Pubblicato il 25 settembre 2008
Seduta n. 61
PORETTI , BONINO , PERDUCA , CHIAROMONTE , THALER AUSSERHOFER , ICHINO , NEGRI , BLAZINA , SBARBATI
Il Senato,
premesso che:
a trenta anni dall'entrata in vigore della legge n. 194 del 1978 "Norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza" occorre prendere atto che aver disciplinato e regolamentato il ricorso all'aborto ha portato ad una riduzione del 60 per cento delle interruzioni di gravidanze e del 90 per cento degli aborti clandestini, praticati spesso in condizioni sanitarie inadeguate con rischio per la salute della donna. L'ultima relazione annuale sull'attuazione di questa legge, inviata al Parlamento il 21 aprile 2008, rileva come nel 2007 siano state effettuate 127.038 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), con un decremento del 3 per cento rispetto al 2006 (in cui si erano verificati 131.018 casi) e un decremento del 45,9 per cento rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'IVG (con 234.801 casi);
se si considerano soltanto le cittadine italiane, i casi di IVG nel 2006 scendono a 90.587, con una riduzione del 3,7 per cento rispetto al 2005: riduzione più rapida nelle donne istruite, nelle occupate e nelle coniugate, dimostrando così l'aumentata capacità e consapevolezza nell'adozione di metodi per la procreazione responsabile;
questi numeri dovrebbero indurre a promuovere e rafforzare le iniziative di informazione sulla contraccezione nei consultori, nelle scuole, nelle famiglie e nei luoghi ove è più facile reperire la popolazione più a rischio;
dal 2005, prima con la sperimentazione realizzata all'ospedale Sant'Anna di Torino, poi con l'importazione diretta adottata in sei regioni (tra cui, Toscana, Emilia Romagna, Puglia, Marche e Provincia autonoma di Trento), almeno 2.350 donne in Italia hanno potuto utilizzare il Mifepristone (Ru486). L'approccio farmacologico per l'interruzione della gravidanza (definito anche aborto medico in alternativa all'aborto chirurgico) è raccomandato nelle linee guida elaborate dall'Organizzazione mondiale della sanità (Safe Abortion: Technical and Policy Guidance for Health Systems. WHO, 2003) e da altre agenzie internazionali;
questa opzione è offerta oggi solo in alcune aziende sanitarie locali, tramite la faticosa, lenta e spesso tardiva procedura di importazione individuale, che crea una evidente disparità dei livelli di assistenza, mentre negli altri Paesi europei (in 21 Paesi dell'Unione europea è in commercio) questa metodica è in uso dagli anni '90 e nel 2006 più di un quarto delle donne ha scelto l'aborto farmacologico, senza che la sua introduzione abbia modificato l'andamento del tasso di abortività e il rischio di complicanze;
la difficoltà per l'autorizzazione alla sua commercializzazione anche in Italia risulta sempre più incomprensibile, visto che è stata avviata la pratica del mutuo riconoscimento secondo quanto previsto dall'articolo 31 della direttiva europea 2001/83/CE. Il 29 marzo 2007 il Comitato per le specialità medicinali dell'Emea, l'Agenzia europea del farmaco, ha dato il via libera alla pillola abortiva Ru486 prodotta dai "Laboratoires Exelgyn", a seguito della procedura europea partita dalla Francia; il 20 giugno 2007 la Commissione europea, all'unanimità, ha fatto proprio il parere positivo dell'Emea; il 6 novembre 2007, la casa produttrice ha presentato all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) una richiesta di mutuo riconoscimento dell'autorizzazione francese alla commercializzazione e il 27 febbraio 2008 la commissione tecnico-scientifica dell'Aifa ha dato parere favorevole. Successivamente sarebbero dovuti rimanere solo una serie di passaggi burocratici, ed entro il mese di maggio 2008, la ratifica da parte del Consiglio di amministrazione della stessa Aifa;
i dati che devono far riflettere riguardano l'obiezione di coscienza, disciplinata dalla legge sia per il personale medico che infermieristico: sette ginecologi su dieci sono obiettori. L'ultima relazione è riuscita finalmente ad aggiornare dati che in quelle precedenti riportavano numeri e percentuali risalenti in alcuni casi al 1999. A livello nazionale, per i ginecologi si passa dal 58,7 per cento al 69,2 per cento; per gli anestesisti, dal 45,7 per cento al 50,4 per cento; per il personale non medico, dal 38,6 per cento al 42,6 per cento. Per alcune regioni l'aumento è molto rilevante, soprattutto nel Sud. Ad esempio in Campania i dati sono quasi raddoppiati, in quanto l'obiezione per i ginecologi aumenta dal 44,1 per cento al 83,0 per cento.; per gli anestesisti dal 40,4 per cento al 73,7 per cento; per il personale non medico, dal 50 per cento al 74 per cento. In Sicilia, per i ginecologi l'obiezione aumenta dal 44,1 per cento al 84,2 per cento; per gli anestesisti dal 43,2 per cento al 76,4 per cento; per il personale non medico, dal 41,1 per cento al 84,3 per cento. Ma anche nel Nord, come ad esempio in Veneto, l'obiezione è superiore al dato nazionale: per i ginecologi, 79,1 per cento; per gli anestesisti, 49,7 per cento; per il personale non medico, 56,8 per cento;
