Pubblicato il 18 maggio 2023, nella seduta n. 69
MAZZELLA, TREVISI, SCARPINATO, CASTIELLO, MARTON, DE ROSA, SIRONI, DI GIROLAMO - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
secondo quanto riportato dall’ultimo rapporto della Commissione europea per l'efficacia della giustizia, il numero dei procedimenti civili pendenti si è ridotto e la durata media è scesa. Tuttavia, la giustizia civile italiana risulta essere tra le più lente d’Europa. In particolare, l’Italia risulta essere ultima in terzo grado di giudizio e penultima sia in primo sia in secondo grado, rispettivamente davanti a Malta e Grecia;
secondo l’Osservatorio conti pubblici italiani l’inefficienza del nostro sistema giudiziario scoraggia gli investimenti, aumenta il costo del credito e riduce il tasso di occupazione e di partecipazione al mercato del lavoro. Il rapporto “2020 Doing business” della Banca mondiale, invece, colloca l’Italia al 122° posto su 190 per la categoria “tempo e costi delle controversie”: a titolo d’esempio nel 2018 era al 111° posto, nel 2017 al 108° e 2016 al 106°;
secondo uno degli ultimi rapporti del Consiglio d’Europa la giustizia italiana risulterebbe essere la più lenta d’Europa. Così, per arrivare a una sentenza nel nostro Paese occorre aspettare più di 5 anni, 6 nei distretti di Roma, Napoli e Reggio Calabria, mentre il 62 per cento dei processi cade in prescrizione;
i motivi dei rinvii possono essere molteplici, ma spesso si tratta di mancanze organizzative o di carenze strutturali degli uffici giudiziari. Questo genera conseguenze negative per tutti i soggetti coinvolti: le parti in causa, gli avvocati, i testimoni e i periti, che vedono messa a rischio la loro vita privata e lavorativa. Inoltre, i ritardi nella definizione delle cause giudiziarie possono avere ripercussioni negative sull'immagine della giustizia, che rischia di apparire inefficace e poco attenta alle esigenze degli italiani;
considerato che:
tutto questo arreca pregiudizio non solo ai cittadini ma anche alle pubbliche amministrazioni. Entrando nel merito, si riporta l’esempio di un piccolo comune situato presso la costiera Amalfitana, Atrani (Salerno), in cui insiste un locale commerciale di 120 metri quadrati di proprietà comunale, ubicato di fronte al mare;
l’immobile, concesso in locazione negli anni ‘60, reca un canone annuale ammontante a circa 140 euro, cifra, irrisoria, di poco superiore rispetto alle pattuizioni iniziali;
l’amministrazione insediatasi nel 2014 ha dunque avviato le procedure per lo sfratto per finita locazione, al fine di entrare nella disponibilità del locale, con l’obiettivo di porre fine a una locazione che non apportava benefici economici all’ente comunale e, dunque, alla cittadinanza;
alla luce della mancata liberazione della struttura, il Comune ha avviato un’azione giudiziaria presso il Tribunale di Salerno. Nonostante l’iniziativa, risulta agli interroganti che, a distanza di oltre 7 anni, il giudice non abbia ancora definito il contezioso. In particolare, l’amministrazione denunzia che l’eccessiva durata del giudizio dipende da reiterati e non meglio giustificati rinvii di udienza disposti dal giudicante;
atteso che la “legge Pinto” disciplina il diritto all’equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo, l’amministrazione teme di non essere ristorata, per intero, del pregiudizio economico subito, anche alla luce della nomina di due consulenti tecnici da parte dell’autorità giudiziaria (con spese poste anche a carico dell’ente comunale). Pertanto, come lamenta l’amministrazione, il Comune, oltre a rinunciare alla disponibilità dell’immobile, deve anche farsi carico delle spese del procedimento, rinunciando agli introiti che sarebbero derivati dalla disponibilità dell’immobile;
visto che:
l’articolo 1 della legge n. 148 del 2011 ha delegato l’Esecutivo a riorganizzare la geografia giudiziaria, così da ridurre gli uffici giudiziari sul territorio, fatti salvi i tribunali ordinari esistenti nei capoluoghi di provincia. La ridefinizione dell’assetto territoriale degli uffici, finalizzata principalmente ad una razionalizzazione della spesa, ha comportato la soppressione di 220 sezioni distaccate del tribunale e la riduzione o l’accorpamento di oltre 30 tribunali, 38 procure e la soppressione di 674 uffici dei giudici di pace;
tuttavia la revisione della geografia giudiziaria non ha generato consistenti risparmi di costi, allontanando la giustizia statale dai territori più periferici, tesi confermata dal Ministro in indirizzo in occasione dello svolgimento di un’interrogazione con risposta immediata della Camera dei deputati in data 12 aprile 2023, nel corso del quale ha espresso preoccupazione relativamente alla riduzione della giustizia di prossimità,
si chiede di sapere:
quali siano le riforme che il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di ridurre i tempi della giustizia, dando seguito alle prescrizioni del piano nazionale di ripresa e resilienza;
se condivida l’opportunità di adottare misure più stringenti anche per risolvere problematiche analoghe a quelle descritte, così da accelerare la durata del giudizio ed evitare pregiudizi economici;
quali siano le modalità attraverso cui si intenda dare seguito all’intenzione di riformare la geografia giudiziaria, così da velocizzare i tempi della giustizia, soprattutto nelle aree più periferiche del Paese.