Atto n. 1-00131

Pubblicato l'11 marzo 2025, nella seduta n. 283

BASSO, IRTO, FINA, DELRIO, MALPEZZI, VALENTE, BAZOLI, NICITA, MELONI, CAMUSSO, ZAMBITO, MANCA

Il Senato,

premesso che:

le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici utilizzati in numerosi processi industriali e prodotti di largo consumo, noti per la loro persistenza nell'ambiente e bioaccumulabilità con conseguenti ricadute negative per la salute umana;

le sostanze PFAS sono state frequentemente osservate nella contaminazione di suolo, acque sotterranee e acque superficiali. La bonifica di siti contaminati è tecnicamente difficile e dispendiosa. Se i rilasci proseguono, continueranno ad accumularsi nell’ambiente, nell’acqua potabile e negli alimenti;

numerosi studi scientifici accreditati hanno infatti dimostrato che l'esposizione ai PFAS è associata a gravi rischi per la salute umana, tra cui ridotta fertilità, alterazioni endocrine e aumento del rischio di alcune forme tumorali;

in Italia le sostanze PFAS sono particolarmente presenti nelle aree di pregressa produzione, in particolare in Veneto e in Piemonte per la presenza, con storie differenti, dei due stabilimenti produttivi Miteni di Trissino (Vicenza) e Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), ma la loro progressiva diffusione riguarda l'intero territorio nazionale e, in particolare, le regioni del Nord e il bacino del Po, tenuto conto della molteplicità delle attività produttive in cui vengono impiegate tali sostanze;

la contaminazione coinvolge aspetti sanitari e ambientali, come la tutela dei corpi idrici, la disciplina degli scarichi, la programmazione delle risorse, le bonifiche e il danno ambientale;

si ritiene che la ricerca chimica per individuare alternative ai PFAS non possa basarsi su piccole modificazioni di molecole già note. Al contrario, tali molecole devono essere abbandonate e vietate e devono essere individuati sostituti, la cui attività biologica sia valutata ancor prima della loro immissione nella produzione industriale;

un'indagine di Greenpeace Italia del 2024 ha rilevato la presenza di PFAS nel 79 per cento dei campioni di acqua potabile analizzati in diverse regioni italiane, evidenziando una diffusa contaminazione a livello nazionale;

il combinato disposto degli articoli 75 e 101 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che la competenza a fissare limiti degli scarichi per le nuove sostanze non presenti nelle tabelle di cui all’allegato 5 alla parte terza del codice dell’ambiente sia esclusivamente statale, mentre la competenza regionale si esaurisce nell’imposizione di limiti più restrittivi, rispetto a quelli stabiliti dallo Stato;

la gravità degli effetti sulla salute umana, in conseguenza all’esposizione a PFAS, rende ancora più urgente e non più procrastinabile la fissazione di limiti sulle matrici ambientali, limiti che vanno quindi fissati, con legge dello Stato, in base al principio di precauzione;

di recente, la tragica morte a causa del medesimo tumore raro di tre vigili del fuoco di Arezzo ha evidenziato la necessità di accertare in tempi brevi e con assoluta chiarezza se i dispositivi di protezione individuale (DPI) dei vigili del fuoco, come i completi antifiamma, o l’esposizione alle schiume antincendio, contenenti PFAS, possano essere responsabili di danni alla salute;

il principio citato è riportato nell’articolo 174, n. 2, del Trattato del 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità europea, ora trasfuso nell’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in vigore dal 1° dicembre 2009. E questo principio è stato ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 28 del 2010, dove si dice che la normativa ambientale, che discende dalla politica comunitaria in materia ambientale, “mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, ‘sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga’”;

dunque, la fissazione dei limiti per le sostanze perfluoroalchiliche è urgente, per un duplice motivo, sia poiché costituisce il presupposto del reato di inquinamento, sia per poter imporre i provvedimenti di bonifica ai soggetti responsabili della contaminazione delle matrici ambientali. Infatti, la mancanza dei limiti non consente alla magistratura di contestare i reati connessi con la contaminazione delle matrici ambientali;

a livello europeo è in corso il processo di revisione della direttiva quadro acque 2000/60/CE, della direttiva 2006/118/CE sulla protezione delle acque sotterranee e della direttiva 2008/105/CE sugli standard di qualità ambientale. Per quanto riguarda la tutela delle acque, le modifiche presentate mirano, in generale, alla progressiva riduzione ed eliminazione dell’inquinamento provocato dal rilascio di sostanze chimiche dannose e persistenti nei corpi idrici e negli ecosistemi acquatici;

