto della cosiddetta mini riforma recentemente approvata dal Parlamento nel contesto della legge 4 marzo 2009, n. 15, si configura non quale organismo puramente rappresentativo sfornito di potere decisionale, né quale strumento meramente consultivo, né quale sede di elaborazioni teorico-dottrinarie, ma si connota inequivocabilmente (giusta la qualificazione concettuale e letterale impressa dal comma 8 dell’art. 11 della citata legge n. 15 del 2009) quale “organo di amministrazione”, produttivo di concreti effetti giuridicamente, amministrativamente e disciplinarmente rilevanti nei confronti dei magistrati della Corte dei conti;

b) al Consiglio di Presidenza, in particolare, competono importanti poteri amministrativi tali da incidere concretamente sullo stato giuridico ed economico (in materia di assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti, promozioni, conferimenti di uffici direttivi, provvedimenti disciplinari eccetera), e quindi sulla piena e reale autonomia degli stessi magistrati della Corte dei conti, chiamati ad assumere provvedimenti di controllo o emettere sentenze nei riguardi di enti ed organismi pubblici committenti-clienti degli avvocati membri laici del Consiglio di Presidenza, in una situazione di commistione d’interessi che la normativa citata – ma inosservata – intendeva prevenire;

c) a far tempo dal 2009, inoltre, i componenti laici eletti dal Parlamento in seno al Consiglio di Presidenza della Corte dei conti eserciteranno dette funzioni amministrative nei confronti della magistratura contabile in misura ancora più determinante che in passato, in quanto il loro ruolo - che a tutt’oggi era nettamente minoritario sotto il profilo numerico - si è ora notevolmente accresciuto, a seguito della drastica riduzione del numero dei magistrati togati all’interno del collegio, ridotto da 10 a 4, allo stesso livello, cioè, dei componenti di designazione parlamentare, rimasti 4, riduzione parimenti introdotta dal comma 8 dell’art. 12 della richiamata legge n. 15 del 2009;

d) ove legittimati alla prosecuzione dell’attività libero-professionale a favore degli enti sottoposti al giudizio della Corte dei conti, si profilerebbe altresì l’eventualità di una rendita di posizione a favore dei professionisti eletti in seno al Consiglio di Presidenza della Corte, in violazione del più elementare diritto di eguaglianza e della parità di condizioni, creando altresì i presupposti di effetti distorsivi nell’ambito della stessa realtà professionale;

e) la permanenza di membri laici esercenti attività libero-professionale in tale contesto, oltre alla violazione generale dell’art. 12 della legge n. 117 del 1988, dell’art. 33 della legge n. 195 del 1958, verrebbe altresì a costituirsi quale illegittima interferenza sull’autonoma attività della Corte, violando, conseguentemente, il disposto di cui all’art. 10, comma 5, della legge n. 117 del 1988;

ritenuto altresì che, per quanto concerne alcuni membri laici eletti dal Parlamento, la normativa vigente dianzi menzionata, opportunamente rigorosa, al fine di prevenire sconvenienti conflitti d’interesse e di preservare il carattere di terzietà in capo ad organismi preposti a garantire l’autonomia, l’indipendenza della magistratura contabile e di quella amministrativa nei confronti del mondo delle libere professioni - sia stata disattesa successivamente a tale elezione, e tale tuttora risulti, e che sia pertanto urgente ed indifferibile attivare idonee procedure al fine di ripristinare la loro piena osservanza;

considerato che rientrano nelle competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri – e segnatamente dell’Ufficio studi e rapporti istituzionali, Servizio per il personale delle magistrature – i rapporti istituzionali con il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e con il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa; la predisposizione dei provvedimenti di nomina dei membri (togati e laici) del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa; le attività inerenti alla gestione amministrativa delle magistrature della Corte dei conti, del Consiglio di Stato e dei TAR eccetera,

si chiede di conoscere quali valutazioni il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga di manifestare a fronte delle situazioni di fatto e di diritto sopra rappresentate.