Atto n. 3-02937

Pubblicato il 16 novembre 2021, nella seduta n. 379
Trasformato

CORRADO , ANGRISANI , GRANATO , LANNUTTI - Al Ministro della cultura. -

Premesso che:

risulta agli interroganti che nel 2017 la sezione del Tigullio dell'associazione "Italia Nostra" abbia segnalato il lebbrosario di Bana-S. Lazzaro, alla periferia di Rapallo (Genova), lungo Via Romana, per l'inserimento nella cosiddetta Lista Rossa, in quanto l'immobile comprensivo di cappella e dedicato a san Lazzaro di Betania, trasformato poi in casa rurale e oggi di proprietà privata, risulta diruto e collabente, quindi ad imminente rischio di distruzione (si veda "Lazzaretto di Bana a Bana/S. Lazzaro (Rapallo): segnalazione per la Lista Rossa" su "italianostra"); l'associazione si era già rivolta alla Soprintendenza territorialmente competente nel 2014, chiedendo, senza esito, la messa in sicurezza (si veda "Lazzaretto di Bana: Italia Nostra chiede l'intervento della Soprintendenza" su "TeleRadioPace TV");

situato in una radura e lambito dal torrente S. Maria, il cosiddetto ex Lazzaretto di Bana, ben documentato dalle fonti bibliografiche e d'archivio, assoggettato a vincolo architettonico nel 1938 con provvedimento 07/00108602 aggiornato il 15 novembre 2006 ("Vincoli Architettonici, Archeologici e Paesaggistici" su "liguriavincoli"), sorge lungo l'antica via di Bana: una strada medievale, acciottolata, verosimilmente anteriore alla sua costruzione, che si fa risalire alla metà del Quattrocento e all'iniziativa del facoltoso rapallese Giacomo d'Aste. Affidato ai rettori dell'Ospedale Pammatone di Genova, già sul finire del XVI secolo il complesso appariva in cattive condizioni di conservazione;

una cronologia pressoché analoga a quella del lebbrosario si ipotizza per l'affresco superstite sulla parete esterna del lato corto est dell'edificio rurale superstite, che ha perduto il tetto nel 2007 e il cui solaio del primo piano ha ceduto a sua volta. La pittura a fresco, ammalorata anch'essa, raffigura la Madonna con il Bambino fra due coppie di Santi taumaturghi; si riconoscono Lazzaro e Giacomo a sinistra della Vergine, mentre a destra si disponevano Biagio e un quarto soggetto, ignoto perché interamente perduto;

considerato che la Soprintendenza territorialmente competente e gli enti locali non hanno ritenuto di acquistare l'ex lebbrosario nelle occasioni in cui la proprietà è stata messa in vendita. Non ha avuto miglior fortuna la colletta promossa nel 2015 dal presidente della Proloco "Terraemare" con l'obiettivo di farne la propria sede, nonché una fattoria didattica. "Italia Nostra", invece, ha espressamente affermato la necessità di preservare il bene culturale dal prevedibile collasso, prima di progettare per esso una destinazione compatibile con la sua natura e dignità;

valutato che:

l'art. 50, comma 1 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), proibisce espressamente il distacco non autorizzato dalla Soprintendenza "di affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici, esposti o non alla pubblica vista". L'inibizione si riferisce ad edifici pubblici e privati, vincolati o meno. L'articolo citato tuttavia non vieta espressamente alcuna operazione incompatibile con la conservazione dei manufatti elencati che non sia il distacco, a cominciare da qualsivoglia restauro maldestro;

nel caso di immobili non assoggettati a tutela, il vuoto normativo è tale da consentire persino di abbandonare di fatto gli affreschi, stemmi alla distruzione causata dal crollo della parete retrostante, senza imputarne la responsabilità ad alcuno; nel caso di manufatti vincolati, invece, lo stesso Ministero della Cultura è tenuto, ex art. 32, a sostituirsi alla proprietà se questa non garantisce la messa in sicurezza e la conservazione del bene, salvo rivalersi a posteriori,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia al corrente di quanto descritto e se non ritenga di dover sollecitare la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia ad attivarsi per quella messa in sicurezza dell'"ex Lazzaretto di Bana" che il Codice le impone e "Italia Nostra" aveva sollecitato all'ufficio di tutela del Ministero fin dal 2014, proprio in considerazione del fatto che trattasi di un immobile vincolato: un tassello di memoria collettiva per il suo pregio intrinseco (architettonico e artistico), ma anche relazionale, in quanto testimonianza della storia religiosa, sanitaria e rurale del territorio.