e se questi numeri già sembrano impressionanti, è probabile che siano ancora sottostimati;
il caso della Basilicata resta ad oggi un giallo ancora irrisolto: nella relazione ministeriale dell'anno 2005 i ginecologi obiettori erano il 41,6 per cento, mentre solo un anno prima, nel 2004, la relazione riferiva di un 92,6 per cento. Nell'ultima relazione crescono di poco arrivando al 44,9 per cento, dato da isola felix comparato alle altre regioni limitrofe (Campania 82,8, Puglia 79,9, Calabria 73,5 per cento);
situazioni che per la donna significano un calvario: la ricerca di un medico non obiettore comporta allungamento dei tempi, interlocutori non sempre disponibili, donne che devono emigrare da una regione all'altra e, sopratutto tra le immigrate, il possibile ricorso all'aborto clandestino. La questione dell'obiezione di coscienza è particolarmente delicata negli ospedali, essendo l'unico posto in cui è possibile praticare le IVG, poiché per la procedura la donna oltre che al consultorio può rivolgersi a qualunque medico di fiducia;
per ridurre ulteriormente il ricorso all'aborto è necessario promuovere la contraccezione e i metodi per la procreazione responsabile, realizzando specifiche campagne informative e pubblicitarie sui sistemi contraccettivi;
inoltre, occorre rimuovere gli ostacoli che limitano l'accesso alla contraccezione d'emergenza, la cosiddetta "pillola del giorno dopo", che non è abortiva e che sarebbe meglio chiamare "pillola dell'ora dopo" poiché l'efficacia è massima nelle prime 12 ore dal rapporto e si dimezza ogni 12 ore. In particolare un indiscusso beneficio potrà derivare dall'abolizione dell'obbligo di ricetta, non ripetibile, come è avvenuto negli Usa e in gran parte dei Paesi Ue (Francia, Gran Bretagna, Belgio, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Svezia). In molti Paesi, tra cui la Francia, è addirittura disponibile gratuitamente nell'ambito di progetti specifici per le ragazze minorenni e a scuola,
impegna il Governo a rafforzare le garanzie ed il rispetto dei diritti della donna attraverso le seguenti azioni:
favorire maggiori informazioni sulla contraccezione, promuovendo anche campagne ad hoc sulle fasce delle popolazione più a rischio, in particolare nei consultori e nelle scuole, nonché prevedendo anche l'inserimento dell'informazione sessuale tra le materie d'insegnamento scolastico;
eliminare l'obbligo di ricetta per la pillola del giorno dopo e prevedere la disponibilità gratuita per le adolescenti;
consentire l'effettuazione dell'interruzione volontaria di gravidanza in regime di intramoenia, anche in strutture sanitarie private convenzionate, prevedendo una tariffazione analoga a quella prevista dai DRG;
prevedere una programmazione regionale degli ospedali in cui debbono effettuarsi le IVG, garantendo aggiornamento scientifico e qualificazione professionale del personale;
prevedere che ogni forma di colloquio per un ulteriore approfondimento con personale estraneo al servizio, volontari o personale obiettore, sia attivato su richiesta della donna o per decisione del medico, ma non sia imposto coattivamente;
prevedere il rispetto di tempi certi per le strutture che debbono assicurare l'intervento allo scadere dei sette giorni o, in caso di procedura di urgenza, subito come prescrive la citata legge n. 194;
garantire un riequilibrio del personale medico e infermieristico, come peraltro previsto all'articolo 9 della legge n. 194 attraverso la mobilità del personale, nell'ambito di livelli minimi e di una programmazione regionale, che preveda almeno il 50 per cento di personale non obiettore. Anche al fine di garantire al personale "non obiettore" di occuparsi forzatamente solo delle IVG;
prevedere la possibilità di ricorso all'aborto farmacologico con la Ru486 in maniera omogenea su tutto il territorio garantendo l'immissione in commercio anche in Italia del Mifepristone, nel pieno rispetto della legge n. 194.