Pubblicato il 29 aprile 2009
Seduta n. 196
VIMERCATI , SIRCANA , FILIPPI Marco , SANGALLI , BUBBICO , ZANDA - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti e della giustizia. -
Premesso che un adeguato sviluppo delle reti ferroviarie ad alta velocità in connessione con le reti transeuropee (TEN) di interesse internazionale riveste un ruolo essenziale per l'economia nazionale e la modernizzazione del sistema dei trasporti per l'Italia;
considerato che:
la Corte dei conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, in adunanza congiunta dei Collegi I e II del 21 novembre 2008, ha sottoposto ad analisi lo schema giuridico utilizzato per il finanziamento delle opere relative alla ferrovia ad alta velocità, ed ha esposto le proprie conclusioni in merito nelle «Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., RFI, TAV, ISPA per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema "Alta velocità"»;
la Corte ha esposto critiche puntuali ed esplicite:
a) sulla sostanziale inutilità dell’affidamento delle operazioni ad una società per azioni, interamente controllata dal Ministro dell'economia e delle finanze e governata attraverso atti vincolanti, non in grado di agire secondo gli ordinari canoni imprenditoriali e affidata ad un management privo dei poteri necessari e non sempre adeguato sul piano tecnico-finanziario;
b) sull’adozione di un modello di project financing atipico e basato su valutazioni che si sono rivelate sostanzialmente errate, dal momento che i flussi in entrata e i proventi delle attività che avrebbero dovuto finanziare le opere erano in origine evidentemente insufficienti (la Corte parla addirittura di “stime di flussi e ritorni economici non solo aleatori, ma anche irrealistici e sostanzialmente inesistenti”); il documento della Corte evidenzia, inoltre, come il giudizio negativo riguardi quindi "non la ipotesi astratta di patrimoni separati e dedicati alla finanza di progetto, ma la formula in concreto adottata che non poteva non condurre al fallimento finale, acclarato dalla disposizione della legge finanziaria 2007";
c) sul fatto che, in tal modo, il trasferimento al debito dello Stato era fin dal principio ipotizzabile come unica soluzione al problema dell’accollo degli oneri di realizzazione e gestione delle opere e che l’operazione era dunque priva dei requisiti di giustificazione dell’investimento pubblico in chiave d’impresa. Queste le parole della Corte: “è emersa allora evidente la forzatura iniziale che, attraverso un progetto finanziario troppo ottimistico, ipotizzava un autofinanziamento mediante project finance: in realtà si trattava ab origine di linee ferroviarie finanziate con debito pubblico futuro, neppure acquisito alle migliori condizioni di mercato”;
d) sulla complessiva operazione di finanza di progetto, in cui, a differenza di ciò che accade normalmente in procedimenti analoghi di public private partnership, l’intero rischio derivante dall’attività economica incombe sulla parte pubblica;
e) sull’inadeguatezza e sulla responsabilità, oltre che del management della società, dell’azione di chi, all’interno dell’organizzazione dell’azionista unico (il Ministero dell'economia), avrebbe dovuto vigilare sull’azione complessiva, lamentando in particolare, l’assenza di intervento sulla trasparenza dell’acquisizione dei prodotti finanziari accessori, onerosi e scelti senza adeguata procedura concorrenziale;
f) sulla sostanziale indefinibilità dell’ammontare reale del debito futuro accollato allo Stato, in ogni caso nell’ordine di diversi miliardi di euro, che inevitabilmente graverà sulle future generazioni;
g) sul fatto che, in questo quadro, i miglioramenti dei risultati di gestione della holding Ferrovie dello Stato sono solo apparenti, “dal momento che questi non sono indotti dalla efficientazione dei servizi, ma dal correlato e criptico scarico sul bilancio statale. Nella buona sostanza detti miglioramenti non possono essere certo ascritti a meriti del management, ma al periodico sacrificio dei contribuenti”. Così, l’equilibrio dei conti dell’operazione appare pura “cosmesi contabile”, finalizzata a mascherare un possibile maggior indebitamento dello Stato,
si chiede di sapere dai Ministri in indirizzo:
quale sia l’ammontare reale del debito accollato allo Stato in ragione dell’operazione sopra riportata, se detto debito sia stato oggetto di contabilizzazione nei bilanci dello Stato e le modalità di copertura dello stesso;
se la Corte dei conti o altro organo giurisdizionale italiano o comunitario abbia avviato procedure in relazione ai fatti dedotti ovvero quali provvedimenti il Governo intenda adottare per fare fronte al debito derivante dall’operazione descritta dalla Corte dei conti e quali misure, rientranti nella propria competenza, intenda promuovere nei confronti del management di Infrastrutture SpA responsabile della critica situazione e dei dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze responsabili dei mancati controlli e di insufficiente vigilanza.