Pubblicato il 9 giugno 2009, nella seduta n. 218
DONAGGIO , NEROZZI - Al Ministro dello sviluppo economico. -
Premesso che:
la produzione industriale italiana, secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica, a dicembre ha segnato un calo tendenziale del 12,2 per cento che si amplia al 14,3 per cento, se il dato viene corretto per i giorni lavorativi: a quanto risulta agli interroganti, si tratta del dato peggiore da gennaio del 1991;
su base mensile la riduzione è pari al 2,5 per cento, l'intero 2008 ha chiuso con un calo della produzione pari al 4,3 per cento rispetto al 2007, mentre il crollo dei consumi elettrici del mese di febbraio del 2009 (come testimonia la riduzione pari all'8,9 per cento) conferma le preoccupazioni per un ulteriore peggioramento nel 2009;
la crisi ha investito in pieno anche la chimica italiana, la recessione in atto sta colpendo la domanda di beni durevoli di investimento e non è escluso che nei prossimi mesi possa raggiungere anche settori di più largo consumo;
solo nel settore chimico e manifatturiero la cassa integrazione ha travolto pressoché tutte le aree produttive: nel mese di febbraio del 2009 è aumentata del 763,46 per cento (dati dell'Istituto nazionale di previdenza sociale) rispetto allo stesso periodo del 2008;
la produzione industriale nell'ultimo trimestre (rispetto a settembre 2008) ha fatto registrare il tracollo della gomma (con una riduzione del 28,8 per cento), delle produzioni di base della chimica (con un decremento del 20,7 per cento), del vetro (con una riduzione pari al 18,2 per cento), della ceramica (con un decremento dell'11 per cento);
stanno andando a picco, infine, le esportazioni dei prodotti chimici (con una riduzione pari al 40,9 per cento), effetto della crisi globale della quale la produzione della chimica italiana ha avvertito - prima di altre - il calo internazionale dei consumi. Se a ciò si aggiunge la scarsa competitività del sistema produttivo italiano, entrato in recessione prima di altri Paesi europei, la crisi del settore è non solo del tutto evidente ma anche profondamente preoccupante;
incombono inoltre le pessime previsioni di crescita della produzione per il 2009, che potrebbe chiudere con una riduzione del 4,5 per cento: la chimica di base passerebbe da un 3,6 per cento a zero; plastiche e resine, dal 2,1 per cento ad un decremento pari all'1 per cento; le fibre chimiche, ad una riduzione dell'11 per cento; fertilizzanti, ad un decremento del 3,5 per cento; vernici, ad una riduzione pari allo 0,5 per cento; una situazione meno drammatica invece si profilerebbe per quella parte della chimica che si rivolge a beni non durevoli: materie prime e intermedie per l'industria cosmetica, detersivi, additivi per l'industria alimentare;
nonostante questo quadro, alcune produzioni hanno «retto», pur in un quadro così difficile, in quanto particolarmente richieste dal mercato: il politene (plastica per tubi di irrigazione); gli elastomeri (gomme) il cui petrolchimico di Ravenna è il numero uno in Europa; gli stirenici (paraurti per auto, plastiche per air bag, plastiche antiurto) di cui il solo stabilimento di «Polimeri Europa» (gruppo Eni) di Mantova produce oltre un milione di tonnellate all'anno;
i riflessi di questa situazione sul lavoro sono preoccupanti, la Filcem-Cgil stima in oltre 20.000 gli addetti del settore a rischio (il 14 per cento della forza lavoro totale) tra cassa integrazione ordinaria, straordinaria, mobilità; circa 1.000 sarebbero le mancate conferme di lavoratrici e lavoratori a tempo determinato, oltre a migliaia di addetti «sospesi» tra proroga e cassa integrazione in deroga delle aziende in appalto, prevalentemente concentrati nella manutenzione, nella logistica, nei servizi;
l'industria chimica italiana rischia pertanto di ridursi ai minimi termini: pesa infatti la lenta ma progressiva fuoriuscita dalla chimica del gruppo Eni e della sua società «Polimeri Europa», nonostante il recente e positivo accordo raggiunto tra Safi (Sartor), la multinazionale inglese Ineos, ed Eni per il rilancio del ciclo del cloro a Porto Marghera (Venezia), Ravenna e Porto Torres e per la sostituzione delle celle a mercurio con quelle a membrana che renderanno la chimica sempre più competitiva ed ecocompatibile;
a tale situazione si aggiunge il fatto che la società Montefibre ha reso note ulteriori difficoltà legate al permanere della crisi produttiva delle fibre sintetiche artificiali che può compromettere l'attuazione dell'accordo dell'agosto 2008 sulla realizzazione dell'innovativa fibra al carbonio;
