Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-01046
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Atto n. 4-01046
Pubblicato il 15 dicembre 2006
Seduta n. 89
MARTONE , DEL ROIO , BRISCA MENAPACE , GIANNINI , VALPIANA - Ai Ministri degli affari esteri e della difesa. -
Premesso che:
le indagini degli osservatori delle Nazioni Unite per la Somalia mostrano che il numero di armi è aumentato in modo esponenziale, sia tra i seguaci delle corti islamiche, che nelle forze del Governo federale transitorio, nonostante l'embargo sancito nel 1992 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sarebbero centinaia le violazioni, secondo gli osservatori, che coinvolgono i governi dell'area, Eritrea ed Etiopia, ma anche Gibuti, Arabia Saudita e Yemen;
il rapporto ONU del maggio 2006 accusa direttamente anche l'Italia e parla di due invii di materiale militare proveniente dall'Italia, e destinato ai miliziani del Governo federale transitorio;
le accuse dell’ONU sono durissime: secondo il rapporto l’Italia nell'autunno 2005 avrebbe fornito materiale militare al Governo federale di transizione somalo (Tfg), violando l’embargo imposto dal Consiglio di Sicurezza. Oltre all’Italia il rapporto del gruppo di investigatori incaricato dall’ONU di monitorare le violazioni alle forniture d’armi cita Gibuti, Eritrea, Etiopia, Arabia Saudita e Yemen;
riguardo le forniture da parte dell’Italia, il rapporto è assai dettagliato: cita le date in cui sono state spedite, (tra il 12 e il 16 ottobre 2005 e il 14 dicembre 2005), il porto e l’aeroporto dove è stata scaricata la merce (El Ma’an e lo scalo di Johar) e il materiale consegnato al Governo federale di transizione: 18 camion, un certo numero di casse lunghe, larghe e sigillate tenute sotto stretta sicurezza, tende e altre casse con scritte in italiano che attribuivano il contenuto all’Esercito italiano;
secondo il gruppo di monitoraggio dell’ONU, alcuni camion, appena arrivati, sarebbero stati utilizzati per il trasporto dei miliziani, e in particolare tre di essi equipaggiati con un cannoncino antiaereo. Ai chiarimenti richiesti dagli investigatori il Governo ha risposto con una lettera nella quale si nega qualunque spedizione di camion al porto di El Ma’an;
la comparsa dei veicoli in Somalia, secondo alcune fonti, si può spiegare con il possibile acquisto del materiale italiano sul mercato, dove esiste equipaggiamento dismesso dalle nostre Forze armate;
in una inchiesta di Rainews24, "Nubi somale", curata da Elisa Marincola e Maurizio Torrealta, il capo degli ispettori ONU Bruno Schiemsky racconta le violazioni imputate all'Italia, a cui risponde l'incaricato del Governo italiano per la Somalia Mario Raffaelli. Rainews24 ha trovato in Italia un testimone di uno degli episodi contestati;
Responsabilità italiane emergono anche dal nuovo rapporto ONU, presentato in questi giorni: l'Eritrea, infatti, che ha fornito alle Corti islamiche aerei da guerra smontati e spediti come pezzi di ricambio, nel 2005 ha acquistato dall'italiana Aermacchi componenti per i caccia MB 339, in deroga alla regolamentazione sulle forniture militari verso Paesi destinatari di aiuti della Cooperazione italiana;
nel servizio televisivo viene intervistato il signor Oreste Mazzi che dichiara di aver assistito personalmente al transito dei camion militari presso il porto di El Ma’an, fotografando e filmando le operazioni di scarico di casse sigillate attribuibili all’Esercito italiano;
sempre su Rainews24, Bruno Schiemsky, coordinatore degli ispettori Onu, racconta delle violazioni imputate all'Italia. Secondo quanto raccolto da Schiemsky, almeno 18 camion militari provenienti dall'Italia sono arrivati nell'ottobre 2005 al porto di El Ma'an, vicino a Mogadiscio, e poi si sono diretti a Johar, dove sono stati usati per trasportare truppe e su alcuni dei camion erano inoltre montate armi antiaereo. Il rapporto parla anche di alcuni voli organizzati dall'Italia e atterrati all'aeroporto di Johar, dove hanno scaricato materiale proveniente dal Ministero della difesa, in parte finito anch'esso ai militari del presidente Abdullah Yusuf;
alla dettagliata richiesta ufficiale di chiarimenti, il Governo italiano ha risposto con una lettera ufficiale attraverso la propria rappresentanza diplomatica presso l'ONU di New York. Nella missiva, l'Italia si dichiara estranea alla spedizione dei camion, mentre afferma che gli invii per aereo, sei in tutto, facevano parte di aiuti della Cooperazione italiana;
secondo Schiemsky, la replica del Governo Italiano ha aperto interrogativi più che dare risposte. Le autorità italiane hanno detto che è possibile che un privato abbia esportato camion militari in Somalia. Ma purtroppo il Governo Italiano non ha fornito il nome di questa persona, né ha fatto sapere se questi avesse comprato i camion dall'esercito italiano. Non ha consegnato alcuna documentazione sulla dismissione di materiale militare, né sull'esportazione di questi camion, o sulla linea marittima che li ha trasportati fino in Somalia. L'Italia ha un inviato speciale per la Somalia, che ha la sua sede a Nairobi, dott. Mario Raffaelli, che si è limitato a confermare la risposta ufficiale;
