Atto n. 4-01098

Pubblicato il 23 gennaio 2007
Seduta n. 92

RUSSO SPENA , BOCCIA Maria Luisa , DI LELLO FINUOLI - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

risulta agli interroganti, anche sulla base di dichiarazioni contenute nelle lettere di numerosi detenuti, nonché dei dati pubblicati nel Rapporto Antigone, che la Casa circondariale dell’Ucciardone di Palermo presenta carenze strutturali e problemi di gestione di assoluta gravità;

in particolare, molti detenuti lamentano l’assenza di sistemi di riscaldamento, che determina gravi problemi di raffreddamento e una maggiore suscettibilità a contrarre patologie respiratorie di vario tipo, contribuendo a peggiorare sensibilmente le condizioni di vita dei detenuti, fino al limite della tollerabilità;

le modalità di realizzazione del percorso trattamentale sono alquanto carenti, dal momento che non risultano essere previsti corsi di studio o di formazione professionale sufficienti a garantire il diritto allo studio e allo sviluppo formativo dei detenuti, né il carcere è dotato di una biblioteca o di analoghi locali, idonei a consentire la consultazione di libri, computer, riviste, giornali;

le stesse attività lavorative sono estremamente limitate, anche per i detenuti sottoposti a regimi detentivi ordinari, e non di “sicurezza rafforzata”;

secondo quanto dichiarato dai detenuti, ogni richiesta di acquisto di libri è sistematicamente rigettata sulla base di un’asserita (e non meglio motivata) impossibilità di comprare libri, contrariamente a quanto prescritto dalla normativa sull’ordinamento penitenziario, dal regolamento di attuazione e dalle circolari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria;

alcuni detenuti dichiarano peraltro che, attualmente, non è ancora disponibile il vitto invernale; circostanza che evidentemente aggrava in misura notevole le condizioni di malnutrizione in cui versano molti detenuti, al punto da comprometterne la salute;

ai detenuti non è concesso l’uso del computer, contrariamente a quanto disposto dall’articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, che prevede espressamente che il direttore dell’istituto penitenziario possa autorizzare l’uso, anche nelle camere di detenzione, di personal computer e di lettori di nastri e di compact disc portatili per motivi di lavoro e di studio; laddove la Circolare del Ministero della giustizia n.3556/6006 del 15 giugno 2001: "Possesso ed uso di pc nelle camere di detenzione. Controllo sui computer", ammetta a contrario senza restrizioni particolari l’uso di strumenti informatici nelle camere comuni adibite allo studio e all'informazione;

l’impossibilità di applicare la legge Simeoni è fortemente legata alla mancanza di progetti di formazione inframuraria che diano possibilità concrete di inserimento o reinserimento sul territorio e di ricorso a modalità di esecuzione della pena comprensive di percorsi trattamentali realmente volti alla rieducazione del condannato;

si verifica altresì la radicale impossibilità di applicazione del principio della “territorialità della pena”, suscettibile di causare notevoli disagi non solo ai detenuti ma anche ai familiari costretti a lunghi e costosi viaggi, quando non all’assoluta rottura di ogni legame in ragione dell'impossibilità di effettuare colloqui per mancanza dei mezzi economici necessari a tali lunghi spostamenti;

tali problemi specifici si aggiungono peraltro a gravi carenze strutturali del medesimo carcere, che non si può non definire fatiscente. L’edificio risale infatti al 1832 e mostra tutti i suoi anni all’interno e all’esterno; le celle versano in condizione precaria, dovuta sia all’obsolescenza della struttura, sia al terremoto del settembre 2002 che ha causato danni notevoli all’edificio. Si tratta di celle per due o più detenuti, che non dispongono di luce sufficiente, in maniera tale da causare gravi problemi di vista ai detenuti. I bagni e le docce denotano condizioni igieniche carenti e problemi idrici, condivisi con il resto della città. Le pareti si presentano scrostate e con numerose crepe ed infiltrazioni di acqua, mentre la pavimentazione, risalente agli anni cinquanta, è da tempo in attesa di una ristrutturazione;

le condizioni di sovraffollamento del carcere (che, pur avendo una capienza massima di 600 persone, ne ospita attualmente più di 740) aggravano le condizioni di vita dei detenuti, anche in ragione della scarsità del personale dell’amministrazione penitenziaria o medico ivi presente. Si pensi che per più di 740 detenuti ci sono soltanto 340 agenti di polizia penitenziaria e 4 educatori (contro gli 8 previsti dal regolamento);

ancor più gravi sono le carenze relative al personale medico e, conseguentemente, al servizio sanitario fornito. Si consideri infatti che, su più di 740 detenuti, di cui più di 100 affetti da HIV, numerosissimi da TBC nonché circa 50 da gravi malattie mentali, ci sono soltanto 6 medici, le risorse per i farmaci sono scarsissime, al punto da determinare lunghe attese in caso di malattie, non solo per le visite, ma anche per i medicinali, in maniera tale da pregiudicare notevolmente il diritto alla salute dei detenuti, sancito come inviolabile dall’art. 32 della Costituzione;

considerato, inoltre, che:

l’art. 27, comma 3, della Costituzione prevede che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato; processo di cui una delle componenti essenziali è rappresentata proprio dalla formazione culturale e dallo studio;

il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli artt. 2 e 3 della Costituzione; dagli artt. 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000; dagli artt. 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli artt. 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli artt. 1, 2 e 3 della Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 12 febbraio 1987, recante “Regole minime per il trattamento dei detenuti” e dall’art. 1 della Raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dell’11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo; tale garanzia è ribadita dall’art. 1, commi 1 e 6, della legge 26 luglio 1975, n. 354, che prescrive che “il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona”, dovendo altresì essere attuato “secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti”;

l’art. 15, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, prescrive che “il trattamento del condannato e dell’internato è svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia”;

l’art. 18, comma 6, della stessa norma sancisce espressamente che: “i detenuti e gli internati sono autorizzati ad avvalersi” anche “dei mezzi di informazione” diversi dalla stampa periodica;

l’art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà”, prevede espressamente che il direttore dell’istituto di pena “può autorizzare l’uso, anche nella camera di pernottamento, di personal computer e di lettori di nastri e di compact disc portatili";

gli artt. da 5 a 12 della legge 26 luglio 1975, n. 354, dettano una rigorosa disciplina in ordine ai requisiti strutturali minimi degli istituti di pena, prescrivendo che le carceri siano realizzate in modo tale “da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati”; che “i locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente”; analoga disciplina prevedono gli artt. da 8 a 13 della Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 12 febbraio 1987, recante “Regole minime per il trattamento dei detenuti” e gli artt. da 17.1. a 18.10 della Raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dell’11 gennaio 2006 sulle norme penitenziarie in ambito europeo,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza delle gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria nel carcere dell’Ucciardone;

se intenda acquisire ulteriori informazioni in merito alle ragioni della carenza strutturale e delle condizioni di ridotta funzionalità del carcere dell’Ucciardone;

quali provvedimenti ritenga opportuno adottare al fine di migliorare le condizioni della vita penitenziaria nel carcere, così da garantire il pieno rispetto dei diritti alla salute, allo studio ed alla tutela dei rapporti familiari dei detenuti.