il Governo italiano non ha ancora adottato misure sufficientemente restrittive per limitare l'uso e la produzione di PFAS, né ha fissato limiti più severi rispetto a quelli fissati dalla legislazione europea per la loro presenza nelle acque potabili;

occorre che, nella fase di revisione delle direttive, l’Italia sia promotrice di iniziative volte a vietare la produzione e commercializzazione di prodotti e sostanze per cui siano già disponibili sostituti non PFAS,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative di competenza, anche di carattere normativo, finalizzate a vietare l'uso, la commercializzazione e la produzione di tutti gli PFAS e di prodotti contenenti PFAS, ad eccezione di utilizzi autorizzati, limitati nella quantità e nel tempo, e strettamente controllati, in assenza di prodotti sostitutivi equivalenti, prevedendo altresì sanzioni severe in caso di violazione del divieto;

2) a portare a zero, inteso come la massima quantità tecnicamente rilevabile, il limite massimo dei valori dell’inquinamento da PFAS, prevedendo deroghe limitate nel tempo e comunque con valori non superiori al limite di 5 nanogrammi per metro cubo di aria nei luoghi di lavoro delle imprese autorizzate dove si trasformano o si smaltiscono gli PFAS, nei luoghi di bonifica e nelle unità produttive dove le imprese e gli enti autorizzati svolgono attività di trasformazione o di smaltimento di PFAS o di bonifica delle aree interessate;

3) a prevedere, in ogni caso, specifiche iniziative volte ad introdurre un obbligo per ciascuna impresa autorizzata temporaneamente a produrre o utilizzare PFAS, direttamente o indirettamente nei processi produttivi o che svolge attività di smaltimento o di bonifica, di fornire i dati necessari affinché possano essere svolti i controlli da parte delle competenti aziende sanitarie e dalle agenzie regionali per la protezione ambientale sul rispetto dei limiti di concentrazione, al fine di monitorare lo stato di salute dei lavoratori e dei cittadini esposti a PFAS, nonché le condizioni dell’ambiente;

4) a garantire a tutta la popolazione l'accesso ad acqua potabile priva di PFAS, anche attraverso l'installazione di sistemi di filtrazione avanzati negli acquedotti e la promozione dell'uso di acque alternative non contaminate;

5) a farsi promotore, a livello europeo, delle azioni volte a vietare l’impiego delle sostanze chimiche più dannose nei prodotti di consumo, ad eliminare gradualmente l'uso di PFAS nella UE, a incentivare gli investimenti e la capacità innovativa per la produzione e l'uso di sostanze chimiche sicure e sostenibili e a svolgere un ruolo di primo piano a livello globale, bloccando l’importazione di sostanze chimiche vietate nella UE;

6) a supportare i comparti produttivi nazionali in un piano di riconversione industriale che faccia a meno delle sostanze PFAS, puntando su soluzioni alternative già disponibili e promuovendo la ricerca e l'innovazione in questo settore;

7) a prevedere che qualsiasi nuovo prodotto sostitutivo degli PFAS, prima di essere immesso in produzione, sia sottoposto a verifica di omologazione dei prodotti sostitutivi sulla base di requisiti individuati dall’Istituto superiore di sanità a seguito di indagini tossicologiche e di ogni altra ricerca ritenuta necessaria per escluderne la dannosità per l’uomo;

8) a stanziare risorse finanziarie adeguate per la realizzazione di interventi di decontaminazione e bonifica dei siti contaminati da PFAS, dando priorità alle aree più critiche e coinvolgendo attivamente le comunità locali nei processi decisionali;

9) ad avviare un programma nazionale di biomonitoraggio per valutare l'esposizione della popolazione agli PFAS e gli effetti sulla salute, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili (bambini, donne in gravidanza, lavoratori esposti) e ad individuare, nel rispetto del principio di responsabilizzazione, di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nell’utilizzo di PFAS, nonché del principio “chi inquina paga”, le azioni necessarie per contrastare gli effetti di tale esposizione e i siti da sottoporre a bonifica;

10) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla problematica, sui rischi per la salute e sulle misure di prevenzione, rivolte alla popolazione e agli operatori del settore;

11) a rafforzare i controlli sulla produzione, l'importazione e l'utilizzo di prodotti contenenti PFAS, verificando la conformità alla normativa vigente e contrastando le pratiche illegali.