Pubblicato il 1° agosto 2023, nella seduta n. 94
CAMUSSO, LA MARCA, RANDO, BASSO, D'ELIA, VALENTE, ROJC, NICITA, FURLAN - Al Ministro della difesa. -
Premesso che:
l’ingresso delle donne nelle Forze armate italiane, avvenuto a partire dall’anno 2000 a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 380 del 1999, ha costituito uno degli eventi più importanti per avviare il processo di trasformazione del mondo militare nell’ultimo ventennio; secondo i dati più recenti, relativi al 31 dicembre 2021, le Forze armate e l’Arma dei carabinieri, incluse le capitanerie di porto, hanno incrementato la presenza femminile dalle 15.995 unità presenti alla fine del 2018, alle 19.138 unità attuali, confermando così una disponibilità delle donne verso la carriera militare; a differenza di altri Paesi, l’impiego delle donne nelle Forze armate non segue un protocollo differenziato rispetto alla componente maschile, ma il percorso è equiparato, sia per quanto attiene alla formazione e all’addestramento, sia per quanto riguarda l’impiego in tutti i principali teatri operativi, nazionali ed internazionali, nei diversi ruoli/corpi e specialità;
a questa equiparazione tuttavia non corrisponde nella realtà una concreta parità di genere, dal momento che la condizione delle donne italiane nelle forze armate è spesso costellata da episodi di discriminazione, molestie e violenza di genere;
nell’ultima Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze armate, presentata nel settembre 2022 e relativa ai dati del 2021, sono stati rilevati 5 casi di molestie sessuali a danno di donne, ma nonostante l’esiguità delle denunce, i casi di molestie e discriminazione di genere nelle Forze armate sembrano molti di più, anche in considerazione dell’evidenza che i ben noti atti e fenomeni di prevaricazione e violenza tra militari, tra cui il cosiddetto “ nonnismo”, si possono intrecciare ed associare a finalità di carattere sessuale, dando vita a atti violenti e discriminatori a sfondo sessuale e discriminatorio di genere;
da quanto si apprende a mezzo stampa, l’episodio più recente a questo proposito è stato reso noto il 13 luglio 2023, poiché la procura militare di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio per tre ufficiali della fregata Martinengo, che a seguito di un’inchiesta sono accusati di molestie sessuali, insulti e minacce a danno di sottoposti in grado, la maggioranza donne, avvenuti a bordo della nave della Marina militare italiana nel corso della missione internazionale, che ha avuto luogo tra agosto e dicembre 2021; episodi come questo avvengono con grande frequenza, come si apprende anche da quanto dichiarato dal dipartimento Discriminazioni e Molestie del Sindacato italiano autonomo militare organizzato “Siamo Esercito”, secondo il quale nelle Forze armate italiane, almeno una donna su dieci ha subito violenze nel corso della carriera militare, e “stalking, abusi emotivi e sessuali verso le donne in divisa sono fenomeni tanto diffusi quanto coperti da convenzioni, conformismo e omertà”;
a giudizio degli interroganti tali comportamenti integranti fattispecie di reato trovano appiglio non soltanto nella mancanza di una formazione adeguata che rispetti il principio della parità di genere, ma anche e soprattutto nel fatto che, a livello normativo, nel Codice militare di pace manchi una previsione ad hoc inerente alla discriminazione di genere; i codici penali militari, attualmente in vigore, risalgono al 1941, epoca in cui le donne non erano ancora ammesse nelle Forze armate;
pertanto, in mancanza di un complesso di norme di tutela contro le discriminazioni di genere (discriminazioni anche sotto un aspetto gerarchico, lesioni dei diritti della dignità della persona attraverso condotte illecite e di conseguenza anche lesive dell’interesse pubblico, alla cui difesa le Forze Armate sono preposte), si crea una sorta di rischio di impunità nell’ambito delle Forze armate avverso condotte violente o discriminatorie nei confronti delle donne potenzialmente coinvolte che prestano con onore servizio,
si chiede di sapere:
quali iniziative urgenti, anche di natura normativa, il Ministro in indirizzo intenda attuare per rendere effettiva ed incisiva la tutela penale nei confronti delle donne che prestano servizio in armi;
quali strumenti a lungo termine intenda adottare per favorire la formazione di una cultura di genere nell’ambito delle Forze armate.