Atto n. 4-01259

Pubblicato il 12 marzo 2009
Seduta n. 171

FIORONI , GRANAIOLA , BIONDELLI , MUSI , MARITATI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. -

Premesso che:

periodicamente viene riproposto sia dalle imprese che dai consumatori l’annoso problema relativo all’emissione, gestione e utilizzo dei cosiddetti “buoni pasto”, ossia di quei buoni di valore predefinito concesso dal datore di lavoro ai dipendenti che, per necessità di servizio, non possono godere della mensa aziendale, o non hanno la possibilità di rientrare a casa durante la pausa pranzo;

negli ultimi anni l'utilizzo dei "buoni pasto" ha subito un forte incremento; in particolare, si calcola che attualmente siano circa 2 milioni i lavoratori che usufruiscono regolarmente dei “buoni pasto” e oltre 100.000 gli esercizi convenzionati distribuiti sull'intero territorio italiano;

la crescente diffusione di tale prestazione sostitutiva è indubbiamente dovuta ai reali vantaggi che il suo utilizzo comporta sia nei confronti del datore di lavoro (pubbliche amministrazione e aziende private) che in tal modo può sottrarsi agli alti costi di cui dovrebbe farsi carico per la realizzazione e la gestione di una mensa interna all'azienda, sia nei confronti del lavoratore cui viene offerta la possibilità di consumare il pasto durante la pausa pranzo nel modo più consono alle proprie esigenze;

ai fini fiscali, l'articolo 51, comma 2, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 917, del 22 dicembre 1986, dispone la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente delle somministrazioni in mense aziendali fino a un valore complessivo giornaliero di 5,29 euro;

in Italia, anche a fronte della forte erosione del potere d'acquisto di salari e stipendi registrata negli ultimi anni, il valore defiscalizzato di un buono pasto è fermo da oltre 15 anni a 5,29 euro, diversamente da quanto avviene in altri Paesi europei (in Spagna l’esenzione è di 9 euro, in Francia di 7) dove i Governi hanno provveduto ad innalzare la soglia dell'esenzione fiscale e contributiva dei buoni pasto adeguandola al costo della vita;

considerato che:

negli ultimi mesi, anche a seguito della grave crisi economica che sta investendo il nostro Paese, le associazioni delle imprese e dei consumatori sono tornate a farsi sentire con particolare vigore per spingere il Governo a prevedere in tempi brevi l' aumento del valore dei buoni pasto a 10 euro, nonché a rivedere i criteri di attribuzione delle gare;

in particolare, l'intervento richiesto in ordine ai criteri di attribuzione delle gare si rende necessario in quanto la normativa attualmente vigente in materia non impedisce che le aste si possano svolgere al ribasso; tale prassi è fortemente penalizzante sia per gli esercizi commerciali, su cui viene fatto ricadere lo sconto che le società emettitrici applicano pur di vedersi aggiudicata la gara, sia sul consumatore che in molti casi vede sottostimato il valore nominale del buono da 5,29 a 4,50 euro;

tra l'altro, sulle imprese gravano, oltre agli alti i costi di commissione (aumentati, secondo quanto sostenuto da alcune associazioni, di circa il 900 per cento), anche i costi finanziari che le imprese devono sostenere per il recupero delle spettanze (dai 45 ai 150 giorni), nonché i rischi collegati alla scadenza e alla validità dei buoni accettati;

un altro problema è quello relativo alla scadenza apposta sui buoni pasto, attualmente fissata al 31 dicembre dell'anno di emissione; infatti, dal mancato utilizzo del buono pasto entro la data prefissata (stimato intorno al 10 per cento circa dei buoni pasto emessi) deriva una perdita per il possessore del buono, pari al 15 per cento del valore dello stesso, a cui corrisponde un ingiusto guadagno per le aziende emettitrici,

si chiede di sapere:

quali urgenti misure i Ministri indirizzo, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano mettere in atto per risolvere in via definitiva i problemi rilevati in premessa in ordine all'emissione, alla gestione e all'utilizzo dei cosiddetti "buoni pasto" anche al fine di fornire un valido sostegno alle famiglie e alle numerose imprese coinvolte sull'intero territorio italiano;

se, in particolare, non si ritenga necessario intervenire con la massima sollecitudine al fine di adeguare il valore dei suddetti buoni al costo della vita attraverso l'innalzamento della soglia di esenzione fiscale e contributiva dei buoni pasto dagli attuali 5,29 euro a 10 euro;

se, inoltre, non si ritenga opportuno eliminare o, in alternativa, rendere quinquennale la data di scadenza riportata sui buoni pasto, per impedire che dalla previsione di tale scadenza attualmente fissata al 31 dicembre di ogni anno non derivi un danno economico per il lavoratore ed un ingiusto guadagno per le aziende emettitrici;

infine, se non si ritenga necessario promuovere una modifica della normativa che disciplina le gare d'appalto in tale settore per impedire che l'aggiudicazione delle gare per la fornitura dei buoni pasto continui avvenire attraverso il meccanismo delle aste al ribasso, fortemente penalizzanti per gli esercenti e per i consumatori finali.