conseguenze nefaste sono poi probabili nel polo di Priolo-Siracusa (2.000 le unità in pericolo), mentre prosegue la stato di crisi dell'Eurallumina di Portovesme (Sulcis) (Calabria-Iglesias) che fermerà gli impianti per un anno, dalla metà di marzo 2009, con conseguente cassa integrazione straordinaria per 450 lavoratori (oltre 700 se si comprende l'indotto). Pressoché al collasso è la Caffaro di Torviscosa (Udine) e di Brescia (circa 400 i dipendenti coinvolti) per la quale è stato nominato il commissario liquidatore;
chimica e petrolchimica scontano l'effetto della crisi mondiale prima di altri settori, perché rappresentano l'anello della catena delle materie prime necessarie alla trasformazione dei prodotti per il comparto manifatturiero (tessile, gomma-plastica, auto, vetro, concia, ceramica) che, a sua volta, risente direttamente della crisi;
l'Italia deve tornare a un serio impegno nel settore della chimica, in assenza del quale sarà inevitabile la deindustrializzazione con gravissime conseguenze sull'occupazione, sull'economia industriale, sulla bilancia commerciale dei pagamenti;
a giudizio degli interroganti non è più sufficiente sostenere a parole che la «chimica è strategica», è necessario passare ai fatti, la chimica è sempre stata leader e motore del "Made in Italy" perché alle spalle degli stilisti o del design industriale ci sono quasi sempre state le ricerche e l'innovazione in campo chimico;
sono infine gravi sia il ritardo nella rivisitazione dei processi produttivi in chiave di sostenibilità ambientale, che la lentezza del sistema amministrativo e istituzionale che costringono i territori a sopportare pesanti impatti ambientali;
il 9 luglio 2008 il Ministro dello sviluppo economico ha promesso che sarebbe stato convocato entro settembre un tavolo negoziale sulla chimica, ma ad oggi ancora non se ne sa nulla;
ad opinione degli interroganti occorre fare presto e bene perché il settore ha urgente bisogno di essere considerevolmente rilanciato attraverso investimenti per le infrastrutture, sapere, brevetti, bonifiche, innovazione e ricerca, per restituire dignità alla chimica e quel ruolo da protagonista che le compete nello sviluppo economico e sociale del Paese,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, alla luce dei fatti esposti in premessa, non ritenga opportuno:
convocare con estrema urgenza un tavolo generale di confronto per il rilancio della chimica italiana, che parta dal monitoraggio della situazione relativa a tutti gli accordi di programma esistenti nei siti;
attivarsi affinché una quota significativa degli enormi dividendi che il Ministero dell'economia e delle finanze ricava dall'Eni sia destinata al settore per nuovi investimenti nelle produzioni e nelle eccellenze di mercato (politene, elastomeri, stirenici);
predisporre un impegno massiccio di investimenti in ricerca scientifica, formazione, innovazione, anche estendendo il programma per l'innovazione del progetto «Industria 2015»;
predisporre misure fiscali di vantaggio - soprattutto nel Mezzogiorno e per un periodo limitato di tempo - a favore delle piccole e medie imprese (il 92 per cento del tessuto produttivo della chimica secondaria);
attivarsi in sede europea affinché si adottino interventi legislativi a sostegno di imprese e di poli chimici che rispettino le norme ambientali, evitando delocalizzazioni e trasferimenti in Paesi meno rigorosi nella regolamentazione ambientale e favorendo forme di agevolazione fiscale mirate alle imprese che hanno deciso di insediarsi in Italia;
incentivare fusioni e accorpamenti per favorire la crescita dimensionale delle piccole imprese per accrescerne la massa critica e la competitività anche utilizzando le risorse provenienti dai cosiddetti «Tremonti bond» e dalla Cassa depositi e prestiti;
ridurre il differenziale del costo dell'energia con gli altri Paesi concorrenti anche per mezzo della convocazione, come peraltro più volte annunciato dal Governo, della Conferenza nazionale sull'energia;
semplificare le procedure burocratiche autorizzative per facilitare investimenti e attrazione di capitali esteri, attraverso una riforma della pubblica amministrazione affinché sia più vicina a cittadini e imprese;
sviluppare le nuove tecnologie ambientali per bonificare e recuperare i siti ad una chimica «più verde» e attenta alla qualità della vita nei territori.