Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 2-00129

Atto n. 2-00129 (procedura abbreviata)

Pubblicato il 30 gennaio 2007
Seduta n. 96

CUTRUFO , PISTORIO - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. -

Risultando agli interpellanti che:

nel comune di Gela (in provincia di Caltanissetta) esiste un arcipelago di 28 "isole" e di 6 "aree attrezzate" che si estende per il totale di una superficie di 5.000 chilometri quadrati e che si affaccia su una porzione di mare di circa 46 chilometri. A collegare terra e mare è disposto un pontile con diga lungo circa 2.900 metri e largo 10 metri e che consente l'attracco di anche sei petroliere simultaneamente; un sistema di boe, a 5.400 metri dalla costa, è riservato a navi fino a 80.000 tonnellate;

su queste "isole" si sviluppano impianti di produzione di cloro, soda, dicloretano, di stoccaggio di concimi complessi, di raffinazione del petrolio ed alcuni giacciono dismessi e in attesa di bonifica;

una barriera fisica in cemento-bentonite, per una lunghezza di circa 3000 metri, lo mette in minima e scarsa parte in sicurezza;

i dati relativi al monitoraggio idrochimico della falda, infatti, evidenziano la non efficacia dell'intervento adottato, in quanto viene riscontrata una concentrazione di arsenico pari a 25.000 volte la concentrazione limite accettabile indicata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

la situazione non appare migliore sulle "Isole";

a quanto consta agli interpellanti, dai risultati analitici delle campagne di monitoraggio delle acque di falda, si rilevano presso queste superamenti giudicati rilevanti, secondo le Tabelle del predetto decreto legislativo, per arsenico, mercurio, nichel, cadmio, benzene, e cloruro di vinile. È presente anche una diffusa contaminazione da composti alifatici clorurati cancerogeni;

contigui ad alcune di queste "isole", vi sono campi adibiti ad uso agricolo, dove sono insediate cascine ad abitazione ed aree di libero accesso ed in cui le concentrazioni dei singoli parametri chimici corrispondono o sono simili alle caratteristiche chimiche delle acque di falda;

a quanto consta agli interpellanti, da uno studio epidemiologico descrittivo condotto nell'area geografica in questione, sono stati rilevati significativi eccessi di rischio rispettivamente dell'80%, del 30% e del 10% in caso di patologie come la labiopalatoschisi, i difetti dei setti cardiaci e le malformazioni totali. Sono stati messi, inoltre, in evidenza numerosi eccessi di prevalenza di malformazioni congenite;

si tratta di un territorio dichiarato dal Consiglio dei Ministri (con delibera del 30 novembre 1990) "Area di elevato rischio di crisi ambientale" e che si trova al centro della splendida Sicilia;

non è, dunque, un'area perimetrica lontana dai centri urbani, ma, viceversa, ricade nel territorio del comune di Gela (Caltanissetta), la cui "vita" ed "esistenza" non è balzata agli onori della cronaca in quanto primo insediamento del popolo greco nella penisola, ma piuttosto perché luogo di violenza ambientale e oltraggio del diritto alla salute dei cittadini;

ad aggravare questa situazione di grave inquinamento ambientale sono intervenute, a giudizio degli interpellanti, le disposizioni normative che modificano il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22, che introducevano la novità, in deroga a tale regime, di consentire l'uso del petcoke nell'ambito del luogo di produzione per alimentare impianti di combustione;

con le nuove disposizioni, il limite delle emissioni inquinanti in atmosfera veniva portato ad un livello pari a cinque volte quello previsto per gli inceneritori;

l'esigenza dell'innovazione normativa sembra sia stata fondata anche dal fatto che nei citati impianti di Gela, che appartengono all' ENI-Agip, veniva adottata la tecnica più evoluta che permetteva una combustione ambientalmente sicura di petcoke;

tale tecnica, sistema SNOX, in realtà ha dimostrato di non risolvere adeguatamente il problema dell'emissione dei metalli, che costituiscono un pericoloso ed insidioso effetto collaterale dell'utilizzo del petcoke;

nella fase di conversione in legge del predetto decreto, il Governo esprimeva orientamento favorevole rispetto ad un ordine del giorno che, ad onta dell'ampia formulazione e dunque della universale applicazione sul territorio nazionale delle nuove disposizioni, delimitava l'ambito di applicazione delle medesime misure esclusivamente alla realtà industriale del petrolchimico di Gela;

a quanto consta, la giustificazione di fondo a questa vera e propria lex specialis risiedeva nel fatto che, a seguito dell'intervento della magistratura che aveva messo sotto sequestro gli impianti di stoccaggio del petcoke, l'ENI-Agip aveva sospeso l'attività di tutto l'impianto e ne minacciava la chiusura definitiva per ragioni di antieconomicità gestionale;

ciò avrebbe provocato la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro e il relativo impoverimento, o peggio annichilimento, delle attività dell'indotto che insistono sul territorio;

tale possibile decisione suonò quasi come un ricatto, che inevitabilmente condizionò le realtà sociali e politiche, locali e nazionali, che si opposero con forza alla chiusura degli impianti;

il Parlamento deliberò dunque, a giudizio degli interpellanti, senza operare il giusto bilanciamento e contemperamento degli interessi a confronto, in quanto derogò all'essenziale, e gerarchicamente superiore, diritto alla salute (garantito dalla Costituzione, all'art. 2, anzitutto, e successivamente nello specifico articolo 32) subordinandolo a quello del lavoro e dello sviluppo economico, indicati solo nei successivi articoli che compongono il Titolo III della Costituzione stessa;

a ciò si aggiunga anche il fatto che, proprio nel 2000, il bilancio di esercizio dell'ENI-Agip aveva registrato un avanzo netto di 14.000 miliardi di lire e, proprio per questo, si era avviata la stagione della sua privatizzazione;

rimane da constatare, dunque, che in Italia ben sei centrali termoelettriche su sette funzionano a gas, con impatti e ripercussioni ambientali assai meno dannosi, mentre non appare chiaro per quale motivo la sola città di Gela dovrebbe essere esclusa da tale possibilità, dal momento che una siffatta conversione dell'impianto potrebbe essere immediatamente realizzata,

si chiede di conoscere:

quali provvedimenti i Ministri in indirizzo, ciascuno per le competenze di riferimento, intendano adottare in ordine alle seguenti materie:

un eventuale intervento, come proprietà dell'azionariato ENI, al fine di eliminare del tutto l'utilizzazione del petcoke come combustibile per il funzionamento della centrale termoelettrica dell'impianto petrolchimico dell'Eni-Agip di Gela;

adozione di tecnologie più moderne di alimentazione della predetta centrale, quali ad esempio la Eny Slurry Technology (EST) oppure la Gas To Liquid (GTL), già utilizzate dall'ENI in altri suoi impianti e che non registrano incidenze nefaste sul piano ambientale e su quello sanitario;

eventuale abrogazione, attraverso gli atti di specifica competenza, delle norme contenute nel decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22 e dei comportamenti assunti dal Governo, nel rispetto delle indicazioni espresse dal Parlamento, con l'approvazione di apposito ordine del giorno, ripristinando così la condizione di pari dignità dei cittadini di Gela nei confronti di tutti gli altri cittadini italiani;

procedere ad un piano di risanamento ambientale del territorio devastato dalla presenza del complesso petrolchimico, con il certo consenso di tutti i soggetti, territoriali e non, sensibili alla tutela dei valori primari dell'ambiente e della salute.