Atto n. 3-00274

Pubblicato il 12 dicembre 2006
Seduta n. 83

RUSSO SPENA , BOCCIA - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

il sig. Tony Aufiero è attualmente detenuto presso il carcere di Rebibbia, in esecuzione di condanna definitiva a ventisette anni di reclusione, dopo avere scontato già più di diciassette anni, dei quali il primo in un istituto minorile, in considerazione della minore età dello stesso al momento dell’irrogazione della prima condanna;

in ragione della minore età al momento del reato commesso, dell’assenza di perduranti collegamenti con la criminalità organizzata, della non pericolosità sociale, della prognosi negativa di recidiva, nonché della ineccepibile condotta penitenziaria tenuta, al sig. Aufiero sono stati concessi, dal 1990 al 2004, 19 permessi premio, risoltisi tutti con esito positivo;

la concessione dei suddetti permessi premio è stata di volta in volta giustamente motivata sulla base delle statuizioni di una consolidata giurisprudenza costituzionale, ed in particolare della sentenza della Consulta, n. 450/1998, che dichiarando costituzionalmente illegittimo l’art. 30-ter, comma quarto, lettera c), della legge 354/1975, nella parte in cui si riferisce ai condannati per delitti commessi durante la minore età, ha affermato che per tale categoria di condannati è ammessa la possibilità di usufruire di permessi premio, anche in assenza del requisito ordinario dell’avvenuta espiazione di metà della pena;

nel 2005 e nel 2006, tuttavia, la magistratura di sorveglianza di Roma ha più volte negato sistematicamente la concessione al sig. Aufiero di permessi premio, pur avendo lo stesso continuato a tenere una condotta penitenziaria ineccepibile, ed avendo già espiato la condanna per il reato ostativo alla fruizione di benefici premiali, di cui all’art. 74 decreto del Presidente della Repubblica 309/1990;

il diniego è stato motivato in particolare in ragione della mancata collaborazione del sig. Aufiero alle indagini per l’accertamento dei reati-fine commessi dall’associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti, cui lo stesso aveva partecipato ben tredici anni prima, essendo stato poi condannato nel 1993 per il delitto di cui all’art. 74 decreto del Presidente della Repubblica 309/1990;

considerato che:

la motivazione addotta dalla magistratura di sorveglianza di Roma, a sostegno del diniego dei permessi premio al sig. Aufiero, è manifestamente infondata, non soltanto perché contrastante con la suddetta giurisprudenza di costituzionalità, ma anche perché basata su di una serie di assunti non condivisibili;

in particolare, è stato negato al sig. Aufiero il riconoscimento della collaborazione alle indagini, prestata invece, in misura rilevante, come dimostrano non soltanto l’avvenuto accertamento dei reati oggetto di investigazione e la conseguente disarticolazione dell’associazione criminale in questione, ma anche e soprattutto la confessione operata dall’Aufiero, in merito ai delitti commessi;

non sarebbe stato del resto esigibile dal sig. Aufiero un diverso tipo di collaborazione processuale, in ragione dell’avvenuto accertamento dei fatti sui quali lo stesso non ha potuto deporre (si tratta dell’ipotesi della cosiddetta collaborazione inesigibile o impossibile);

il diniego dei benefici penitenziari richiesti dal sig. Aufiero contrasta pertanto con una consolidata giurisprudenza di legittimità, che ha più volte affermato che “i benefici penitenziari possono essere concessi anche con riferimento ai delitti ostativi qualora il condannato non abbia prestato collaborazione per l’impossibilità determinata dal ruolo marginale svolto ovvero, per avvenuto totale accertamento dei fatti” (sentenza della Cassazione, sezioni unite, 5 ottobre 1999, n. 14);

il diniego dei benefici penitenziari nei confronti del sig. Aufiero determina un’interruzione del suo percorso di risocializzazione, chiaramente disfunzionale rispetto alla finalità rieducativa della pena e come tale contrastante con il principio di cui al terzo comma dell’art. 27 della Costituzione. Una consolidata giurisprudenza di costituzionalità ha infatti sancito che “la preclusione alla fruizione dei benefici penitenziari nei confronti di quanti abbiano già raggiunto uno stadio del percorso rieducativo adeguato al godimento dei permessi premio, finirebbe per tradursi in un incoerente arresto dell’iter trattamentale, in violazione del principio sancito dall’art. 27 comma terzo della Costituzione” (Corte costituzionale, sentenza n. 257/2006),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della questione in analisi;

se, alla luce delle precedenti considerazioni, non ritenga opportuno acquisire ulteriori informazioni in merito alle modalità di applicazione della normativa sull’ordinamento penitenziario da parte della magistratura di sorveglianza di Roma, anche al fine di evitare che i relativi provvedimenti si traducano in inammissibili violazioni dei diritti costituzionalmente tutelati dei detenuti.