secondo un articolo di Massimo Alberizzi pubblicato sul "Corriere della Sera" del 28 maggio 2006, non compaiono invece gli Stati Uniti nel rapporto ONU, ma viene indicato solo un Paese Terzo, nonostante una fonte ben introdotta all’interno del gruppo di monitoraggio avesse assicurato, sempre al "Corriere della Sera", che le prove contro Washington (massicci finanziamenti ai signori della guerra) fossero schiaccianti. L’amministrazione Bush ha minacciato di bloccare il rapporto al vaglio del Consiglio di Sicurezza, se non fosse stato cancellato il nome degli Stati Uniti;
il 23 gennaio 1992, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato la risoluzione 733 (1992), che impone un embargo generale e totale su tutte le forniture di armi ed equipaggiamenti militari alla Somalia;
nel Regolamento n. 147/2003 del Consiglio europeo del 27 gennaio 2003 relativo a talune misure restrittive nei confronti della Somalia si legge: “è vietato fornire finanziamenti o assistenza finanziaria connessi con attività militari, in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di armi e materiale bellico, direttamente o indirettamente a qualsiasi persona, entità o organismo della Somalia”;
nel marzo 2005, il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha raccomandato il rafforzamento dell'embargo sulle armi in Somalia, a fronte della persistente insicurezza nel Paese che impedisce peraltro l'applicazione di diversi programmi dell'ONU;
l’evoluzione politica e militare dell’attuale situazione somala è alquanto preoccupante perché, in seguito all’espansione dell’area sotto il controllo delle Corti islamiche, appare sempre più evidente che i due maggiori eserciti del Corno d’Africa (Etiopia ed Eritrea) si sono inseriti nel contesto, creando i presupposti e le condizioni per la creazione di due blocchi contrapposti e compositi con nuovi attori, combattendo una guerra per procura, prolungamento di quella conclusasi tra i due Paesi nel 2000;
considerato, inoltre, che:
il 6 dicembre 2006 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1725 dando il via libera formale ad una forza internazionale di ottomila uomini con il compito di “monitorare e mantenere la sicurezza a Baidoa”, sede di quelle istituzioni federali transitorie che, nate nel 2004 dopo un lungo processo negoziale in Kenya, non sono mai riuscite a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il Paese;
è facile prevedere che l’Eritrea non appoggerà un intervento internazionale nato su queste basi, seguita forse dal Sudan, che avendo già seri problemi di rapporti con il Consiglio di Sicurezza in merito a ipotesi di intervento internazionale in Darfur, potrebbe decidere di negare il suo appoggio a una missione così sbilanciata;
il coordinatore ONU per gli Affari umanitari in Somalia, Eric Laroche, ha lanciato il 14 dicembre 2006 un appello alla comunità internazionale perché faccia il possibile per scongiurare lo scoppio di una guerra nel paese e aiuti 1,8 milioni di persone in condizioni di estrema indigenza;
il Direttore tecnico dell'Unità di studio per la sicurezza alimentare in Somalia, Cindy Holleman, ha dichiarato lo stesso giorno che le aree del Paese in cui c'è maggiore bisogno di assistenza sono il centro e il sud - esattamente dove si fronteggiano le milizie delle Corti islamiche al potere a Mogadiscio e le truppe del governo federale di transizione, insediato a Baidoa - dichiarando che se ci sarà un esteso conflitto, gli effetti per la sopravvivenza saranno drammatici, precisando che sarebbero oltre tre milioni le persone a rischio,
si chiede di sapere:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e riferiti da alcuni organi di stampa;
inoltre, quali iniziative si intendano adottare per verificare se quanto denunciato dagli osservatori delle Nazioni Unite, in relazione all’invio di materiali di armamento provenienti dall’Italia, risulti vero;
infine, quali iniziative si intendano adottare a livello internazionale affinché gli Stati del Mar Rosso non intervengano in una crisi che rischia di coinvolgere l’intera regione;
quali iniziative si intendano adottare per riaprire il dialogo e avviare una soluzione diplomatica e politica al conflitto che si sta sempre più avvicinando, e che deve essere risolto con una strategia regionale, in un'area dove due Paesi, Eritrea ed Etiopia, governati con il pugno di ferro, svolgono un ruolo predominante, sfruttando il pretesto della mancata conclusione degli accordi di pace per governare il loro Paese, esportando la guerra nei Paesi confinanti.