Pubblicato il 9 maggio 2024, nella seduta n. 187
ALOISIO, CATALDI, LOPREIATO, DAMANTE, NAVE, MARTON, LICHERI Ettore Antonio - Al Ministro della salute. -
Premesso che:
l’emergenza da COVID-19 ha messo a nudo lo stato degli ospedali italiani, accendendo un riflettore sulle fragilità del Titolo V della Costituzione che, di fatto, ha creato tanti sistemi sanitari quante sono le Regioni italiane. Pertanto, la gestione regionale di una materia delicata quanto dispendiosa, ha indebolito la sanità pubblica nazionale, incrementando il deficit statale e aumentando la sperequazione sanitaria;
in particolare, ben 7 Regioni sono finite soggette alla disciplina dei piani di rientro dal deficit, quasi tutte del Centro-Sud. Più specificamente, se solo nel 2006 i disavanzi sanitari delle Regioni raggiungevano i 6 miliardi di euro, a distanza di anni, in Calabria si registra ancora un deficit di 170 milioni di euro. Questo quadro nefasto ha aumentato la mobilità sanitaria: basti pensare che, solo nel 2017, quasi un milione di meridionali sono emigrati al Nord in cerca di cure, spendendo altrove circa 4,6 miliardi di euro, ricorrendo anche alla sanità privata;
a parere degli interroganti urge restituire allo Stato la cabina di regia della sanità nazionale, tesi confermata da un report della Corte dei conti consegnato nel 2022 presso la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale che, in sede d’audizione parlamentare, che ha evidenziato come nelle Regioni sottoposte a controllo ministeriale il deficit sanitario fosse diminuito, mentre nelle Regioni che hanno beneficiato di maggiore autonomia e libertà di spesa fosse raddoppiato. Ciò considerato, la riforma del Titolo V, che di fatto ha spalancato la porta all’autonomia differenziata e al regionalismo sanitario, sta mettendo a dura prova la tenuta del nostro Paese;
si sta orientando sempre più la sanità italiana verso un sistema privatistico, se si considera che solo nel 2019 le case di cura private hanno incassato circa 1,6 miliardi di euro. A titolo di esempio, come confermato da una ricerca pubblicata su BMJ Open, per il 65 per cento le associazioni mediche italiane sono state sponsorizzate da società farmaceutiche e, stando ad un rapporto pubblicato dalla fondazione Gimbe nel 2021, 14 grandi aziende farmaceutiche hanno finanziato con circa 300 milioni di euro operatori e organizzazioni sanitarie;
si ritiene che un’altra priorità afferisca alla necessità di investire sulla medicina territoriale. Il decreto ministeriale n. 77 del 2022 definisce il modello per lo sviluppo dell'assistenza territoriale e gli standard delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico. Il provvedimento avrebbe dovuto dar seguito agli interventi previsti dalla componente 1 della missione 6 del PNRR, in materia di “reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”. Tuttavia, seppure il citato decreto ministeriale rafforza la medicina di prossimità, disciplinando il potenziamento di particolari strutture come le “case della comunità” (strutture facilmente riconoscibili e raggiungibili dalla popolazione per l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento dell’assistito), non risultano ancora chiariti, definiti e finanziati gli interventi disciplinati dallo stesso decreto;
considerato che:
i livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse). Il 18 marzo 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (supplemento ordinario n. 15) il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 con i nuovi LEA. Esso sostituisce infatti integralmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, con cui i LEA erano stati definiti per la prima volta;
tuttavia, trascorsi 7 anni dal decreto 12 gennaio 2017 che ha introdotto le nuove prestazioni, queste ultime, de facto, risultano ancora bloccate e occorrerà attendere per accedere ai nuovi LEA, atteso che il termine per il nuovo nomenclatore che definisce le tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, che doveva entrare in vigore dal 1° aprile 2024, è slittato. Questa decisione si è resa necessaria a fronte dell’espressa richiesta di un cospicuo numero di Regioni di prorogare l’entrata in vigore delle tariffe di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica al 1° gennaio 2025 e della correlata disponibilità delle restanti Regioni al riguardo;
come evidenziato dal Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani, che nel mese di aprile 2024 ha lanciato un allarme sulle condizioni del SSN invocando una riforma strutturale, in Italia ben 12 Regioni su 21 non garantiscono neppure la minima sufficienza dei livelli essenziali di assistenza, cioè le cure considerate fondamentali. La maggioranza presenta infatti valori sotto la soglia in almeno una delle tre macroaree prese in esame: prevenzione, assistenza sul territorio e ospedale. In mezza penisola non sono garantiti i LEA;
inoltre, osservano le 75 società scientifiche riunite nel Forum: “l'introduzione dei nuovi parametri, pur pubblicati ad agosto 2023, è stata rinviata al 2025 per carenza di risorse. E le Regioni dovrebbero sobbarcarsi anche il cospicuo onere delle nuove prestazioni, la maggior parte delle quali sono divenute ormai parte integrante della corretta pratica clinica. Le più deboli e povere, in particolare quelle sottoposte a Piano di rientro, di certo non possono farlo. Le società scientifiche chiedono come sia possibile solo pensare in queste condizioni al varo della legge sull’autonomia differenziata. Fenomeni drammatici, quali le liste di attesa per prestazioni diagnostiche necessarie e la eterogeneità per terapie che avrebbero un effetto positivo sul decorso di gravi malattie, nonché le attese interminabili, anche di giorni, nei Pronto soccorso prima del ricovero nei reparti di degenza sono dovuti a gravissime carenze strutturali ed organiche. È urgente risolvere questi problemi con una riforma strutturale e di sistema degli ospedali, con lo stanziamento di risorse davvero adeguate per rispondere ai principali parametri in vigore negli altri Paesi europei e con la vera realizzazione delle reti territoriali per patologie” (ilsole24ore.com”, 18 aprile 2024),
si chiede di sapere:
quali siano le modalità attraverso cui il Ministro in indirizzo intenda garantire un eguale accesso alle cure in tutto il territorio nazionale;
quali siano le tempistiche necessarie per l’introduzione dei nuovi LEA e le modalità attraverso cui intenda affrontare le criticità evidenziate;
se condivida le preoccupazioni di numerosi tecnici ed esperti del settore relativamente al rischio che l’accelerazione di ulteriori forme di autonomia acuisca la sperequazione sanitaria tra il Settentrione e le aree fragili del Paese.