Pubblicato il 24 maggio 2023, nella seduta n. 71
MAGNI, DE CRISTOFARO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
l’articolo 5 del “decreto bollette” in fase di conversione in legge riserva un trattamento di favore nei confronti delle aziende del settore energetico prevedendo una modalità di calcolo del contributo di solidarietà sugli extraprofitti realizzati nel periodo d’imposta antecedente al 1° gennaio 2023 ridotta rispetto a quella, già largamente generosa, stabilita dall’articolo 37, comma 2, del decreto-legge n. 21 del 2022, come modificato dall’articolo 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023): una misura che determinerà per il bilancio statale per il solo anno 2023 un mancato gettito del 15,8 per cento ed un conseguente relativo aggravio di oneri pari a 404 milioni di euro;
la stessa relazione di accompagnamento prevede che, “in un’ottica di estrema prudenza e in assenza dei dati dichiarativi relativi all’utilizzo delle suddette riserve nel 2022, si è ipotizzato che in tale annualità l’utilizzo delle riserve in sospensione sia pari al 30% del loro ammontare complessivo con una riduzione della base imponibile del contributo pari a circa 1,6 miliardi di euro”;
ancora una volta questo Governo decide di affrontare la crisi energetica derivante dall’effetto della guerra in Ucraina e delle sanzioni economiche internazionali con una misura redistributiva a giudizio degli interroganti tiepida ed inadeguata, foriera di una scelta di totale asservimento ai colossi energetici del settore fossile, attingendo solo in minima parte al totale dei 40 miliardi di euro di extraprofitti accumulati da questi ultimi nel 2022, con l’aggravante che il restringimento della base imponibile del contributo di solidarietà comporterà una sensibile compromissione del gettito atteso per il 2023, rinunciando ad incamerare somme che avrebbero potute essere destinate a politiche energetiche diverse, di transizione energetica, in primis quelle di investimento in fonti rinnovabili e di superamento della dipendenza dalle fonti fossili;
l’impennata dell’inflazione nel 2022 ha finito per provocare il più forte impoverimento delle famiglie italiane nella storia recente. Negli ultimi tre mesi del 2022, calcola l’ISTAT, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 3,7 per cento rispetto al trimestre precedente. Un calo peggiore (pari al 5,6 per cento) lo si era registrato solo all’inizio del 2000 (4,6 per cento in meno) e nella primavera 2020, ma in quel caso era stato un effetto collaterale dell’inizio della pandemia, subito bilanciato dall’aumento pari al 6,6 per cento del trimestre successivo. Stavolta sarebbe impossibile aspettarsi un rimbalzo: la causa della caduta del potere di acquisto non è il calo dei redditi (che, al contrario, sono cresciuti dello 0,8 per cento) ma l’aumento dei prezzi, con l’inflazione che ha sfiorato il 12 per cento nell’ultima parte dello scorso anno;
considerato il perdurare della crisi energetica, la situazione di fortissima difficoltà vissuta dalle persone, i salari immobili da 30 anni, l’inflazione altissima, le condizioni della sanità pubblica, il precariato generalizzato cui sono soggette non solo le nuove generazioni ma intere categorie di lavoratori e lavoratrici,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno prevedere nel prossimo provvedimento utile l’integrale restituzione degli extraprofitti realizzati da parte delle società energetiche durante il conflitto russo-ucraino, elevando al 100 per cento l’aliquota di cui all’articolo 37, comma 2, del decreto-legge n. 21 del 2022, e destinando il relativo maggior gettito a politiche energetiche che sostengano realmente le persone, le famiglie e le imprese italiane.