Atto n. 4-01748

Pubblicato il 21 gennaio 2025, nella seduta n. 264

MAGNI - Al Ministro della salute. -

Premesso che:

a distanza di quasi 50 anni dalla legge che li ha istituiti, i consultori familiari costituiscono uno straordinario e unico strumento di esperienze e competenze per tutelare e promuovere la salute;

in data 23 aprile 2024, il Parlamento ha approvato definitivamente la legge n. 56 di conversione del decreto-legge n. 19 del 2024 che, all’articolo 44-quinquies, contiene una disposizione recante norme in materia di servizi consultoriali;

mentre l’articolo 2 della legge n. 194 del 1978 già prevedeva che “I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”, il citato articolo 44-quinquies della legge n. 56 stabilisce che “Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della missione 6, componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”;

le differenze tra norme sono evidenti: per la legge n. 194 spetta al consultorio, e dunque alle figure professionali che compongono l’équipe multidisciplinare, la valutazione e la scelta di avvalersi o meno della collaborazione di associazioni di volontariato, specificando chiaramente che la collaborazione è finalizzata ad aiutare nelle maternità difficili “dopo la nascita”; nella norma approvata nel 2024, invece, sono le Regioni a decidere tale eventuale coinvolgimento, con una scelta centralizzata, snaturando i compiti e le competenze dei consultori, con la chiara finalità ideologica di promuovere e favorire la presenza delle associazioni antiabortiste nei consultori con l’inevitabile conseguenza di condizionare la libertà di autodeterminazione delle donne rispetto alla maternità, come già accaduto in consultori di alcuni territori in riferimento ad associazioni quali il movimento “Pro vita”;

il sito del Ministero della salute, ad aprile 2023, riportava la presenza di 2.128 consultori sull’intero territorio nazionale, con un rapporto medio di un consultorio ogni 27.655 abitanti;

rispetto a tale rapporto, la Lombardia si colloca al quart’ultimo posto, preceduta in negativo solamente dal Molise, dalla Campania e dalla provincia autonoma di Trento;

in particolare, infatti, nel territorio lombardo risultano attualmente attive 170 sedi di consultori pubblici e 89 sedi di consultori privati accreditati e contrattualizzati: i consultori pubblici rappresentano il 65,7 per cento delle strutture (65,4 nel 2021), i consultori privati il 34,3 per cento (34,6 nel 2021);

l’articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 509 del 1995 determina il rapporto fra consultori ed abitanti nella misura di uno a 20.000, rapporto confermato anche nel decreto ministeriale 23 maggio 2022;

in Lombardia sono presenti 259 consultori pubblici e privati e accreditati, a fronte di una popolazione (dati ISTAT Geodemo del 1° gennaio 2023) di 9.950.742 abitanti: il rapporto è, dunque, di un consultorio ogni 38.319 abitanti; se, peraltro, si considerano i soli 170 consultori pubblici, il rapporto diviene di un consultorio ogni 58.533 abitanti, dato che secondo i regolamenti regionali non può non risultare inaccettabile;

i dati risultano particolarmente negativi, poi, per quanto attiene al numero medio di abitanti per consultorio pubblico, dato che la maggior parte dei consultori privati, avendo carattere confessionale, non svolge le funzioni previste dalla legge n. 194 (la disciplina regionale per l’accreditamento glielo consente);

nel 2022, la quota di ginecologi obiettori di coscienza sul territorio nazionale risultava essere pari al 60,5 per cento, e con notevoli differenze tra le Regioni: le percentuali più alte di ginecologi obiettori di coscienza si rilevavano in Molise (90,9) e Sicilia (81,5); le percentuali più basse in Valle d’Aosta (25) e nella provincia autonoma di Trento (31,8);

sul fronte dell'aborto farmacologico, utilizzato nel 48,3 per cento degli interventi, ci sarebbero forti squilibri a livello regionale, che si evidenziano anche nell’alta percentuale dei ginecologi obiettori di coscienza e, se nella relazione sulla legge n. 194 del Ministero più recente (del 2023, con dati del 2021) si legge che "eventuali problematiche nell'offerta del servizio IVG potrebbero essere riconducibili all'organizzazione del servizio stesso, e non alla numerosità del personale obiettore", i dati regionali descrivono situazioni particolari nelle quali la percentuale di ginecologi obiettori supera il 70 per cento, come nel caso delle Marche, e arriva addirittura all'85 per cento, come in Sicilia, rendendo inefficiente lo stesso servizio offerto dalle strutture, che invece proprio per legge dovrebbe sempre e comunque essere garantito a tutte le donne,

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo su quanto riportato e le iniziative di competenza che intenda assumere per la completa attuazione della legge n. 194 del 1978, in particolare affinché sia garantita l'istituzione di un consultorio ogni 20.000 abitanti sia in Lombardia, sia sul territorio nazionale, nonché una presenza adeguata di personale formato e di medici non obiettori, allo scopo di garantire l'effettiva praticabilità dell'interruzione volontaria di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere;

quali siano i tempi per la pubblicazione della nuova relazione al Parlamento sull’attuazione della legge n. 194 del 1978, anche e con particolare attenzione rispetto all’effettiva accessibilità all’aborto farmacologico sul territorio nazionale per le donne che debbano procedere alla volontaria interruzione della gravidanza;

di quali informazioni sia in possesso circa il numero dei consultori sul territorio nazionale, ed in quali regioni, che, ai sensi della normativa vigente, garantiscono l’erogazione del farmaco mifepristone per l’aborto farmacologico.